Il Piano strutturale di bilancio esaminato in forma di bozza dal consiglio dei ministri di martedì arriverà a Bruxelles solo a metà del mese prossimo. L’Italia infatti “fa parte del gruppo” di Paesi che hanno chiesto una proroga dal 20 settembre al 15 ottobre per presentare alla Commissione europea il piano pluriennale di bilancio richiesto dal nuovo Patto di stabilità, ha fatto sapere un alto funzionario Ue. Roma non è sola: solo Malta e Danimarca presenteranno i piani entro la deadline. Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Cipro, Lettonia, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia rinvieranno tutti al 15 ottobre. Mentre per altri nove Stati non ci sono ancora date definitive. Il 15 ottobre è però anche la data entro cui vanno trasmessi alla Commissione i Documenti programmatici di bilancio, cornice della manovra.

Per l’Italia l’attesa è legata alla necessità di attendere la pubblicazione da parte dell’Istat dei conti annuali aggiornati, il prossimo 23 settembre. A quel punto il governo incontrerà le parti sociali, il 25, ed è possibile negli stessi giorni anche un nuovo passaggio in cdm, prima della trasmissione del documento alle Camere. La stretta sulla spesa decisa dal governo per i prossimi sette anni – superiore a quella chiesta dalle istituzioni europee, ha rivendicato il Mef – complica poi la ricerca delle coperture per la legge di Bilancio: il prossimo anno le uscite al netto di interessi passivi sul debito e componenti cicliche potranno aumentare al massimo dell’1,5%, circa 15 miliardi. La strada dell’extradeficit è sbarrata dal Patto. All’appello, per rifinanziare le misure in scadenza a fine 2024, mancano circa 10 miliardi.

Nel frattempo i sindacati sono pronti alla mobilitazione. La Cgil tornerà in piazza ad ottobre se non ci saranno risposte sul recupero del potere d’acquisto dei salari, sul rinnovo dei contratti pubblici, sul fisco e sulla sanità. Il segretario generale Maurizio Landini ha chiesto di defiscalizzare gli aumenti salariali dei contratti nazionali e ha avvertito che il sindacato “non starà a guardare”. “Il governo – ha detto Landini – di fronte a una inflazione in un triennio del 17% ha proposto per i contratti pubblici il 5,7%. Firmare quei contratti vuole dire programmare una riduzione del potere d’acquisto”.

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