Radio e walkie-talkie saltati in aria, auto e scooter in fiamme, perfino la detonazione di sistemi collegati ai pannelli solari e di macchine per le impronte digitali. Una nuova ondata di esplosioni ha scosso il Libano colpendo apparecchiature wireless, a distanza di 24 ore dal devastanteattacco che ha distrutto i cercapersone dei miliziani di Hezbollah facendo 12 morti e oltre 4mila feriti, con 500 vittime che hanno perso la vista. Il Paese dei cedri è quindi sotto scacco con raid impartiti a distanza sui dispositivi elettrici. Nello stesso momento, similmente a quanto avvenuto martedì con i pager in uso a Damasco, esplosioni sono state registrate anche al quartier generale delle milizie sciite di al-Hashd al-Shaabi a Mosul, in Iraq. Stando ai primi report dalla capitale libanese, i morti del nuovo round di attacchi sarebbero almeno 14 e si contano 450 feriti.

Cosa sta succedendo e le vittime
La seconda operazione su larga scala contro l’organizzazione sciita ha riguardato le radio e i walkie talkie, acquistati 5 mesi fa insieme ai cercapersone, e sarebbe scattata durante i funerali di alcuni miliziani deceduti martedì. Secondo fonti, i walkie talkie Icom-V82 facevano parte del sistema di comunicazioni di emergenza da utilizzare in caso di guerra con Israele. Le esplosioni dei walkie talkie sarebbero state causate da “batterie trappola”, importate da Hezbollah due settimane fa, che sarebbero state dotate di esplosivo, riferiscono fonti al media saudita Al-Hadath. Una tecnica quindi assimilabile a quanto avvenuto martedì con i cercapersone, anche loro “dotati di trappole esplosive e pre-programmate per esplodere”, come avrebbe accertato un’indagine preliminare libanese. E media locali riferiscono anche di esplosioni di pannelli solari, essenziali per la tenuta del sistema energetico del Paese, e di macchine per le impronte digitali nella città di Sidone e in altre località meridionali.

Hezbollah: “Reazione unica e sanguinosa”
Il primo ministro libanese Najib Mikati ha affermato: “La brutalità di questo crimine non può essere espressa. Siamo in guerra, considerando ciò che vive il nostro popolo nel sud del Libano da 11 mesi”, riporta Ynet. Mentre il capo del Consiglio esecutivo di Hezbollah Hashem Safieddine ha minacciato pubblicamente la vendetta: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto, citato dal Times of Israel. Safieddine è cugino e stretto collaboratore del leader Hasan Nasrallah: “Il nemico dovrebbe sapere che non siamo sconfitti, che non ci piegheremo, che non ci ritireremo e che non saremo influenzati da ciò che sta facendo”, ha detto. Accuse ad Israele anche da parte di Hamas che afferma che Tel Aviv “minaccia” la stabilità della regione.

Netanyahu: “Riporteremo abitanti del nord a casa”
L’attenzione di Israele – che finora non ha rivendicato né disconosciuto esplicitamente le operazioni a Beirut – si sta spostando da Gaza verso il fronte settentrionale ed il confine con il Libano dal momento che sta iniziando una “nuova fase” della guerra, ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, rivolgendosi al personale dell’aeronautica militare israeliana presso la base aerea Ramat David, situata non lontano da Haifa. “Il centro di gravità si sta spostando verso nord. Stiamo dirottando forze, risorse ed energie verso nord”, ha affermato il ministro. “Dobbiamo adattarci”, ha aggiunto Gallant, ribadendo che gli obiettivi di Israele nel nord sono “chiari e semplici: riportare gli abitanti nelle loro case in sicurezza”. Un concetto ribaito anche Benjamin Netanyahu con un breve video su X: “Ho sempre detto che avremmo fatto tornare gli abitanti del nord nelle loro case. E così faremo”.

Usa: “Noi non c’entriamo. No a escalation”

In serata gli Stati Uniti hanno affermato di non essere coinvolti “negli incidenti di ieri e di oggi”. Lo ha detto il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, John Kirby, in risposta a chi gli chiedeva se gli Usa fossero stati informati in anticipo di quanto sarebbe accaduto. “Non vogliamo escalation di nessun tipo in Medio Oriente”, ha aggiunto Kirby spiegando che “Non crediamo che il modo per risolvere la crisi sia un’escalation, ma la diplomazia”.

Rabbia della folla: attaccata auto Unifil
Contemporaneamente all’attacco, ha spiegato il ministero dell’Informazione libanese, ci sono stati due raid aerei israeliani a Blida e Kfar Kila, a ridosso della linea di demarcazione tra i due stati. Caos e rabbia della folla per le strade si è scatenata dopo l’esplosione di dispositivi wireless: i cittadini hanno attaccato un’auto dell’Unifil a Tiro, vicino a Beirut. Intanto è arrivata la condanna dell’Onu per il raid di martedì: “Quanto è accaduto è molto serio non solo per il numero delle vittime, ma perché è l’indicazione del grave rischio di una drammatica escalation in Libano, e bisogna fare tutto il possibile per evitarla”, ha detto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

Onu: “I responsabili ne risponderanno”
Mentre l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk ha assicurato che i responsabili dell’attacco con cercapersone contro i membri del movimento filo-iraniano “dovranno risponderne”. L’aver preso di mira simultaneamente migliaia di persone, ha sottolineato, “siano esse civili o membri di gruppi armati senza sapere chi fosse in possesso dei dispositivi mirati, dove si trovassero e in quale ambiente si trovassero al momento dell’attacco, costituisce una violazione del diritto internazionale dei diritti umani e, nella misura in cui è applicabile, del diritto internazionale umanitario”. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu terrà una riunione di emergenza venerdì alle 21.

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