Chi ha ragione tra Conte e Grillo? Entrambi, questo è l’inghippo. Il vero problema è che cosa vuole essere il M5s e che cosa è oggi rispetto alla sua storia passata“. Sono le parole pronunciate a Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24) dal politologo Piero Ignazi, professore ordinario di Politica Comparata, che ieri sul Fatto Quotidiano ha espresso la sua opinione dello scontro tra il fondatore del M5s Beppe Grillo e il suo attuale presidente, Giuseppe Conte.

“Lo statuto del M5s – spiega Ignazi – dava a Grillo, in quanto fondatore, tutta una serie di poteri eccezionali, che si pensava che non fossero da esercitare e che erano sostanzialmente un riconoscimento del suo ruolo per aver messo in piedi questa avventura peculiare e di grande successo per un certo periodo. D’altra parte, il M5s è poi andato per un’altra strada inevitabilmente molto differente da quella iniziale prefigurata da Grillo. E non poteva essere diversamente“.

Il docente si sofferma sulla figura di Giuseppe Conte: “Le due svolte fondamentali che hanno definto la sua carriera politica e anche il M5s sono state due: quando al Senato, nell’agosto del 2019, ridicolizzò Salvini, licenziandolo in maniera drastica per la vicenda Open Arms. Questo fece acquisire a Conte uno status completamente diverso rispetto all’immagine che evocava prima, cioè quella di un personaggio incolore, sostanzialmente di secondo piano. La seconda svolta – continua – si ebbe con la gestione della pandemia, che è un riconoscimento che va dato a Conte per aver gestito in modo eccellente quel momento tragico e che infatti gli ha dato una popolarità a livelli quasi mai registrati da un presidente del Consiglio dopo i primi 100 giorni del suo mandato“.

E aggiunge: “Prevedo un futuro molto gramo dei vecchi 5 Stelle. Il M5s nasce su stimoli e offerte politiche ben precise: l’antipolitica, una visione di tipo ecologico-libertaria, la rete come grande elemento di democrazia e nuovo spazio della vita politica e sociale. Queste tre cose sono deperite nel corso del tempo. In un certo momento i è aggiunto un elemento molto più sociale, quale è stato il reddito di cittadinanza e altre proposte con questa linea. Ma – osserva – a questo punto il M5s non si sa più che cos’è, perché tra i primi tre elementi sopravvive a fatica qualche vago riferimento all’ambiente, ma il resto non c’è più: il vecchio M5s non ha più un argomento, non ha più un tema, non ha più una sua visibilità, non ha più un profilo”.

Il politologo respinge il marchio di populismo affibbiato al Movimento: “I movimenti che nascono dal basso non sono necessariamente populisti. Il vero problema del M5s era la scarsa cultura politica della stragrande maggioranza dei suoi membri, il che generava una grande confusione. Lo stesso Grillo non aveva le idee chiare e infatti, una volta perso Casaleggio, padre e ispiratore del Movimento, si è trovato solo in mezzo al deserto senza sapere cosa fare. Questo è stato il dramma. Aveva un gruppo di giovani smaliziati, di cui alcuni barricaderi, che però non hanno dato frutti”.

E conclude: “Penso che allo stato attuale pochissimi aderiscano al M5s delle origini. Alcuni sono in grande difficoltà perché non sono fan né di Grillo, né di Conte. Penso a Roberto Fico e a Chiara Appendino, che per me sono i due personaggi politici più rilevanti e credibili del Movimento. E gli unici dotati di una certa qualità politica all’interno di quel mondo”.

Articolo Precedente

Azione, Calenda: “Gelmini e Carfagna via? Buona strada, hanno tradito il mandato degli elettori”

next