Risultati disastrosi? “Colpa dell’approccio ideologico”. Stop ai motori endotermici? “Frutto di un approccio autodistruttivo”. Transizione green? “Neutralità tecnologica, avanti anche col nucleare”. Le parole della premier Giorgia Meloni all’assemblea 2024 di Confindustria a Roma sono l’ennesima dimostrazione di come, non solo a livello europeo, il Green Deal che doveva essere al centro del primo mandato di Ursula von der Leyen è ormai un lontano ricordo. Superato, messo in cantina, bocciato. Lo ha detto la campagna elettorale delle scorse europee, lo ha dimostrato la scelta dei commissari, lo si capisce dalle dichiarazioni pubbliche dei vari leader nazionali, da cui emerge che certe politiche ambientali sono quasi un rischio scampato.

Leggere per credere: “Sono d’accordo con Orsini sui risultati disastrosi frutto di un approccio ideologico del green deal europeo” ha detto la presidente del Consiglio, secondo cui “decarbonizzazione al prezzo di deindustrializzazione è una debacle, è così”. Successivamente Meloni, confermando “l’impegno per correggere queste scelte”, ha aggiunto una domanda retorica: “Lo vogliamo dire che è non intelligentissima come strategia? E lo diciamo perché siamo amici dell’Europa e vogliamo difendere la capacità industriale europea. Le persone amiche dell’Europa devono avere il coraggio di dire le cose che non funzionano”.

Per avvalorare la propria tesi, la premier ha sposato la tesi di Mario Draghi: “Come lui correttamente ha sottolineato nel suo rapporto sulla competitività europea – ha spiegato – gli ambiziosi obiettivi ambientali dell’Europa devono essere accompagnati da investimenti e risorse adeguati, da un piano coerente per raggiungerli, altrimenti è inevitabile che la transizione energetica e ambientale vada a scapito della competitività e della crescita – ha detto ancora – Varie volte in Consiglio europeo ho fatto notare che non ha molto senso dotarsi di strategie e poi non creare strumenti per realizzarle: senza strumenti le cose alla fine non si riescono a fare”. Poi sotto con gli esempi: “Accompagnare il tessuto produttivo nella sfida della transizione ecologica non può voler dire smantellare interi settori – ha attaccato – L’addio al motore endotermico al 2035 è uno degli esempi più evidenti di questo approccio autodistruttivo“. E ancora: “Si è scelta la conversione forzata a una tecnologia, l’elettrico, di cui però – ha sottolineato – non deteniamo le materie prime, non controlliamo le catene del valore, con una domanda relativamente bassa, con un prezzo proibitivo per i più e una capacità produttiva europea insufficiente. Banalmente – ha chiosato – nel deserto non c’è niente di verde, non possiamo rincorrendo il verdelasciare un deserto”.

Come se ne esce? La ricetta di Meloni è nota ed è la stessa dei ministri del suo governo: “La transizione green deve essere fondata sul principio di neutralità tecnologica – ha spiegato – Abbiamo bisogno di tutte le tecnologie per trasformare l’economia da lineare a circolare. E tutte le tecnologie utili alla transizione – ha aggiunto – devono essere prese in considerazione, quelle in uso, quelle che sperimentiamo e quelle che dobbiamo ancora scoprire”. L’elenco è servito: “Le rinnovabili ma anche gas, biocarburanti, idrogeno, la cattura di anidride carbonica, senza dimenticare il nucleare e – come già detto da mezzo governo – la grande prospettiva di produrre, in un futuro non così lontano, energia pulita e illimitata dal nucleare da fusione. Siamo la patria di Enrico Fermi – è la suggestione – se non lo facciamo noi chi lo deve fare… Non siamo secondi a nessuno“.

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