Il governo olandese aveva annunciato l’intenzione di far valere al più presto una clausola di non partecipazione (opt-out) alle nuove norme europee su immigrazione e asilo. E infatti a Bruxelles è arrivata la lettera con cui i Paesi Bassi chiedono l’esenzione dalla politica comune approvata a maggio dopo un iter pieno di ostacoli durato quattro anni. “Ho appena informato la Commissione europea che desidero l’opt-out in materia di migrazione per i Paesi Bassi. Dobbiamo nuovamente occuparci della nostra politica di asilo”, ha scritto su X la ministra per l’Asilo, Marjolein Faber. Un’iniziativa con la quale, secondo il leader dell’ultradestra olandese, Geert Wilders (nella foto) la ministra, che fa parte del suo partito, “sta scrivendo la storia”. Di sicuro c’è che mai uno stato fondatore dell’Ue aveva avanzato una richiesta simile. Ma nella lettera pare che Faber abbia scritto anche dell’altro. “Accogliamo con favore che la ministra abbia affermato che fino a quando non ci sarà una riforma dei Trattati Ue l’Olanda continuerà ad attuare il Patto Ue sulla migrazione”, ha infatti sottolineato una portavoce della Commissione Ue confermando la ricezione della lettera dei Paesi Bassi. Aggiungendo che “non ci aspettiamo alcun cambiamento immediato delle regole”.

La lettera – La ministra olandese per l’Asilo ha informato la commissaria Ue per gli Interni e la Migrazione, Ylva Johansson, della volontà del governo dell’Aja di ridurre “drasticamente” l’immigrazione verso i Paesi Bassi “per continuare ad adempiere ai doveri costituzionali” nazionali: “fornire alloggi pubblici, assistenza sanitaria e istruzione”. L’opt-out sarebbe dunque uno dei modi con cui l’esecutivo guidato dal premier Dick Schoof punta a realizzare “la politica d’asilo più severa di sempre“. Ma per ottenere l’esenzione, è appunto necessaria una modifica dei Trattati europei, soggetta all’approvazione unanime dei Ventisette. In passato, alcuni Paesi sono riusciti a strappare l’opt-out quando l’Ue era impegnata a negoziare nuove regole in settori specifici come la difesa, ma la politica migratoria è già in gran parte gestita a livello europeo. L’Olanda, aveva detto nei giorni scorsi un portavoce Ue, “ha già approvato” il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo “e nell’Ue, in generale, non si chiede di derogare da una legge adottata”. Attualmente, sono soltanto tre gli Stati membri che beneficiano di almeno un opt-out. La Danimarca ha detto ‘no, grazie’ all’euro e si è sfilata anche dalle missioni di difesa e dalla cooperazione su sicurezza e giustizia. L’Irlanda si avvale dell’esenzione dagli accordi di Schengen sulla libera circolazione e in materia penale e giudiziaria. La Polonia ha invece un opt-out dall’applicazione vincolante della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Prima della Brexit, era il Regno Unito a vantare il record di opt-out, tra cui quelli relativi all’euro, all’area Schengen e alla giustizia e affari interni.

Le regole che l’Olanda non vuole – Una delle novità introdotte dal Patto su migranti e asilo approvato a maggio, ma operativo solo dalla metà del 2026, è il cosiddetto sistema di “solidarietà obbligatoria” che darà ai Paesi Ue tre opzioni per gestire l’accoglienza dei richiedenti asilo: accoglierne una parte, versare 20mila euro per ogni richiedente non accolto o finanziare il sostegno agli Stati membri che li accolgono. I Paesi Bassi opteranno per quest’ultima soluzione, come scritto nel programma del nuovo governo, dove però si è anche precisato di voler ottenere la clausola di opt-out. Opzione che, come dimostrato dalla stessa lettera inviata alla Commissione, non è dietro l’angolo. Anzi, attualmente non è proprio nelle cose e ad ammetterlo è lo stesso governo olandese che, fino a una ipotetica riforma dei trattati, si impegna ad attuare il Patto Ue su migranti e asilo. Nonostante a maggio i Paesi Bassi abbiano votato a favore di tutte le norme del Patto, il programma del nuovo governo olandese presentato venerdì scorso già lo dipinge come una medicina troppo amara, possibilmente da evitare. Il programma governativo è quello concordato dai quattro partiti della coalizione di governo guidato da Schoof: l’estrema destra nazionalista del PVV, quella liberale e conservatore del VVD, quella populista del BBB, oltre all’emergente NSC, partito di centro-destra. La proposta di opt-out fa parte del capitolo dedicato alle migrazioni, quello che mira appunto a realizzare il “regime di asilo più rigoroso di sempre”, promessa forte del nuovo esecutivo. L’anno scorso circa 48 mila persone richiedenti asilo e loro familiari sono arrivate nei Paesi Bassi, per lo più da Paesi come Siria, Turchia, Yemen, Somalia ed Eritrea. Il programma intende attuare una stretta nell’esame delle domande d’asilo e limitare i ricongiungimenti familiari. Inoltre, i Paesi Bassi intendono collaborare con “Paesi affini e circostanti” per gestire un improvviso aumento di migranti irregolari e creare una “mini-area Schengen” per rafforzare la sorveglianza. Parole che, al netto del dialogo con la Commissione, suona diversamente dopo la decisione della Germania di ripristinare i controlli alle frontiere su tutti i suoi nove confini terrestri, sospendendo di fatto l’Area Schengen, come già accaduto su altri confini interni dell’Unione europea.

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