E sotto un cielo plumbeo, in una mattinata insolitamente fredda per questa fine d'estate milanese, il gran finale della sfilata di Marco Rambaldi sulle note de "La canzone dei vecchi amanti" di Battiato emana il calore di un abbraccio
E’ stato Fiorucci ad aprire le danze della Milano Fashion Week. Dopo anni di silenzio, il marchio iconico fondato da Elio Fiorucci nel 1967 è tornato a sfilare in passerelle sotto la direzione creativa di Francesca Murri con una collezione che danza tra sogno e realtà, tra leggerezza e concretezza. “Gucci, Pucci & Fiorucci”, dicevano un tempo gli americani citando la triade che negli anni ’80 e ’90 dettava le tendenze in fatto di stile: oggi molte cose sono cambiate ma possiamo dirvi che Fiorucci ha tutte le carte in tavola per tornare ad essere il marchio desiderato e desiderabile che richiamava le folle in piazza San Babila. Lo si è capito dell’abito che ha aperto il defilé, un candido vestito sottoveste con un inserto in pizzo raffigurante gli angioletti di Italo Lupi, simbolo intramontabile del brand. Un’immagine poetica che è il manifesto di Murri: onorare l’eredità visionaria di Elio, fondendo repertorio e nuove tendenze, senza forzature né retorica. C’è invece l’ironia, elemento chiave del Dna di Fiorucci, e un grande studio degli archivi: ecco allora abiti di seta che simulano la plastica, borse come sacchetti del brand, bluse di pizzi e corredi abbinate a bermuda in denim, piumoni candidi indossati come capospalla e gonne a frange che sembrano fatte di capelli. Un gioco di contrasti e sovrapposizioni che ha catturato l’attenzione e suscitato sorrisi. La collezione, intitolata “TI:ME SS:25”, è un’ode al risveglio, un’esplorazione del confine tra realtà e sogno, e attinge infatti dai codici del sonno: indumenti intimi, cappotti vestaglia, camicie da notte rivisitate e passamaneria si mescolano al jeans, proposto in pezzi basic ma confortevoli. Nei look c’è delicatezza e giocosità, sperimentazione e misura. E a guardarli ci prende una botta di nostalgia.
“Dobbiamo essere positivi e smettere di piangerci addosso”, afferma con decisione Alessandro Varisco, Ceo di Twinset, riportandoci alla realtà. Lo incontriamo nel backstage della sfilata del brand: “Questa Fashion Week deve sancire il ritorno della moda di moda“, incalza. E come non essere d’accordo. Il suo ottimismo si riflette nella nuova collezione Primavera-Estate 2025, un’ode alla femminilità contemporanea, declinata in uno stile di vita che unisce eleganza e praticità, senza rinunciare all’accessibilità. “Il nostro obiettivo è fornire un servizio pari al lusso ma con un prezzo accessibile – spiega Varisco -. Non parlo di lusso accessibile ma di un’alternativa al lusso per chi vive del suo stipendio. Oggi bisogna capire il momento: tanti hanno alzato i prezzi, ma rimane uno spazio che non è solo mass market”. In passerella sfila anche Laetitia Casta, ed è un tripudio di femminilità con leggerezza, attraverso capi che nascono da esperienza, competenza e savoir-faire. Il pizzo, elemento iconico del marchio, è protagonista indiscusso, declinato in abitini, shorts, mantelline e petite robe noir che dialogano con minigonne e micro-top. La maglieria, lavorata con maestria a Como, dà vita ad abiti che delineano la silhouette, mentre le stampe disegnate a mano evocano atmosfere vacanziere. Cinture gioiello ricamate con perline, abiti lunghi in viscosa dai colori vibranti, maglieria con punti a rete e ricami effetto craquelé: ogni dettaglio è pensato per esaltare la femminilità e la bellezza naturale di chi li indossa, ma anche per vestire la quotidianità delle donne. L’estetica non è aggressiva, ma esprime una bellezza naturale e possibile, raccontando un sogno realizzabile e creando empatia.
Atmosfere oniriche e un tripudio di femminilità anche da Luisa Beccaria: immaginate una mattina d’estate al bar, un pomeriggio splendente in riva al mare, un appuntamento romantico o una serata di chiacchiere tra amici. La nuova collezione P/E 2025 presentata nel suo LùBar di via Palestro cattura l’essenza di questi momenti, in un tripudio di sete, organze e decori floreali. Fiocchi romantici, sandali con nodo torchon, borse secchiello e cappelli in paglia definiscono i look, abiti sottoveste e corpetti strutturati si alternano, creando un gioco di contrasti e volumi. I toni del rosa si fondono con i colori freschi del mare, creando un’armonia di sfumature che evocano l’estate.
Tutt’altre atmosfere invece da Boss, dove il tennista italiano Matteo Berrettini, il portiere Loris Karius e il campione olimpico di nuoto Nicolò Martinenghi hanno calcato la passerella con la stessa disinvoltura con cui dominano i loro rispettivi campi di gara. E ad applaudirli in prima fila c’era un altro (ex) sportivo d’eccezione: David Beckham. Cornice della sfilata il cortile di Palazzo Senato, trasformato per l’occasione in un’oasi botanica, tra erbe, fiori e una leggera nebbiolina: la natura è protagonista, anche nella palette cromatica della collezione. Dai verdi ai marroni passando per i blu notte, i colori sono soft e polverosi, declinati in trench, morbidi completi sartoriali e abiti portafoglio. “Abbiamo voluto portare Boss fuori dall’ufficio – ha spiegato Marco Falcioni, direttore creativo del brand -. I capi sono ben costruiti e morbidi, mai abbinati come uno suit, ma come piacere del tailoring, unito a pezzi sportivi. È una donna che è confident e powerful già per se stessa. È il corpo che comanda la silhouette dell’abito e non viceversa”.
Dallo sport alla musica, ecco poi Big Mama e Ariete sfilare per Marco Rambaldi. Il giovane stilista bolognese ha scelto Piazza Tomasi di Lampedusa, tra le rovine della Milano romana, per far sfilare la sua nuova collezione estiva: la definisce “il luogo di unione, di convivialità, di scambio, di ritrovo e di scontro per la difesa dei diritti”. Un luogo che appartiene a tutti, anche ai “vagabondi”, e che diventa simbolo della lotta per l’inclusione, tema caro a Rambaldi. Le sue creazioni sono un inno alla memoria, all’inclusività e alla bellezza delle cose semplici: “Tante care cose” è il nome della collezione, che evoca i ricordi d’infanzia, le giornate in provincia, i sapori, i profumi e le musiche che hanno segnato la nostra vita. Ci sono i centrini “delle nonne” che, cuciti insieme, diventano abiti, top e gonne; la pelle, il denim, le stampe e le trasparenze. Traspaiono qua e là suggestioni e ispirazioni che ricordano il lavoro di Margiela, ma lo stilista si muove con coerenza tra i codici stilistici che hanno consacrato il suo successo portandolo fin qui. Ottima l’attenzione agli accessori, dalle calze all’uncinetto agli stivali e le decolleté in pelle con un cuore come firma. Rambaldi ci invita a rallentare, a riscoprire il valore delle piccole cose in un mondo sempre più frenetico. E sotto un cielo plumbeo, in una mattinata insolitamente fredda per questa fine d’estate milanese, il gran finale sulle note de “La canzone dei vecchi amanti” di Battiato emana il calore di un abbraccio.