Calcio

Gli algoritmi dei Friedkin, il comando di Lina Souloukou: così la Roma è diventata una barzelletta ed è pronta a divorare anche Juric

Un americano (Dan Friedkin), una greca (Lina Souloukou), un francese (Florent Ghisolfi). Sembra una barzelletta e lo è: la Roma sta facendo ridere mezz’Italia. Con un’unica eccezione: il suo popolo, confuso, arrabbiato, sgomento. Nel giro di otto mesi, l’attuale dirigenza ha prima allontanato il santone Mourinho, l’uomo dei sold out, della Conference e dell’Europa League scippata dagli errori dell’arbitro Taylor – il fischietto inglese è stato appena declassato a quarto uomo dopo i sedici cartellini sventolati in Bournemouth-Chelsea -, poi Daniele De Rossi, la bandiera, sventolata per rendere digeribile l’esonero del portoghese e ammainata dopo 256 giorni, bruciata dai tre punti conquistati in quattro gare. Ora tocca al croato Ivan Juric, ex Torino, arruolato con un contratto fino al 2025 e riconferma legata alla qualificazione in Champions.

Una scelta in tono minore, dopo che si era favoleggiato di Allegri – mai contattato a quanto pare -, Pioli – in viaggio verso l’Arabia -, Tuchel, Terzic e persino Klopp. Il contratto triennale firmato da De Rossi da 2,5 milioni di euro all’anno e il denaro speso nell’ultimo mercato hanno pesato sicuramente nella scelta, ma Juric non ha colpe: era libero, lo hanno cercato e ha accettato. Si giocherà le sue carte, scontato, come ha sempre fatto. Dopo il guru e dopo la bandiera, tocca al domatore di leoni. Juric è uno tosto. Non s’inchina di fronte a nessuno. L’episodio ripreso da un video della lite con il direttore sportivo granata Vagnati è illuminante.

Nel caso della Roma, parlare di allenatori appare però un falso problema. La vera questione è la struttura societaria. Dopo i Friedkin, comanda Lina. L’Olympiakos, che non è il Real Madrid, spicca nel suo curriculum. Poi la scalata alle poltrone del calcio europeo, infine la Roma. Souloukou, nata a Larissa nel 1983, studi in legge, specializzazione nel diritto sportivo, master in management dello sport, appassionata di pallavolo, è, dal 2023, il CEO del club: autoritaria, preparata e con la memoria lunga. Voleva Modesto per la carica del direttore sportivo, ma dopo cinque mesi di casting – fa ridere, ma è così -, è stato preso Ghisolfi. Voleva Palladino, anche lui proveniente dal Monza come Modesto, ma è stato confermato De Rossi. Alla prima burrasca, in un colpo solo, ha spinto per l’esonero di DDR e ha depotenziato Ghisolfi.

Nell’etere bollente della radio romane, la “greca” occupa il primo posto nella hit degli insulti. Lei su tutti, poi i Friedkin, che pure hanno speso non poco, ma continuano a combinare pasticci. Non basta saper pilotare gli aerei per portare Lukaku a Roma: bisogna anche avere l’umiltà di capire che il calcio è un universo strano e al netto della gestione corretta del bilancio, richiede una cultura umanistica, non solo scientifica. Fautori degli algoritmi e ora dell’intelligenza artificiale, gli americani nel calcio, non solo a Roma, stanno combinando disastri un po’ ovunque: Chelsea e Milan, per dire (auguri a Fonseca). C’è una cosa che nessuna intelligenza artificiale e nessun algoritmo potrà mai calcolare e riprodurre: la componente emotiva. L’occhio umano, le sensazioni, le impressioni, le intuizioni: nessun computer, almeno finora, potrà mai arrivare a tutto questo.

Il domatore di leoni dovrà mettere mano a una squadra dove c’è uno zoccolo duro di calciatori italiani e una colonna di giocatori argentini. Juric proverà ad azzerare tutto, in nome della chance che si sta giocando. Capisce di calcio, non è uno sprovveduto. E’ cresciuto all’ombra di Gasperini e l’uomo, pur nella sua ruvidezza, appare integro. Roma è pronta a divorarlo, come ha sempre fatto nella sua storia millenaria. A Roma è eterna solo la città, con le sue rovine simbolo del passato e il degrado totale, immagine vergognosa del presente. Juric allora, fino al prossimo giro di giostra. La nave va, diceva Fellini, ma prima o poi affonderà.