Calcio

Totò Schillaci morto, è calato il buio sulle notti magiche di un’Italia davvero spensierata

È calato il buio sulle notti magiche e sull’ultima estate spensierata italiana. Era il 1990 e ci mettevamo alle spalle il decennio dell’edonismo reaganiano e del boom effimero – costruito indebitando il paese e compromettendo le generazioni future – per entrare in quello che avrebbe stravolto la nostra storia: Tangentopoli, l’ascesa di Silvio Berlusconi, la disgregazione dell’Unione Sovietica, il post-comunismo, il trionfo del capitalismo selvaggio. Salvatore “Totò” Schillaci, scomparso all’età di 59 anni per il riacutizzarsi del tumore al colon che lo aveva colpito e costretto a subire due operazioni, è stato l’eroe di una sola estate, anzi di meno di un mese: dal gol in Italia-Austria, firmato il 9 giugno 1990 allo stadio Olimpico di Roma, al rigore che permise agli azzurri, il 7 luglio a Bari, di superare 2-1 l’Inghilterra e di chiudere il mondiale al terzo posto. Un podio amaro per la nazionale, superata ai rigori in semifinale dall’Argentina maradoniana, ma la svolta memorabile della carriera per Totò, capocannoniere del torneo con 6 gol. Quei 29 giorni gli cambiarono la vita, ben oltre il passaggio dal Messina alla Juventus nell’estate 1989 per 6 miliardi di lire e dei 21 gol complessivi realizzati nella sua prima annata in bianconero.

Di quel torneo e di quell’estate sono conservate nell’immaginario collettivo italiano tre momenti: la bellezza dello slalom di Roberto Baggio per la rete del 2-0 sulla Cecoslovacchia, la tristezza di una nazione dopo il ko con l’Argentina e l’espressione spiritata di Schillaci dopo il gol dell’1-0 all’Austria, con una capocciata imperiale sul cross di Vialli. La corsa di Totò per festeggiare è un’icona della nostra storia calcistica: la precede solo il famoso urlo di Marco Tardelli. Quella sera, cominciò una delle più suggestive favole sportive del nostro calcio: un’altra rete di testa alla Cecoslovacchia il 19 giugno, la sassata di destro per abbattere la resistenza dell’Uruguay il 25 giugno, un tiro angolato per superare l’Irlanda il 30, la ribattuta vincente nella semifinale contro l’Argentina il 3 luglio, il rigore perfetto per spiazzare Shilton a Bari, quattro giorni dopo. Il ragazzo cresciuto calcisticamente nell’AMAT Palermo, approdato al Messina nel 1982 ed esploso dopo due operazioni al ginocchio sotto la guida del professor Franco Scoglio, capocannoniere della serie B nel 1988-89 con 23 gol grazie al buon impatto con i teoremi di Zdenek Zeman, nel giro di dodici mesi si era guadagnato un posto al sole nella Juventus. Inevitabilmente, era sbarcato in nazionale. Il suo compito, secondo i piani del ct Azeglio Vicini, era quello di fare la riserva, in un attacco dove pesi massimi come Gianluca Vialli e Andrea Carnevale partivano titolari. L’inserimento nel match d’esordio contro l’Austria, con l’Italia inchiodata sullo 0-0 e la firma sul gol decisivo, fu la prima pagina di un romanzo incredibile.

Un mese leggendario, entrato nel cuore di milioni di persone. Italia ’90 ha ispirato non solo canzoni, ma è entrata di passaggio in alcuni film ed è stata il filo conduttore della serie “Un’estate fa”. Il 1990 fu un rito, di passaggio e d’iniziazione: il Muro di Berlino era caduto il 9 novembre 1989, la Germania avrebbe celebrato la riunificazione il 3 ottobre 1990, la dissoluzione dell’Unione Sovietica era imminente. Nella storia con la maiuscola, la parabola incredibile di questo ragazzo siciliano di 25 anni. Dopo il mondiale, la fama di Totò assume contorni planetari, ma i suoi gol, per esatto effetto contrario, diminuiscono. Dopo 15 reti nelle due stagioni successive, nell’estate 1992 la Juventus lo cede all’Inter. Due annate senza squilli in nerazzurro e la fuga in Giappone, al Jubilo Iwata, nel 1994, per arricchire il conto in banca e fuggire dall’Italia, dove Schillaci è impantanato tra gossip – la separazione dalla moglie Rita Bonaccorso avviene nel gennaio 1995 – e calo di rendimento, legato anche a problemi fisici. Nel 1997, la conquista della J League, ma anche un altro infortunio serio e il ritiro. Nel suo palmarès, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa Italia, un campionato giapponese e 190 gol.

Il post carriera scivola via tra la gestione del centro sportivo Louis Ribolla, la candidatura come consigliere comunale alle elezioni amministrative del 2001 in quota Forza Italia – eletto con duemila voti, si dimetterà nel 2003 -, la presenza nel 2004 all’Isola dei Famosi, l’esperienza cinematografica nel 2008 al film “Amori, bugie & calcetto”, l’interpretazione nel 2011 di un boss mafioso nella terza stagione di “Squadra antimafia” e la partecipazione, nel 2023, alla decima edizione di Pechino Express, con la seconda moglie, Barbara Lombardo. Una vita segnata profondamente da quell’estate e da quel mondiale: il titolo di capocannoniere, la Scarpa d’oro di Italia ’90, il premio Onze d’argent. Il percorso, fulmineo, in nazionale descrive bene la parabola: esordio il 31 marzo 1990 in Italia-Svizzera, ultima partita il 25 settembre 1991, contro la Bulgaria. Totale, 16 presenze e 7 gol. Una passione breve, consumata in un anno e mezzo. Totò è stato l’ultimo simbolo di una certa Italia: l’ascesa di un ragazzo del Sud, l’approdo alla Juventus vent’anni dopo lo sbarco a Torino di Pietro Anastasi, il boom in nazionale, la luce dei riflettori, la discesa, il tramonto. Il simbolo di un’epoca fine d’epoca. L’eroe delle notti magiche e di un’illusione condivisa, svanita nei calci di rigore contro l’Argentina. L’addio di Totò Schillaci è l’addio definitivo a quell’estate e a quell’Italia. Anche per questo, basta scorrere l’omaggio sui social, la sua scomparsa è un dolore collettivo.