La prima novità l’ha rimarcata lei stessa il 26 giugno, giorno in cui il Consiglio Ue ha ufficializzato la sua candidatura: “Non c’è mai stato un alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue proveniente da un piccolo paese dell’Europa orientale“. L’altro fatto rilevante: la nomina di Kaja Kallas arriva nel pieno della guerra tra la Russia e l’Ucraina. La premier dell’Estonia, quindi, si troverà a tenere i rapporti di Bruxelles con Kiev, ormai entrata sotto diversi aspetti nell’orbita dell’Unione europea, e Mosca, contro la quale gli estoni nutre un risentimento che ha radici profonde. Quella di Kallas agli Esteri, insieme a quelle del lituano Andrius Kubilius alla Difesa e del polacco Piotr Seferin al Bilancio – esponenti di altri due Paesi storicamente ostili al Cremlino e tra i più esposti alle minacce provenienti da oriente – sono la cartina al tornasole del modo in cui Ursula von der Leyen intende il ruolo dell’Ue nei rapporti con la Russia di Vladimir Putin e nel prosieguo del conflitto ucraino.
Sostenitrice delle sanzioni fin dal giorno 1 della guerra, Kallas parte da una posizione di ostilità aperta, e personale. A febbraio Mosca ha inserito il suo nome nella lista dei ricercati per “azioni ostili contro la Russia” insieme a quella di altri politici baltici. La motivazione non è stata ufficializzata, ma secondo la stampa d’opposizione dipenderebbe dalla decisione di Kallas di rimuovere da strade e piazze oltre 400 monumenti risalenti all’epoca sovietica, durante la quale è nata, nel 1977. La decisione “è la prova che sto facendo la cosa giusta”, commentò sui social, aggiungendo che avrebbe continuato ad assicurare il suo “forte sostegno all’Ucraina” e a battersi per “rafforzare la difesa dell’Europa“. Un compito idealmente ereditato dal bisnonno, Eduard Alver, comandante della Kaitseliit, una milizia di volontari dedita alla difesa della piccola nazione. Quando il paese venne occupato dall’Armata Rossa nel 1940, sua madre Kirsti, 6 mesi, venne deportata in Siberia con la nonna e la bisnonna di Kaja, per ritornare in patria solo dieci anni dopo. “Vivevamo in una prigione, senza libertà, senza possibilità di scegliere – ha raccontato -. Nel 1991, quando ero una ragazzina, abbiamo riottenuto la nostra libertà”. E, ha ripetuto più volte anche di recente, solo “chi ha vissuto l’occupazione russa sa che Putin va fermato“.
Un biglietto da visita simile a quello con cui ieri si è presentato Andrius Kubilius: “La Russia costituisce la più grande minaccia alla sicurezza dell’Europa”, ha detto nella sua prima intervista il due volte premier lituano designato da Von del Leyen commissario alla Difesa, ruolo previsto per la prima volta nella storia della Commissione. La strada, d’altronde, è tracciata: in un orizzonte che è quello della Difesa comunitaria, il suo ruolo sarà quello di aumentare la capacità produttiva dell’industria bellica targata Ue. Al momento – oltre agli 1,5 miliardi previsti dal Programma per l’industria europea della difesa (Edip) e a ciò che resta nello European Defense Fund – i fondi per il capitolo non sono molti, ma “sarò un grande sostenitore dell’opzione dei Defence Bond. Von der Leyen ha detto che servono oltre 500 miliardi, e io sono d’accordo”, ha spiegato ieri. Per questo ora Kubilius, storico oppositore di Mosca e sostenitore della necessità per l’Europa di affrancarsi da gas e combustibile russi prima ancora della guerra, dovrà lavorare per avere voce in capitolo quando si tratterà di dare forma al prossimo bilancio a lungo termine.
Su quel fronte si troverà a trattare con il terzo membro della triade costruita dalla presidente della Commissione per gestire le politiche dell’Ue che hanno a che fare con il conflitto ucraino. Parte delle risorse che verranno destinate alla Difesa dipenderà da Piotr Serafin, commissario in pectore al Bilancio. Diplomatico di esperienza, Serafin è polacco e nell’anno trascorso a lavorare come ambasciatore presso l’Ue ha impresso una svolta nei rapporti tra il suo Paese e l’Europa in tema di diritti – “Nell’attuale contesto geopolitico la tutela dei valori su cui si fonda l’Ue è diventata particolarmente importante”, ha detto al Coreper il 20 dicembre 2023, appena insediato -, contribuendo a un avvicinamento tra Varsavia e Bruxelles che in un contesto come quello attuale ha un peso particolare. Oltre a essere i più “anti-russi”, i paesi dell’ex cortina di ferro sono tra quelli che beneficiano di più dei finanziamenti comunitari e alcuni di essi – Ungheria a parte – negli ultimi anni hanno dimostrato grande disponibilità a sottrarsi alla sfera di influenza di Mosca per entrare in quella occidentale. Stilando la lista dei nomi per la nuova Commissione, Von der Leyen ha tenuto in grande conto anche questo fattore.
Zonaeuro
Guerra Russia-Ucraina, poco spazio per la diplomazia: Ursula dà Esteri, Difesa e Bilancio agli anti-russi Estonia, Lituania e Polonia
La prima novità l’ha rimarcata lei stessa il 26 giugno, giorno in cui il Consiglio Ue ha ufficializzato la sua candidatura: “Non c’è mai stato un alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue proveniente da un piccolo paese dell’Europa orientale“. L’altro fatto rilevante: la nomina di Kaja Kallas arriva nel pieno della guerra tra la Russia e l’Ucraina. La premier dell’Estonia, quindi, si troverà a tenere i rapporti di Bruxelles con Kiev, ormai entrata sotto diversi aspetti nell’orbita dell’Unione europea, e Mosca, contro la quale gli estoni nutre un risentimento che ha radici profonde. Quella di Kallas agli Esteri, insieme a quelle del lituano Andrius Kubilius alla Difesa e del polacco Piotr Seferin al Bilancio – esponenti di altri due Paesi storicamente ostili al Cremlino e tra i più esposti alle minacce provenienti da oriente – sono la cartina al tornasole del modo in cui Ursula von der Leyen intende il ruolo dell’Ue nei rapporti con la Russia di Vladimir Putin e nel prosieguo del conflitto ucraino.
Sostenitrice delle sanzioni fin dal giorno 1 della guerra, Kallas parte da una posizione di ostilità aperta, e personale. A febbraio Mosca ha inserito il suo nome nella lista dei ricercati per “azioni ostili contro la Russia” insieme a quella di altri politici baltici. La motivazione non è stata ufficializzata, ma secondo la stampa d’opposizione dipenderebbe dalla decisione di Kallas di rimuovere da strade e piazze oltre 400 monumenti risalenti all’epoca sovietica, durante la quale è nata, nel 1977. La decisione “è la prova che sto facendo la cosa giusta”, commentò sui social, aggiungendo che avrebbe continuato ad assicurare il suo “forte sostegno all’Ucraina” e a battersi per “rafforzare la difesa dell’Europa“. Un compito idealmente ereditato dal bisnonno, Eduard Alver, comandante della Kaitseliit, una milizia di volontari dedita alla difesa della piccola nazione. Quando il paese venne occupato dall’Armata Rossa nel 1940, sua madre Kirsti, 6 mesi, venne deportata in Siberia con la nonna e la bisnonna di Kaja, per ritornare in patria solo dieci anni dopo. “Vivevamo in una prigione, senza libertà, senza possibilità di scegliere – ha raccontato -. Nel 1991, quando ero una ragazzina, abbiamo riottenuto la nostra libertà”. E, ha ripetuto più volte anche di recente, solo “chi ha vissuto l’occupazione russa sa che Putin va fermato“.
Un biglietto da visita simile a quello con cui ieri si è presentato Andrius Kubilius: “La Russia costituisce la più grande minaccia alla sicurezza dell’Europa”, ha detto nella sua prima intervista il due volte premier lituano designato da Von del Leyen commissario alla Difesa, ruolo previsto per la prima volta nella storia della Commissione. La strada, d’altronde, è tracciata: in un orizzonte che è quello della Difesa comunitaria, il suo ruolo sarà quello di aumentare la capacità produttiva dell’industria bellica targata Ue. Al momento – oltre agli 1,5 miliardi previsti dal Programma per l’industria europea della difesa (Edip) e a ciò che resta nello European Defense Fund – i fondi per il capitolo non sono molti, ma “sarò un grande sostenitore dell’opzione dei Defence Bond. Von der Leyen ha detto che servono oltre 500 miliardi, e io sono d’accordo”, ha spiegato ieri. Per questo ora Kubilius, storico oppositore di Mosca e sostenitore della necessità per l’Europa di affrancarsi da gas e combustibile russi prima ancora della guerra, dovrà lavorare per avere voce in capitolo quando si tratterà di dare forma al prossimo bilancio a lungo termine.
Su quel fronte si troverà a trattare con il terzo membro della triade costruita dalla presidente della Commissione per gestire le politiche dell’Ue che hanno a che fare con il conflitto ucraino. Parte delle risorse che verranno destinate alla Difesa dipenderà da Piotr Serafin, commissario in pectore al Bilancio. Diplomatico di esperienza, Serafin è polacco e nell’anno trascorso a lavorare come ambasciatore presso l’Ue ha impresso una svolta nei rapporti tra il suo Paese e l’Europa in tema di diritti – “Nell’attuale contesto geopolitico la tutela dei valori su cui si fonda l’Ue è diventata particolarmente importante”, ha detto al Coreper il 20 dicembre 2023, appena insediato -, contribuendo a un avvicinamento tra Varsavia e Bruxelles che in un contesto come quello attuale ha un peso particolare. Oltre a essere i più “anti-russi”, i paesi dell’ex cortina di ferro sono tra quelli che beneficiano di più dei finanziamenti comunitari e alcuni di essi – Ungheria a parte – negli ultimi anni hanno dimostrato grande disponibilità a sottrarsi alla sfera di influenza di Mosca per entrare in quella occidentale. Stilando la lista dei nomi per la nuova Commissione, Von der Leyen ha tenuto in grande conto anche questo fattore.
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Washington, 7 gen. (Adnkronos) - Due dei 37 condannati a morte federali graziati da Joe Biden rifiutano l'atto di clemenza, che commuta la sentenza in ergastolo ostativo. Shannon Agofsky e Len Davis, entrambi detenuti nel penitenziario federale di Terre Haute, in Indiana, hanno infatti presentato un ricorso d'emergenza per bloccare la commutazione della pena, sostenendo che accettarla renderebbe più difficile il già arduo cammino dei loro appelli per avere riconosciuta la loro dichiarata innocenza.
Nei loro ricorsi, riporta oggi Nbc, i due condannati infatti sostengono che commutando la pena di morte in ergastolo i loro casi perderebbero di "attenzione" riservata ai casi di pena capitale. Ma secondo il costituzionalista Dan Kobil, della Capital University Law School di Columbus, in Ohio, i due detenuti hanno poche possibilità di successo nel loro tentativo di rifiutare la grazia di Biden. Una sentenza del 1927 della Corte Suprema infatti stabilisce che il presidente ha il potere di concedere grazie e commutazioni di pena "e il consenso del condannato non è richiesto".
Pechino, 8 gen. (Adnkronos/Xinhua) - Nel 2023, il valore aggiunto delle industrie cinesi ad alta intensità di brevetti è stato di 16,87 trilioni di yuan (circa 2,35 trilioni di dollari), contribuendo per il 13,04% al Pil del Paese, con un aumento di 0,44 punti percentuali rispetto all'anno precedente, secondo l'Amministrazione nazionale cinese per la proprietà intellettuale (Cnipa). Nel 2023 infatti, la Cina è diventata il primo paese al mondo ad avere più di 4 milioni di brevetti di invenzione validi.
Gaza, 8 gen. (Adnkronos) - Nell'attacco di ieri a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza, sono rimasti uccisi 17 palestinesi, quasi tutti donne e bambini. Lo sostiene il ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, mentre l'esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito nella zona "alcuni terroristi che hanno preso parte al massacro del 7 ottobre 2023".
Ahmed al-Farra, direttore del reparto pediatrico del Nasser Hospital di Khan Younis, ha detto che cinque bambini sono stati uccisi nell'attacco aereo mentre si riparavano insieme nella stessa tenda. I loro corpi erano tra gli otto bambini e le cinque donne portati all'ospedale. Due corpi rimangono non identificabili, ha aggiunto.
Secondo l'Idf, "prima dell'attacco sono state adottate numerose misure per ridurre il rischio di danni ai civili, tra cui l'uso di munizioni guidate di precisione, sorveglianza aerea e ulteriori informazioni di intelligence".
Washington, 8 gen. (Adnkronos) - Un vasto incendio ha costretto migliaia di persone a evacuare le colline che sovrastano Los Angeles, dove venti violenti alimentano le fiamme. L'incendio è scoppiato nella tarda mattinata nel quartiere di Pacific Palisades, sulle montagne a nord-ovest della città. Ha già devastato quasi 1.200 ettari. Le autorità hanno identificato “molte strutture già distrutte”, ha spiegato ieri sera il governatore della California Gavin Newsom durante una conferenza stampa. Dichiarato lo stato d'emergenza.
Secondo le autorità, circa 30.000 persone hanno ricevuto l'ordine di evacuazione. Al momento non sono stati segnalati feriti. Molti residenti sono fuggiti in preda al panico, con solo pochi averi e i loro animali domestici. Più di 100.000 persone sono senza elettricità nella contea di Los Angeles, secondo poweroutage.us , un database che tiene traccia e aggrega in tempo reale le interruzioni di corrente negli Stati Uniti.
La vicepresidente Kamala Harris ha dichiarato: "Il mio cuore è rivolto a tutti coloro che sono stati colpiti" dagli incendi boschivi nella California meridionale. "Come orgogliosa figlia della California - ha aggiunto - conosco i danni che gli incendi boschivi hanno sui nostri vicini e sulle nostre comunità. So anche che l'impatto si fa spesso sentire molto tempo dopo che l'incendio è stato domato. Mentre rispondiamo e mentre i californiani si riprendono, mi assicurerò che la nostra amministrazione sia in contatto costante con i funzionari statali e locali".
Washington, 8 gen. (Adnkronos/Dpa) - L'azienda americana di pneumatici Goodyear venderà il suo marchio Dunlop alla giapponese Sumitomo Rubber Industries. Lo ha annunciato la società. La vendita da 701 milioni di dollari comprende il marchio Dunlop, i suoi marchi e la proprietà intellettuale in Europa, Nord America e Oceania, ha affermato Goodyear. La transazione dovrebbe concludersi entro la metà del 2025.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "Una cosa ci tengo a dirla ed è l’unico motivo che mi fa rompere il riserbo che mi sono imposta in tutti questi mesi: non vado via sbattendo la porta". Lo afferma, in un colloquio con il 'Corriere della Sera', Elisabetta Belloni, direttrice del Dipartimento delle Informazioni per la sicurezza, riguardo alle sue dimissioni. "Il tritacarne in cui sono finita in questi giorni mi impone di chiarire quanto è successo e soprattutto di sgomberare il campo da illazioni che fanno male non tanto a me quanto al Paese, soprattutto in un momento così delicato", osserva la direttrice del Dis. Lei, che in ogni momento cruciale nella storia del Paese è sempre stata indicata come la possibile candidata, spiega di aver capito che anche con il nuovo anno "sarei tornata sulla graticola". Dopo presunte tensioni con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sottosegretario Alfredo Mantovano, titolare della delega ai servizi segreti, si è convinta che per lei "gli ultimi mesi di mandato sarebbero stati un vero e proprio stillicidio".
"Io sono un funzionario dello Stato, faccio il mio lavoro e non è obbligatorio piacere a tutti o andare d’accordo con tutti - spiega - Purché questo non metta in discussione i risultati, come infatti non è avvenuto. Però a maggio scade il mio mandato, quando ho avvertito che già cominciavano a circolare voci sul mio futuro e soprattutto sul mio successore ho ritenuto fosse arrivato il momento di lasciare. E ne ho parlato con i miei interlocutori istituzionali, prima fra tutti la premier Giorgia Meloni e il sottosegretario Mantovano. È con loro che, sin dagli inizi di dicembre, abbiamo tracciato la strada per una transizione tranquilla e senza scossoni".
Quanto al caso Cecilia Sala e alla conferma delle sue dimissioni mentre la situazione della giornalista arrestata in Iran non è ancora risolta Belloni osserva: "Io sono ancora in carica e non vengo certamente meno ai miei doveri. Per questo mi fa ancora più male essere dipinta come una che scappa o addirittura che va via lasciandosi macerie alle spalle. Non è così, non potrebbe mai essere così. Non a caso era stata concordata un’uscita nel massimo della trasparenza. Purtroppo è andata diversamente e per questo sento l’obbligo di chiarire come stanno davvero le cose". La scelta è fatta, le ultime voci accreditano per lei un futuro nello staff della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: "Sarebbe un onore ma anche su questo voglio essere chiara nel dire che non c’è nulla di deciso. Al mio futuro comincerò a pensare il 16 gennaio", conclude la direttrice del Dis.
Teheran, 8 gen. (Adnkronos) - Il ministero degli Esteri iraniano ha invitato Parigi a rivedere il suo approccio "non costruttivo", pochi giorni prima che Teheran tenga un nuovo round di colloqui sul suo programma nucleare con i principali paesi europei. Lunedì, Emmanuel Macron ha affermato che l'impegno di Teheran nell'arricchimento dell'uranio si sta avvicinando al punto di non ritorno e ha avvertito che i partner europei di un moribondo accordo nucleare del 2015 con l'Iran dovrebbero prendere in considerazione la reintroduzione delle sanzioni se non si faranno progressi.
"Le false affermazioni di un governo che si è rifiutato di adempiere ai propri obblighi ai sensi dell'accordo nucleare e ha avuto un ruolo importante nell'acquisizione di armi nucleari da parte di Israele sono ingannevoli e predittive", ha scritto su X il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Esmaeil Baghaei.