Salute

“Nelle Regioni del Sud niente farmaco gratuito contro le bronchioliti dei bambini”. Poi il ministero della Salute fa dietrofront

Prima una lettera che prescriveva alle Regioni in piano di rientro – Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia – di non garantire la somministrazione gratuita dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab utilizzato per la cura del virus respiratorio sinciziale nei bambini, che può causare bronchioliti anche gravi. In quanto la prestazione non è compresa nei Livelli essenziali di assistenza: quindi o l’ente ha risorse aggiuntive rispetto al Fondo sanitario regionale da dedicare allo scopo oppure le famiglie dovranno pagarselo di tasca propria. Poi, dopo la levata di scudi delle opposizioni, la rapidissima marcia indietro del ministero della Salute. Sotto forma di una nuova circolare del Dipartimento della Prevenzione che fa sapere di aver “avviato interlocuzioni con Aifa affinché si proceda al trasferimento dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab-Bey dai farmaci in fascia C a quelli in fascia A, dunque a carico del Servizio sanitario nazionale“.

Il caso è esploso giovedì, quando una nota del Direttore generale del Ministero della Salute Americo Cicchetti ha informato direttori generali della sanità e commissari sulle “Attività di implementazione delle misure di prevenzione e immunizzazione contro il virus respiratorio sinciziale (VRS)” i cui casi stanno già aumentando in maniera preoccupante. “Risulta che, a livello nazionale, più regioni abbiano previsto, autonomamente, la somministrazione monodose dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab senza oneri per i pazienti“, premetteva Cicchetti. “Appare quindi necessario, alla luce di quanto sopra rappresentato fornire i seguenti chiarimenti: le regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia), non possono, ad oggi, garantire la somministrazione dell’anticorpo in quanto, come già rappresentato, trattasi di prestazione “extra LEA””.

“In buona sostanza, i bambini pugliesi possono essere condannati alla terapia intensiva e pure alla morte, come ogni anno purtroppo accade, mentre i bambini lombardi possono essere salvati dal virus”, il commento del presidente della Commissione al Bilancio e alla programmazione della Regione Puglia, Fabiano Amati (Azione). Mentre il deputato democratico Piero De Luca ha parlato di “decisione incomprensibile e pericolosa” e Toni Ricciardi, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, ha evocato un anticipo degli effetti dell’Autonomia differenziata.

Giovedì poco dopo le 12 è arrivato il dietrofront. Attraverso una nuova circolare firmata dal capo Dipartimento della Prevenzione, Maria Rosaria Campitiello, che – come ha riportato Quotidianosanità – spiega come “in considerazione dei possibili profili di iniquità territoriale nell’accesso alle terapie basate sull’anticorpo monoclonale (…) derivabili dall’applicazione della nota del 18/09/2024, il ministero ha già avviato le opportune interlocuzioni con l’Agenzia Italiana del Farmaco e la Direzione Generale della Prevenzione dello scrivente Ministero, al fine di garantire un equo e tempestivo accesso per i pazienti a tutte le terapie approvate che mostrano adeguati profili di appropriatezza, sicurezza ed efficacia su tutto il territorio nazionale”. Prevista una riunione al ministero per superare la “normativa restrittiva per le regioni in piano di rientro che rende allo al momento difficoltosa l’erogazione di farmaci non compresi nei Lea attraverso una decisione autonoma da parte di queste Regioni”.

I medici pediatri riuniti nel board del Calendario per la Vita (alleanza che comprende Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica – Siti, Società italiana di pediatria, Federazione italiana medici pediatri, Federazione italiana dei medici di medicina generale, Società italiana di medicina generale) apprezzano la marcia indietro: “Le nuove possibilità di prevenzione del virus respiratorio sinciziale, in primis attraverso l’offerta a tutti i neonati dell’anticorpo monoclonale, ma anche attraverso la vaccinazione in gravidanza, rappresentano la fondamentale risposta a una infezione che ogni anno provoca nel mondo tra i bambini di età inferiore a 5 anni circa 33 milioni di casi di infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono assistenza medica, 3,6 milioni di ospedalizzazioni e la morte di oltre 100.000 bambini“.