L’Ucraina potrà usare le armi occidentali “contro obiettivi militari legittimi” in Russia. Il via libera, non vincolante ma dal notevole significato politico, è arrivato dal Parlamento europeo. La risoluzione della Plenaria di Strasburgo “invita gli Stati membri – questa la formulazione del testo – a revocare immediatamente le restrizioni” e non fa che ribadire, più per esteso, quello che il Parlamento aveva già affermato il 17 luglio, nella prima seduta della legislatura. Il testo approvato sottolinea che “le forniture insufficienti di munizioni e le restrizioni sul loro uso rischiano di annullare l’impatto degli sforzi compiuti finora e deplora la diminuzione del volume degli aiuti militari bilaterali all’Ucraina da parte dei Paesi dell’Ue”. Ogni Paese, nel concreto, sceglie per sé ma questo voto ha l’effetto di suscitare questa reazione a Mosca: “Ciò che chiede il Parlamento europeo conduce verso una guerra mondiale con armi nucleari” dichiara il presidente della Duma, Viaceslav Volodin.

Al Parlamento europeo i voti a favore del paragrafo 8 che “sblocca” l’uso delle armi anche in territorio russo sono stati 377, contro 191 no e 51 astenuti. L’intera risoluzione ha ottenuto invece 425 sì con 131 contrari e 63 astenuti. I numeri non restituiscono l’effetto distruttivo che il voto ha avuto sulle famiglie europee – tutte si sono spaccate, senza eccezione, su entrambe le votazioni – e anche sulle coalizioni italiane, cioè il centrodestra che esprime la maggioranza del governo Meloni e il campo progressista che ambisce a sostituirla. Sullo sfondo, poi, c’è la circostanza che alcuni partiti – come i due più grandi, Fratelli d’Italia e il Pd – hanno votato no al paragrafo sull’uso delle armi occidentali in Russia ma poi hanno approvato in ogni caso il testo finale che quel paragrafo comunque lo ha accolto integralmente e definitivamente.

Come hanno votato gli italiani
Gli eurodeputati italiani che hanno votato sì all’emendamento sull’uso di armi occidentali in Russia sono stati Massimiliano Salini e Giuseppina Princi di Forza Italia e Pina Picierno e Elisabetta Gualmini del Pd (che aveva dato indicazione di votare contro). Altri hanno dato parere favorevole (Lara Magoni e Ruggero Razza di Fratelli d’Italia e Marco Falcone di Forza Italia), ma hanno chiesto di correggere il loro voto espresso per errore. Giorgio Gori (Pd) – assente al momento del voto – ha fatto sapere che avrebbe detto sì. Si è astenuto Herbert Dorfmann della Südtiroler Volkspartei (eletto con Forza Italia) così come Lucia Annunziata (Pd) che però ha rettificato a verbale il suo voto precisando la sua contrarietà. Tutti gli altri europarlamentari italiani hanno votato no: le restanti delegazioni di Fdi, Fi e Pd e la totalità di quelle di M5s, Lega, Verdi e Sinistra.

Sulla risoluzione finale Fratelli d’Italia, Forza Italia e Partito democratico hanno votato compattamente a favore del testo finale, anche se conteneva il controverso punto 8. Le uniche eccezioni tra i democratici sono state quelle di Marco Tarquinio e Cecilia Strada, che si sono astenuti. Hanno invece votato contro le delegazioni di Lega, M5s, Sinistra Italiana e Verdi. In definitiva sia la maggioranza di governo che lo schieramento di opposizione si sono ritrovati spaccati.

Le divisioni nei gruppi europei, da destra a sinistra
Non solo. I partiti italiani si sono contraddistinti (eufemismo) all’interno dei rispettivi gruppi europei: hanno in larga parte votato in dissenso dai loro gruppi europei. Sul controverso punto 8 della risoluzione al voto oggi Socialisti e Ppe hanno votato nettamente a favore. “Non è la prima volta che le delegazioni votano secondo la loro posizione nazionale, ciò non significa divisione, ma piuttosto che ci sono sensibilità nazionali che segnano un certo voto e noi le rispettiamo. In ogni caso, hanno votato a favore nel voto finale su tutta la risoluzione” prova ad abbozzare una fonte del gruppo S&D con l’agenzia LaPresse.

Si è spaccato anche il gruppo di Ecr, di cui fa parte Fdi. il gruppo europeo di Giorgia Meloni, Ecr, con la delegazione di Fratelli d’Italia compattamente contro all’uso delle armi occidentali in Russia, sostenuto invece dai polacchi del PiS. Sostanzialmente in linea invece il voto della Lega con quello del gruppo dei Patrioti per l’Europa. Si sono divisi anche i gruppi della Left (in cui si trovano Sinistra Italiana e M5s) e Verdi (Europa Verde). Nel primo caso per esempio i danesi e i tedeschi (come Carola Rackete) hanno votato a favore, francesi e irlandesi si sono astenuti, mentre i contrari con gli italiani di Si e 5 Stelle sono stati gli spagnoli, i greci, i belgi. Nel caso dei Verdi invece hanno votato no con gli italiani di nuovo gli eurodeputati spagnoli, mentre a favore si sono espresse le delegazioni del Europa del Nord (come quella tedesca) e dell’Est (come quella ceca).

Gli impegni per Kiev: 0,25 % del Pil in armi, più sanzioni a Mosca
Tra le altre indicazioni nella risoluzione l’invito agli Stati membri a rispettare l’impegno assunto nel marzo 2023 di consegnare un milione di munizioni all’Ucraina e ad accelerare la consegna di armi, sistemi di difesa aerea e munizioni, compresi i missili Taurus. E ancora: “tutti gli Stati membri dell’Ue e gli alleati della Nato dovrebbero impegnarsi collettivamente e individualmente a fornire sostegno militare all’Ucraina con almeno lo 0,25 % del loro Pil annuo“. Nel documento si chiede inoltre agli Stati membri di “mantenere ed estendere la politica di sanzioni Ue contro la Russia, la Bielorussia e i Paesi e le entità non appartenenti all’Ue che forniscono alla Russia tecnologie militari e a doppio uso“. I deputati condannano inoltre la vendita di missili balistici dall’Iran alla Russia e chiedono un rafforzamento delle sanzioni contro Teheran e la Corea del Nord. Gli eurodeputati infine invitano gli stati membri a lavorare attivamente per ottenere il più ampio sostegno internazionale possibile per l’Ucraina e individuare una soluzione pacifica alla guerra.

I Paesi favorevoli all’uso delle armi in Russia
La questione dell’uso delle armi occidentali sul suolo russo da parte delle forze armate ucraine è alquanto complicata. La maggioranza dei Paesi europei non ha posto alcuna restrizione sul materiale fornito a Kiev. In questo campo si posso contare Finlandia, Svezia, i tre Paesi Baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda e con tutta probabilità anche la Romania.

È necessario però tracciare una distinzione tra armi altamente offensive – come i missili a lunga gittata – e convenzionali (ad esempio l’artiglieria). La Germania, dopo grande riluttanza, a maggio ha permesso all’Ucraina di usare il suo materiale (ingente) anche sul suolo russo. “Dal nostro punto di vista, una volta che i mezzi entrano in Ucraina sono ucraini e possono farne ciò che vogliono”, ha spiegato un portavoce del ministero della Difesa dopo il lancio dell’offensiva di Kiev nel Kursk. Detto questo, Berlino non fornisce missili a lungo raggio e il cancelliere Olaf Scholz si è sempre rifiutato di passare all’Ucraina i Taurus, che permetterebbero a Zelensky volendo di colpire Mosca.

La Francia, insieme al Regno Unito, ha invece dato i missili Scalp/Storm Shadow. A maggio il presidente francese Emmanuel Macron aveva fatto capire di essere d’accordo all’uso dei missili di Parigi per colpire la basi militari in Russia da dove partivano gli attacchi verso l’Ucraina. Ma l’ok ufficiale non sembra essere mai arrivato. Anche Londra ha espresso remore. Recentemente il premier Keir Starmer si è recato negli Stati Uniti per coordinarsi con Joe Biden, in modo da avere una posizione comune, dato che gli americani hanno fornito a Kiev i missili Atacms. Morale: al momento sembra che né Londra, né Parigi né Washington abbiano dato luce verde all’uso dei missili per colpire in profondità il territorio russo. Tra i contrari all’uso di qualunque arma in territorio russo c’è invece l’Italia, come ha ribadito più volte il governo. Il Belgio ha posto pubblicamente il veto all’utilizzo offensivo degli F-16 (benché il testo dell’accordo non ne faccia menzione) e anche la Spagna sembra restia a concedere le sue armi per attaccare la Russia.

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