Anno dopo anno la Russia sta aumentando l’espansione delle sue forze armate che salirà a dicembre 2024 ad 1 milione e mezzo di effettivi, cioè 180.000 soldati in più, arruolati presumibilmente con i metodi consolidati, incluse corpose campagne di “reclutamento globale” per inviare migranti e studenti stranieri in battaglia sotto costrizione, come sta avvenendo diffusamente nell’Africa subsahariana.
Contemporaneamente da Mosca si è registrato un alternarsi vorticoso e contraddittorio di “aperture” alla conferenza di pace alla presenza di Russia e Ucraina annunciata da Olaf Scholz lo scorso 9 settembre e minacce di “fine di mondo” a Nato, Usa, Europa se “consentiranno l’uso di missili occidentali per colpire il territorio russo” (tre giorni dopo). Infatti a quel punto, ha tuonato Putin, l’Occidente sarà “in guerra con la Russia” e ne deriveranno “decisioni appropriate” , che è come dire che noi, specularmente, dovremmo ritenerci in guerra con Iran e Corea del Nord che armano massicciamente la Russia contro l’Ucraina di cui siamo alleati (ovvero secondo Mosca, e sostenitori a vario titolo, committenti di una sporca guerra per procura).
E’ un copione che in modo parossistico si ripete identico dall’indomani dell’invasione: Putin nonostante i 40 km di carrarmati diretti a Kiyv non è riuscito ad occuparla e ad insediare le sue “brave persone”, la resistenza ucraina è continuata; si sono moltiplicati i massacri e gli orrori sui civili di cui Bucha rappresenta solo l’emblema più raccapricciante, anche per la manipolazione di regime che ha goduto di un certo seguito nella nostra “Italietta” di tanta brava gente che vuole “stare in pace” e preferisce essere negazionista piuttosto che prendere atto della realtà. Grandi dibattiti e violente polemiche con ampia eco mediatica contro gli aiuti militari che dovevano essere rigorosamente “difensivi” (c’era anche chi, con rigorosa coerenza, riteneva che i caschi fossero più che sufficienti) anche se i pacifisti hanno continuato a denunciare l’imperante maccartismo bellicista.
Sotto l’ombrello della capziosa e ambigua distinzione tra armi offensive e armi difensive si sono persi mesi cruciali, certamente non a causa della “prudenza” italiana ma a livello internazionale, per l’invio dei tank che a tempo debito avrebbero fatto la differenza.
E poi a seguire davanti alla distruzione sempre più mirata di infrastrutture civili, ad enormi disastri ecologici, all’annientamento di servizi essenziali, ospedali e centri di aggregazione in primis, all’alternarsi di false aperture di Putin controbilanciate puntualmente da intimidazioni e minacce fondate sul ricatto della potenza nucleare, le risposte occidentali in termini di aiuti militari sono state centellinate e gli stanziamenti Usa sono stati bloccati per oltre sei mesi da Trump.
Ora la vexata quaestio liquidata sbrigativamente come il placet di Usa, Nato, Eu all’Ucraina per colpire in profondità la Russia con i missili a lungo raggio e che ha registrato in Europa la contrarietà del governo italiano a braccetto di Orban viene sottoposta al Parlamento Europeo dal Ppe, Socialisti e Liberali. La risoluzione congiunta presentata dai partiti della maggioranza Ursula chiede di “revocare le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo”.
Si tratta di consentire all’Ucraina il pieno diritto all’autodifesa ovvero di ridurre, nel rispetto del diritto pubblico internazionale l’esposizione agli attacchi mirati e continuativi alle sue infrastrutture e alla sua popolazione. Non è la licenza di colpire indiscriminatamente i centri abitati e nevralgici delle città russe come fa Mosca dall’inizio dell’invasione, ma la possibilità di colpire le basi da dove si alzano i bombardieri, gli arsenali e i depositi di missili e di munizioni.
Con la magra consolazione che l’Italia conta abbastanza poco, mentre Putin può gioire delle divisioni e delle debolezze dell’Europa che noi alimentiamo, ci troviamo davanti a due opzioni. Sul fronte dell’opposizione svetta il pacifismo di Conte, venato di opportunismo, che dopo il sì iniziale agli aiuti militari, da quando la situazione è diventata più critica per l’Ucraina vota puntualmente per disarmarla, e conseguentemente consegnarla a Putin, appellandosi a non meglio definiti “progetti di pace” che ci possiamo solo augurare non siano simili a quelli di Trump-Vance, fotocopia del “piano di pace” del Cremlino. D’altronde Conte si era dichiarato parimenti “insoddisfatto” di Trump e Biden così come equidistante da Le Pen e Macron.
Quanto al governo e a Giorgia Meloni che finora era riuscita almeno sulla politica estera a “mantenere la rotta”, e che ora Conte dal suo pulpito può accusare di “bellicismo pavido”, vengono a proposito le parole di Romano Prodi a chi gli ha chiesto se non sia una grande ipocrisia negare le armi e legare le mani ad un paese aggredito: “Sì, è un’ipocrisia perché è incoerente dare le armi ma dire le usi fino ad un certo punto. E’ come dire: ti do da mangiare ma fallo con discrezione”. Poi aggiunge che “è comprensibile” per paura che si scateni una guerra mondiale (La Stampa, 16 settembre). Ma temo che la paura e la resa non siano una risposta, né tantomeno una garanzia di pace.