“Un difensore dell’ambiente e dei diritti umani è stato assassinato: l’Honduras sapeva del rischio che correva e non ha fatto nulla per proteggerlo e tutelare la sua vita”. A parlare è Leonel George, del Comitato Municipale in difesa dei Beni Comuni di Tocoa, nella provincia di Colon, nel Paese centramericano. George ricorda così Juan Antonio López, 46 anni, ucciso a colpi di pistola mentre si trovava sulla sua macchina e stava tornando a casa dopo essere stato in chiesa. Attivista ambientalista, ferreo difensore dei diritti umani, operatore pastorale, Lòpez era consigliere comunale eletto con Libertà e Rifondazione, il partito della presidente dell’Honduras, Xiomara Castro. Il suo assassinio è avvenuto pochi giorni dopo aver chiesto le dimissioni del sindaco di Tocoa, Adán Fúnez, accusato di legami con il traffico di droga. Lòpez era descritto come il “braccio destro” del vescovo di Trujillo, Jenry Ruiz: “Mi hai detto che non eri un ambientalista perché per te l’impegno sociale, ecologico e politico non erano una questione ideologica, ma una questione del tuo essere di Cristo e di Chiesa” ha detto il prelato in un messaggio pubblicato dopo la morte dell’amico. Tra le associazioni internazionali che l’hanno ricordato anche Pax Christi, il movimento cattolico per la pace. “L’impunità continua ad essere una porta aperta al ripetersi di questi eventi” ha scritto in un comunicato. Ue, Spagna, Francia e Germania hanno esortato le autorità honduregne ad aprire “un’indagine esaustiva” e applicare “misure rapide, efficaci ed esemplari” per combattere le minacce subite dai difensori dei diritti umani e dell’ambiente.

Tra le principali battaglie di Lopez, ricorda Leonel George, quella contro l’estrazione a cielo aperto nella zona centrale del Parco Nazionale “Montaña Botaderos Carlos Escaleras”. “Una lotta per proteggere le fonti d’acqua, ovvero i fiumi che riforniscono le comunità locali” spiega. In particolare la battaglia portata avanti da Lòpez si concentrava sull’impatto dannoso di una miniera di ossido di ferro a cielo aperto che stava inquinando i fiumi Guapinol e San Pedro, da cui le comunità della zona dipendono per il loro approvvigionamento idrico quotidiano.

Non certo una novità per l’Honduras l’omicidio di attiviste e attivisti per l’ambiente. Nell’ultimo rapporto di Global Witness sono stati registrati 18 omicidi nel solo 2023. Tra questi ad inizio dello scorso anno ci fu quello di Aly Magdaleno Domínguez Ramos e Jairo Bonilla Ayala, tra i fondatori del movimento nato per contrastare le miniere di ferro che inquinano proprio il Guapinol. Juan Antonio López non ha mai smesso di lottare, nemmeno dopo l’omicidio dei suoi compagni, nemmeno dopo le minacce di morte che hanno portato la Commissione Interamericana dei Diritti Umani a metterlo sotto protezione. “La parola è stata la forza del compagno che ha contribuito alla difesa dei diritti umani e dei beni comuni nel comune di Tocoa”, insiste Leonel George.

Quest’ultimo racconta che “le società Miner Inversión, Los Pinares ed Ecotec, insieme a funzionari pubblici, sono parte dello sfruttamento del territorio che combattiamo. Le concessioni minerarie che utilizzano sono state strappate illegalmente e così stanno sfruttato illegalmente questa area protetta”. López aveva misure di protezione emesse dalla Commissione interamericana, che chiedeva allo Stato honduregno di garantire la sua vita e anche di risolvere il conflitto causa delle violenze contro attivisti e attivisti. “Finora non ha fatto assolutamente nulla – accusa George – Ora abbiamo il compagno Juan López assassinato e chiediamo che sia fatta giustizia, che non ci sia ancora impunità, che tutte le concessioni per lo sfruttamento minerario nel territorio siano cancellati e che i responsabili siano indagati e puniti fino in fondo dalla legge”. Una vicenda che ricorda tragicamente quella di Berta Caceres, leader indigena del popolo Lenca, ammazzata per la sua attività in difesa del fiume Gualcarque e contro la costruzione di una diga idroelettrica.

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