Probabilmente il primo “avviso di arresto“, uno dei punti più controversi della riforma Nordio, è avvenuto a Napoli. Il 12 settembre il gip del Tribunale del capoluogo campano ha svolto l’interrogatorio preventivo di un accusato per il reato previsto e punito dall’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti: produzione, traffico e detenzione illecita di droga. È il “contraddittorio anticipato”, una delle novità introdotte dalle modifiche al codice volute dal ministro della Giustizia.
La Procura guidata da Nicola Gratteri attende l’esito di una richiesta di misura cautelare inoltrata a luglio nei suoi confronti. Nel frattempo, è intervenuta la riforma. Che secondo le opposizioni, era stata ideata per “proteggere” i politici, i dirigenti e funzionari pubblici dalla scure delle inchieste per reati contro la pubblica amministrazione: corruzione, concussione, turbativa d’asta. Indagini in cui molto spesso le manette sono chieste (e ottenute) per evitare il pericolo di reiterazione del reato. È quello, secondo la nuova normativa in vigore dal 25 agosto, il caso in cui il gip deve emettere l’”avviso di arresto”. La misura cautelare resta a sorpresa, invece, nei casi in cui è disposta per il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove da parte dell’indagato. E resta a sorpresa anche quando c’è il rischio di reiterazione dei reati più gravi (mafia, terrorismo, violenze sessuali, stalking), o di quelli relativi all’uso delle armi.
Pensata forse per scudare i colletti bianchi e la classe dirigente, la riforma Nordio ha finito però per offrire un vantaggio processuale anche a chi è indagato per reati di droga, di spaccio e di criminalità. Che ora sarà avvisato dell’intenzione di arrestarlo. Un “buco” nella legge che il Fatto anticipò nel luglio scorso. A Napoli sono almeno tre le inchieste della Procura per le quali il Gip ha avvertito gli indagati che per loro c’è una richiesta di misura cautelare, e sarà valutata dopo il loro interrogatorio. Non ci sono reati di corruzione. Per ora.