Senza gran fatica si può rintracciare nella nostra stampa un pervasivo umore anti-arabo che forse, visto le scene sotto i nostri occhi, rasenta l’odio verso quel mondo. Non è solo mancanza di empatia verso le vittime libanesi dei due episodi recenti a Beirut; colpisce l’elusione e l’omissione di evidenza.

I crimini israeliani, quando proprio non si può evitare un esplicito plauso, diventando ‘attacchi’: cioè, quei metodi di puro terrorismo applicati verso un paese straniero, come è accaduto due giorni di seguito in Libano, e come era già accaduto in altre episodi recenti, coinvolgendo centinaia di persone gravemente ferite, vengono sviscerati con l’occhio dell’analista militare, indugiando su scenari che lasciano trapelare ammirazione per una operazione di cyber-intelligence inaspettata, imprevedibile, clamorosa, in fin dei conti – si lascia intendere – raffinatissima.

I terroristi israeliani diventano ‘sabotatori’, (Repubblica), il Libano diventa ‘una polveriera’, non uno Stato sovrano sotto attacco, per il Corsera che segnala la ‘frustrazione’ di Blinken, pover’uomo; vorrebbe far di più ma ad ‘ogni passo negoziale c’è sempre qualcosa che li scompiglia’: qualcosa di non meglio identificabile, ovvio. Il Foglio si porta avanti con il lavoro e compila una prima lista di proscrizione degli amici di Hezbollah, partito islamista libanese che ha avuto evidentemente il torto, per loro, di aver liberato il proprio paese dall’occupazione israeliana e di non aver mai usato metodi terroristi: Noam Chomsky ha anche visitato il quartier generale di Hezbollah e incontrato il suo leader. Accidenti, non ha chiesto il permesso a nessuno.

La lista è lunghissima e deprecabile. Fa pensare che tante anime belle della nostra intellighenzia che strologano di fascismo un po’ lo hanno anche dentro le loro penne e le loro teste.

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