Per l’ex premier Mario Draghi è impossibile sostituire i Pfas nel percorso di transizione ecologica a causa delle implicazioni economiche, anche se si tratta di un gruppo di sostanze chimiche pericolose per la salute e conosciute come ‘inquinanti eterni’. E mentre questa visione, sostenuta nella relazione che Draghi ha presentato alla Commissione Ue sulla competitività europea, è contestata dall’Isde (Associazione medici per l’ambiente) e dalle mamme No-Pfas, Greenpeace Italia prosegue il suo lavoro d’indagine sulla presenza delle sostanze per e polifluoroalchiliche nelle acque potabili. Partirà dalla Toscana il prossimo 23 settembre, infatti, la spedizione “Acque senza veleni” che, per cinque settimane, toccherà 220 città in tutte le regioni italiane per raccogliere campioni di acqua potabile alla ricerca di Pfas. L’obiettivo dell’organizzazione ambientalista è realizzare la prima mappatura indipendente della contaminazione a livello nazionale. “Proviamo a colmare una lacuna conoscitiva – spiega a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento dell’organizzazione – per valutare l’estensione della contaminazione da Pfas e identificare eventuali nuove aree colpite oltre quelle già note”. Nel frattempo, però, la direttiva comunitaria 2184/2020 in Italia entrerà in vigore solo da gennaio 2026 e con un limite di 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole, molto più alto rispetto a quelli che molti Paesi si sono già imposti autonomamente. In Italia, invece, manca una legge nazionale che possa almeno limitare la presenza di Pfas nelle acque potabili.
La pericolosità dei Pfas, i controlli frammentati e le analisi a macchia di leopardo – Una volta dispersi nell’ambiente, i Pfas si degradano in tempi lunghissimi e possono inquinare fonti d’acqua, aria e coltivazioni. Attraverso l’acqua e gli alimenti, queste molecole possono quindi diffondersi nel nostro sangue, con gravi rischi per la salute. Una di queste sostanze, il Pfoa, è stato classificato come cancerogeno per le persone, mentre l’esposizione a diverse molecole Pfas può causare problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro al rene e ai testicoli e impatti negativi sulla fertilità. “In Italia esistono diversi gravi casi di contaminazione, come in alcune aree del Veneto e del Piemonte. Eppure – aggiunge Ungherese – i controlli ambientali promossi dalle istituzioni sono frammentari, se non addirittura assenti e le analisi sulle acque potabili vengono eseguite sono in poche regioni o in aree ancora più ristrette di alcune di queste regioni (Leggi l’approfondimento)”. Una “inerzia” che rischia di trasformare l’inquinamento da Pfas in Italia in un’emergenza nazionale fuori controllo.
Per Draghi la sostituzione è impossibile – Ma se Greenpeace lancia un appello chiedendo con urgenza alle istituzioni locali e nazionali “di garantire acqua pubblica sicura per tutti”, fa discutere la posizione espressa da Draghi rispetto alla proposta di restrizione di queste sostanze, avanzata dagli Stati membri nel quadro del regolamento Reach. “Le preoccupazioni del rapporto Draghi sono fuorvianti, in quanto la restrizione proposta prevede deroghe per usi specifici” spiega l’Isde che, comunque, ritiene che le abbondanti prove scientifiche sugli effetti dannosi dei Pfas sulla salute dovrebbero portare a limiti di tempo rigorosi anche per le deroghe. A rivolgere direttamente un appello a Draghi sono state le mamme No-Pfas: “Le molecole Pfas si sono accumulate nel nostro corpo, ammalandolo. Noi e i nostri figli le abbiamo nel sangue”. Storie che Greenpeace ha seguito in prima linea.
Le storie di contaminazione e la spedizione – Ma le storie di contaminazioni da Pfas sono tante e continuano ad accumularsi. “Fa riflettere, ad esempio – racconta Ungherese – che a luglio scorso, l’Uft, l’autorità svizzera per i trasporti ferroviari, abbia chiesto di rinunciare all’uso di prodotti contenenti Pfas nelle costruzioni ferroviarie”. Nelle gare d’appalto deve essere espressamente prescritto l’uso di prodotti da costruzione privi di Pfas. Un richiesta avanzata per la prima volta per i lavori di risanamento della canna ovest della galleria di base del San Gottardo. E poi ci sono i casi italiani, alcuni dei quali sollevati proprio dalle inchieste di Greenpeace, per esempio in Lombardia e in Piemonte. La maggior parte dei risultati portati alla luce da quelle inchieste, però, è frutto di analisi eseguite dalle autorità competenti. Dal 23 settembre a fine ottobre, invece, sarà Greenpeace Italia ad attraversare il Paese per raccogliere dati e analizzare oltre 60 molecole appartenenti al gruppo dei Pfas e incontrare i comitati locali che in diverse Regioni già si battono contro la contaminazione da Pfas. Sarà la prima indagine completa e indipendente sulla presenza di queste molecole nelle acque potabili. “Gli Stati Uniti e diversi Paesi europei hanno già adottato dei limiti all’uso di queste sostanze, sostituendoli con alternative più sicure già disponibili. Greenpeace Italia chiede al nostro governo di fare altrettanto – conclude Ungherese – con una legge nazionale che ne vieti l’uso e la produzione”. I risultati dei campionamenti che Greenpeace Italia effettuerà nelle prossime settimane saranno resi noti a inizio 2025.