Fuori i militari dalle aule piemontesi. A chiedere all’Esercito di stare lontano dagli studenti è un gruppo di docenti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, preoccupato dal’iniziativa del Comando militare della Regione. A far scattare l’allarme è la circolare del 21 agosto scorso inviata a tutti i dirigenti scolastici e ai direttori degli Ambiti Territoriali (ex provveditorati) con cui l’esercito fa sapere che “organizza per gli studenti degli istituti scolastici di primo e secondo grado del Piemonte conferenze di orientamento e di informazione e visite scolastiche presso i reparti della Forza Armata”.

La proposta ha fatto rabbrividire molti maestri e professori che hanno scritto ai consigli d’istituto e ai collegi docenti per denunciare – a detta loro – l’assoluta irricevibilità dell’iniziativa. “In un contesto internazionale tragicamente segnato dal conflitto russo-ucraino, dal genocidio in atto a Gaza ad opera delle forze militari di Israele e all’aumento della produzione di armi a tutto vantaggio della filiera industriale bellica – cita la lettera dei docenti – riteniamo incompatibile, per le scuole, aderire alle attività di orientamento proposte da forze armate che tra l’altro mirano al reclutamento di nuove leve offrendo loro uno sbocco lavorativo garantito specialmente in quei territori dove il tasso di abbandono scolastico e la disoccupazione giovanile sono elevati e i Neet (Not in Education, Employment or Training) in vertiginoso aumento. Una modalità operativa che di fatto trasforma le scuole in un terreno di conquista di una ideologia bellicista e di controllo securitario”.

L’Osservatorio ritiene che le scuole ricoprano da sempre un ruolo sociale fondamentale così come riconosciuto dalla Costituzione che le considera luoghi di formazione e crescita per le persone, laboratori di accoglienza e di relazioni di cui l’educazione alla pace è un presupposto pedagogico indispensabile. Una vera e propria protesta che vede in campo gli educatori contro i militari che più volte hanno in Italia ospitato dei bambini e dei ragazzi delle scuole secondarie nelle loro caserme o si sono presentati a scuola. “Le finalità pedagogiche della scuola – continuano i professori dell’Osservatorio – non sono compatibili quindi con le pratiche, gli strumenti e i linguaggi militari che invece veicolano i disvalori della guerra, della violenza, della sopraffazione e della cieca obbedienza, contrari ai valori di pace, democrazia e nonviolenza. La scuola è per natura luogo di incontro e dialogo fra culture, nonché di promozione del pluralismo delle idee, della conoscenza e dello sviluppo del pensiero critico, necessari per la formazione di cittadini e cittadine consapevoli, luogo da cui allontanare ogni deriva nazionalista con i modelli di forza e di violenza e l’irrazionale paura di un “nemico” interno ed esterno ai confini nazionali che ne sono il necessario corredo. “Smilitarizzare” la scuola vuol dire farne il luogo ideale per la costruzione di una società di pace e di diritti per tutti”.

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