“Riteniamo grave e doloroso il fatto che una comunicazione dell’ambasciata italiana del 28 gennaio 2016, in cui si chiedeva la massima attenzione, sia rimasta evidentemente su qualche tavolo e non abbia consentito di attivare tutte le forze che servivano per salvare Giulio. Questo provoca molto dolore”. Così al Fattoquotidiano.it Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, uscendo dal tribunale accanto ai genitori, dopo la testimonianza dell’ex presidente del Consiglio e dell’ex sottosegretario con delega ai Servizi ed ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, nel corso del processo sulla sparizione, le torture e l’omicidio Regeni a carico dei quattro 007 egiziani. Ovvero, Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato (mentre al solo Sharif sono contestati anche i reati di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato, ndr).
“Io vengo informato il 31 gennaio 2016, mi dissero che era accaduto qualcosa di grave a un nostro ricercatore. Se mi fosse stato chiaro da subito avremmo potuto attuare qualcosa in più, ma il comportamento della Farnesina è stato legittimo, logico. Noi mettiamo in campo tutti i nostri strumenti perché c’era crescente preoccupazione da parte degli apparati che, come è fisiologico, erano già a conoscenza della vicenda. Se dal 26 al 31 gennaio la Farnesina ha ritenuto di tenere bassa una vicenda così complessa avrà fatto una sua valutazione, conosceva i rapporti con Al Sisi. Poi il 31, quando sento l’ambasciatore Massari, era molto pessimista”, è tornato a rivendicare in Aula Matteo Renzi, di fronte ai quesiti del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, e del procuratore Sergio Colaiocco, che sono tornati più volte sul giallo sulle date.
Questo perché la versione di Renzi, già data nel 2020, appariva in contrasto con le testimonianze dell’allora ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni e dell’allora Segretario Generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, che avevano dichiarato come l’allora ambasciatore Massari avesse da subito “attivato tutti i canali istituzionali” e di intelligence. Per poi inviare un cablo cripto il 28 gennaio, come testimoniato in aula il 16 aprile scorso dallo stesso Massari. “Se ho notizia se Matteo Renzi possa aver saputo della scomparsa di Regeni prima del 31 gennaio? Non posso saperlo scientificamente al 100%, però ripeto: noi avevamo attivato tutti i canali, anche l’ufficio del consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio, già nei giorni precedenti”, aveva ricordato Massari.
E ancora: “In che data avevo interloquito con il consigliere? Nei giorni precedenti, 28-29 gennaio, non ricordo esattamente. E poi i rapporti Roma su Roma, Farnesina – Palazzo Chigi erano deputati al gabinetto del nostro ministro degli Esteri”.
Ascoltato oggi in aula Renzi ha però ribadito come fossero “comunicazioni tra uffici, è fisiologico. Io vengo informato il 31 gennaio. Mi dissero che qualcosa era accaduto, qualcosa di grave, ad un nostro ricercatore”. E ancora: “La nota del 28 gennaio 2016 chiedeva massima attenzione? Note di questo genere ce ne sono una decina al giorno. Vengono poste all’attenzione degli uffici. Il presidente del Consiglio è l’ultimo anello. Massari aveva il mio numero di cellulare, niente avrebbe impedito di telefonarmi”, ha concluso Renzi, di fronte alle domande.