La cementificazione e la sigillatura del territorio, la scarsissima o nulla manutenzione delle sponde dei corsi d’acqua, la dimenticanza (?) della pulizia delle reti idriche e dei tombini, l’abbandono delle campagne ed il conseguente venire meno della cura del territorio ad opera dei contadini (dovuto a politiche agricole a favore dei nuovi “latifondisti” e ai danni dei piccoli produttori), i piani regolatori che, invece di regolare l’equilibrio tra uomo e natura, regalano cubature di cemento e asfaltature di catrame, le grandi spianate commerciali e logistiche fatte su misura ed a uso e consumo di un modello di sviluppo ormai decotto.
Tutto questo non è dovuto al cambiamento climatico.
Tutto questo è il frutto delle decisioni di tutti i politici che oggi si lagnano e indicano nel clima impazzito il responsabile dei disastri.
Certo. La pioggia e gli eventi estremi possono essere la goccia che fa traboccare il vaso. Ma chi ha portato l’acqua al bordo sono quelli che dalle loro stanze hanno approvato le alluvioni di cemento, distolto risorse dal contrasto del dissesto idrogeologico, martoriato i piccoli agricoltori, pianificato grandi piani di grandi opere inutili e dannose. E che oggi piangono e si rimpallano responsabilità.
L’alibi del cambiamento climatico non regge. Ma sicuramente, grazie al favore delle narrazioni amiche e benevole, sarà determinante per l’assoluzione con formula piena dei veri colpevoli.