di Mauro Condarelli

Da un po’ di tempo a questa parte si sente continuamente parlare di “programmi”, “agende”, “contratti” e molti termini simili come se gli elettori fossero chiamati a votare per questi. Da ultima, ma in buona compagnia, Schein continua a ripetere che gli accordi si fanno sui “temi” e non sui “nomi”. Secondo me questa è un’enorme mistificazione.

In Parlamento (e anche altrove) NON si eleggono “temi”, ma persone… e lo sanno benissimo anche loro, tanto che Berlusconi ha voluto il suo cognome sul logo del Partito, non certo “Contratto con gli Italiani”, e Letta ben si è guardato dal far mettere sul simbolo del Pd “Agenda Draghi”. Tutti i pezzi di carta, laboriosamente redatti e vagliati, comunque li si voglia chiamare, non sono altro che promesse elettorali che, nel migliore dei casi e quando sincere, non possono fare altro che dare un’idea di cosa la persona vorrebbe fare se ne avesse la possibilità. Nient’altro.

Possono avere un qualche valore “Programmi di Governo” redatti dopo le elezioni e con respiro assai limitato, utili per mettere nero su bianco accordi presi fra due o più forze politiche per un’alleanza “di scopo” e immediatamente operativi, prima di dar tempo alle condizioni esterne di modificarsi rendendoli inevitabilmente carta straccia.

L’unica cosa veramente importante sono le persone, con la loro storia, cultura o mancanza di essa, preparazione o incompetenza, onestà o “furberia”, scheletri negli armadi e legami parentali, aspirazioni e desideri. Sono loro che verranno chiamati a prendere decisioni puntuali su problemi concreti e schiacciare il bottone verde o quello rosso, discutere con i colleghi per strappare qualche concessione inevitabilmente ricambiata con qualcos’altro, non i “programmi”. Come diceva Von Moltke: “nessun piano di battaglia sopravvive l’incontro con il nemico”.

Quale “tema” avrebbe potuto prevedere il Covid-19 o la guerra in Ucraina... o anche “banalmente” le inondazioni in Romagna piuttosto che in Campania? Ovviamente nessun “contratto” può prevedere questi e miriadi di altri eventi che condizionano l’azione di governo. L’unica cosa importante sono le persone e noi tutti abbiamo la certezza che, messi di fronte allo stesso identico problema, Meloni, Salvini, Conte, Bersani e Renzi (per fare degli esempi) troverebbero “soluzioni” diverse per affrontarlo.

Sappiamo anche che è estremamente probabile le soluzioni di La Russa potrebbero essere vicine a quelle della Meloni e quelle di Bersani non andrebbero lontanissime da quelle di Conte; Salvini e Renzi invece farebbero solo quello che ritengono, in quel momento, di maggior effetto propagandistico.

Il fatto le persone siano molto più importanti dei “programmi” è anche certificato dalla cura che si usa per scegliere i “fedelissimi” per i posti chiave. Non è solamente questione di “poltrone” (alle quali ovviamente tutti ambiscono e vengono distribuite con il “Manuale Cencelli”) ma anche di occupare centri decisionali con persone che possono “essere utili” al disegno del “capo”. Piazzare Calderoli a fare il “ministro per gli Affari regionali e le autonomie” ha un valore molto superiore al mero peso della “poltrona” e sarebbe completamente diverso ci fosse un anonimo “peone” anche dello stesso gruppo.

Il più grosso problema è che l’attuale Legge Elettorale ci impedisce di scegliere le persone come dovremmo, ovvero cercando di capire quale, fra i candidati, potrebbe tirare nella direzione che noi reputiamo “migliore” e con che forza, anche di fronte a una situazione “non prevista” dai piani (ovvero la quasi totalità delle situazioni reali). Questo è un vulnus al quale, però, non pare ci sia qualcuno intenzionato a metter mano, esattamente per lo stesso motivo per cui si (stra)parla tanto dei “programmi”: perché fa comodo e lega le mani agi elettori.

Capisco perfettamente perché loro si comportino a questo modo, quello che non capisco è perché tanta gente, anche intelligente e preparata (penso a Travaglio), non li sbugiardi pubblicamente.

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