Quindici manifestazioni d’interesse per partecipare alla gara che definirà il nuovo proprietario dell’Ilva. E non è detto che sarà solo uno. Si è chiusa la prima fase del bando di gara per riassegnare il complesso delle acciaierie dopo il divorzio traumatico da ArcelorMittal e si sono fatti avanti 15 attori internazionali e nazionali, alcuni dei quali hanno presentato una manifestazione per l’intero asset produttivo e altre solo per alcune parti. Resta possibile quindi, come previsto dalle regole volute dai commissari, una vendita “spezzatino”, che potrebbe coinvolgere anche i gruppi italiani, a iniziare da Marcegaglia e Arvedi.
“Inizia una fase in cui queste aziende potranno accedere a ulteriori informazioni sulla base delle quali costruire i loro piani industriali, finanziari, ambientali e occupazionali. E nel contempo, ove ci fossero altri interessati potrebbero comunque farlo in cordata con questi. E comunque è sempre possibile che altri accedano ad una manifestazione di interesse”, ha spiegato il ministro per le Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. “Penso che nei prossimi mesi definiranno piano industriali tra loro concorrenziali e noi sceglieremo quello che sarà migliore per garantire il rilancio della siderurgia nazionale e il percorso green del sito dell’ex Ilva che noi pensiamo possa diventare il più grande sito siderurgico green d’Europa”, ha aggiunto.
Il percorso è ancora lungo, anche se Urso già festeggia per aver evitato il collasso della fabbrica che al momento naviga tuttavia ancora in acque agitate e con una produzione al minimo storico, mentre una grossa parte dei dipendenti è ancora in cassa integrazione. “Abbiamo preso in mano il destino di quello che è il più grande polo siderurgico italiano a fine febbraio, quando vi erano appena materie prime di approvvigionamento per 4 giorni: se non l’avessimo fatto dopo pochi giorni sarebbe stato chiuso anche l’ultimo altoforno per mancanza di materie prime e ciò avrebbe portato al collasso”, ha insistito.
“In appena 6 mesi i commissari sotto le nostre indicazioni sono riusciti a risistemare la piena funzionalità di quell’altoforno e a programmare l’apertura di un secondo altoforno nell’ottobre di quest’anno e di un terzo prima nella parte prossimo anno”, ha detto ancora il ministro. “Nel contempo in questi 6 mesi abbiamo creato le condizioni, anche con il prestito ponte dell’Ue, per una gara internazionale, di cui si è chiusa questa notte la fase preliminare”.
Critica nei confronti della possibile vendita a spezzatino è la Uilm: “Significherebbe rendere vulnerabili tutti i siti, decretandone la chiusura, a partire da Taranto. Sarebbe una prospettiva insostenibile. Inoltre ribadiamo la necessità di una presenza di garanzia dello Stato nella nuova società”, ha detto il segretario generale Rocco Palombella. “Ora – conclude – vogliamo conoscere nel dettaglio i progetti occupazionali, ambientali e industriali che verranno presentati. Le nostre priorità indissolubili restano ambiente, tutela occupazionale non a tempo, come previsto nel bando, per tutti i lavoratori diretti, dell’appalto e in Ilva as e produzione ecosostenibile”.