Da qualche anno, in agosto, la Regione Lazio pubblica un bando attraverso il portale Efamily. I contributi sono di varia natura e riguardano tutti il servizio sociale: dal buono per l’acquisto di materiale didattico a quello per il nido, dal buono psicologico alle vacanze per i disabili fino all’importantissimo contributo per la non autosufficienza. In particolare quest’ultimo ha dei requisiti di partecipazione tassativi molto stringenti, come giusto che sia. Ogni anno sono richieste le medesime certificazioni per la non rivedibilità della condizione di non autosufficienza. Questo aspetto era stato già in passato un campanello di allarme, un controsenso intrinseco alla norma che costringe il cittadino – anno dopo anno – a dimostrare qualcosa che di per sé è irrevocabile e immutabile.

Questo contributo necessita della assunzione di un assistente, di un badante, di un operatore o comunque di figure indispensabili alla condizione di non autosufficienza. Nonostante lo Stato sia sempre molto attento nel pretendere scadenze, certificazioni, attestazioni, non vedo la stessa correttezza davanti a patologie e condizioni gravissime, come quelle oggetto di questo bando. I fondi sono di natura europea e quindi sono disponibili, fanno parte di un piano di sette anni. Ma quest’anno il bando non è ancora uscito e si rischia di compromettere l’erogazione di fondi giacenti solo per incapacità di gestione e folle burocrazia. Cosa che danneggerà i soliti noti, coloro cioè che non hanno risorse per poter pagare autonomamente il personale.

Mi rivolgo alla Regione Lazio: come mai se questo bando è destinato ai non autosufficienti e i fondi sono stati assegnati, non si riesce ad avere certezza sulla pubblicazione del bando? E perché serve reinserire documenti che attestano una condizione irreversibile? Oltre il danno la beffa. Una continua umiliazione e discriminazione a carico di persone che sono costrette a dimostrare l’ovvio dopo aver certificato che nulla potrà salvarle da condizioni da cui volentieri sfuggirebbero. Ne ho chiesto conto sul sito, la risposta: “Non abbiamo informazioni in merito al nuovo bando. In ogni caso le consigliamo di monitorare regolarmente il sito della Regione Lazio”.

Torna forte e chiaro il messaggio ricorrente di una volontà politica che vuole istituzionalizzare le persone con disabilità affinché la gestione dei fondi ad esse destinati sia distratto tra enti privati e comparati che non garantiscono la libera scelta della persona diversamente abile così come non garantiscono il diritto alla cura e all’assistenza all’interno della famiglia anche quand’essa vuole essere partecipe, attiva, presente.

È gravissimo togliere a una persona in condizione di non autosufficienza il diritto ad essere accudita, curata e assistita come merita e come le è dovuto per legge. È inaudito che una mancanza così grave venga inflitta per mano dello Stato che dovrebbe al contrario tutelare l’individuo e la sua libertà di scegliere. È vergognoso che i rimborsi arrivino perennemente in ritardo, che i bandi escano secondo gli umori di chi non si rende evidentemente conto del danno che produce o ancor peggio non ha interesse verso le persone danneggiate da comportamenti che sono omissivi. Tardare la pubblicazione di un bando così come tardare e rimandare l’erogazione di un contributo influisce direttamente e tragicamente sulla condizione di vita di chi non può avere le autonomie necessarie per difendersi deliberatamente e questo rende il tutto ancor più grave.

Quando il bando sarà pubblicato e dal momento in cui sarà avvenuta la corretta registrazione passeranno mesi prima di ricevere il rimborso che andrà a coprire il periodo che va da giugno 2024 ai successivi 12 mesi. Questo vuol dire che persone non autosufficienti e quindi inabili al lavoro che necessitano di assistenza continua giorno e notte, per ogni giorno dell’anno, e che quindi non hanno risorse proprie e autonome, devono ricorrere alla rete familiare per pagare il personale che gli consenta di rimanere a casa propria con gli affetti. Questo discrimina fortemente le categorie economicamente più fragili che non hanno possibilità di intervenire per far fronte ai contributi mancanti.

Non si può accettare in uno stato civile che solamente persone abbienti possano esercitare il diritto di essere assistite a casa loro e chi invece vive oltre la non autosufficienza anche una condizione di minore capacità economica debba tragicamente e obbligatoriamente essere inserito in una struttura che non rispetta né la scelta della persona né le aspettative che la stessa aveva preventivato all’interno della propria cellula familiare. Sono profondamente indignata da uno Stato che ignora completamente le necessità delle persone più fragili.

Pubblicare un bando quando si tratta di vite umane dovrebbe essere una priorità armata in maniera tale da snellire e facilitare l’accesso a contributi essenziali per la vita stessa. È ora di dire basta a questi soprusi. Bisogna chiedere con forza alla Regione Lazio che questo bando sia pubblicato il prima possibile e che venga riconosciuta priorità e continuità alle persone fin qui assistite che hanno assunto personale che lavora e che come ogni lavoratore ha diritto di essere pagato e di lavorare in condizioni di sicurezza e serenità contrattuale. Passano gli anni, aumentano i contributi ma c’è ancora davvero tanta strada da fare per garantire il diritto di scelta al singolo individuo.

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