Prossime tappe: Lourdes, Međugorje e pure Fatima. Perché delle tante mostre che organizza in Italia non gliene va bene mezza. Vittorio Sgarbi cerca di spostare da Roma a Torino il processo per evasione fiscale per l’acquisto di un quadro e a Imperia finisce direttamente a giudizio per esportazione illecita di opere d’arte, udienza fissata a febbraio. A Macerata è vicina alla chiusura l’indagine sul famoso “Manetti con candela”, quello dell’inchiesta Fatto-Report che è diventata caso giudiziario (e barzelletta mondiale).
Nel frattempo da ogni città dello Stivale in cui si muove e organizza fioccano nuove grane per lui. Si parte dal Nord Italia, fermata da Rovereto, dove l’ex sottosegretario-incompatibile ancora dirige il Museo di arte moderna e contemporanea. A maggio il Fatto rivelò che una mostra sul futurista Iras Baldessarri realizzata al Museo Civico in collaborazione col “suo” Mart era zeppa di falsi. Ad accorgersene fu un esperto vero, Giancarlo Cappelletti, ma dubbi covavano già nelle fasi embrionali del progetto e proprio dentro al Mart, dove un altro esperto aveva inutilmente puntato i piedi per evitare che opere autentiche da prestare venissero associate a quelle dubbie che si voleva esporre a tutti i costi, così da accreditarle e vendere come originali al 100%.
Per Sgarbi il caso era “inesistente”. Bene, appena chiusa la mostra oltre metà dei quadri che erano esposti è stata sequestrata. Sulla scorta di perizie che pochi dubbi lasciano agli inquirenti la Procura di Rovereto ha messo i sigilli a 41 opere su 70 e il Nucleo Tutela Patrimonio di Venezia ha eseguito l’ordine firmato dal procuratore Orietta Canova. Nei guai finiscono il curatore (Maurizio Scudiero), gli organizzatori e e i prestatori – subito difesi d’ufficio dal critico perché d’arte capisce solo lui. Le ipotesi di reato sono di ricettazione e contraffazione.
Per altro i curatori dell’esposizione facevano parte del comitato scientifico della mostra sul futurismo i programma il 30 ottobre alla GNAM di Roma, quella che doveva essere il fiore all’occhiello dell’era Sangiuliano e l’apice del riscatto culturale agognato dalla destra di governo. I loro nomi ora non compaiono più e l’attesissima mostra ha perso metà delle 650 opere previste, tanto da sembrare al più un mostriciattolo.
Ma non è finita qui. E’ dal palazzo del Comune di Urbino che si stacca un’altra tegola. Sempre il Fatto a metà agosto ha rivelato che nella città di Raffaello teneva banco, benché tristemente deserta, una mostra permanente con 28 riproduzioni fotografiche costata 200mila euro, quando un bozzetto originale dell’urbinate viene battuto a 330 mila. Particolarmente onerosa la fattura della società che le ha realizzate, la Haltadefinizione Srl di Modena (Gruppo Franco Cosimo Panini), che fa un prezzo di 91.500, pari a circa 2.615 euro al mq, quando per lavori analoghi il costo non supera i 500. Ma di altri preventivi non c’era traccia.
Sgarbi che è prosindaco della città ha rimbalzato le polemiche al motto “io non c’entro nulla” e ha pure diffidato il nostro giornale dall’accostarlo alla sua organizzazione, essendosi lui limitato a inaugurarla il 28 marzo scorso. Ma quanto è sfortunato, Sgarbi. Giusto due giorni fa l’opposizione in consiglio comunale ha depositato un esposto alla Corte dei Conti con 28 allegati che raccontano tutto il contrario, e con elementi piuttosto netti sul ruolo decisivo del critico che ha scelto quali opere riprodurre. Del resto lo stesso sindaco Maurizio Gambino in aula ammette che sia andata così e c’è pure una mail dell’assessorato alla Cultura che lo conferma, mentre l’assessore Lara Ottaviani arriva a sostenere che Sgarbi “si è occupato solo di indicare dove dovessero essere riposizionate una volta realizzate”. Sgarbi arredatore d’interni per caso, insomma.
Ma ci sono anche altre mostre che Sgarbi ha realizzato in precedenza commissionando riproduzioni proprio ad Haltadefinizione, sempre a Urbino e sempre con affidamento diretto. Nel 2022 erano state acquistate repliche della Pala dei Montefeltro e dei “Ritratti dei Duchi di Urbino” per la mostra “Arte e Potere” curata dal prosindaco Sgarbi, per una spesa di 19.825. E qui viene il bello. Dove diavolo sono ora? Quelle riproduzioni erano tanto belle, importanti e imperdibili che in Comune se l’erano sono perse. Solo dopo varie ricerche vengono individuate in una madia dell’assessorato alla Cultura, tra un faldone-archivio e un piano di valutazione dei rischi. Quello di aver buttato soldi sembra piuttosto una certezza.