La notizia che, dopo l’annullamento del vincolo di interesse storico culturale con cui si è cercato di tutelare il sito delle cave di pomice di Lipari, i liquidatori della Pumex SpA, vecchia società di gestione delle cave, abbiano trovato una società siculo-svizzera interessata a comprare il sito con l’ipotesi di trasformarlo in un potenziale gigantesco hotel a 5 stelle sta preoccupando moltissimo la sezione di Italia Nostra Eolie (più di un km di costa dove insistono vecchi opifici industriali di circa 21.000 mq).

Per fortuna questo sentimento è condiviso anche da altre associazioni, vedi Touring Club Italiano, o imprese come FederCulture, o giornali come il Corriere della Sera che hanno giustamente rilanciato proposte e denunce per cercare di contrastare l’immobilismo della Regione Sicilia e spingerla a dare corso al progetto di musealizzazione di quanto resta a testimonianza della millenaria lavorazione della pomice su Lipari, secondo le indicazioni a suo tempo delineate dall’ex governatore Nello Musumeci.

Che cosa rappresentino per il mondo intero le isole Eolie è dovuto soprattutto all’importanza scientifica della loro origine vulcanica, che comprende non solo le 7 isole principali e i numerosi isolotti emersi, ma anche una serie di strutture sottomarine collegate ad esse. Queste caratteristiche geo-vulcanologiche e gli aspetti naturalistici ed ambientali che ne derivano hanno portato all’istituzione nel dicembre 2000 del sito Unesco, che si estende sulle 7 isole dell’arcipelago e che fanno di questo luogo incantato, già teatro delle mitiche imprese di Ulisse e di Eolo, uno dei siti della World Heritage List più popolari.

Ma l’etichetta Unesco senza un piano e una politica attiva di tutela e valorizzazione rischia solo di favorire interventi speculativi, senza produrre reale recupero, conservazione e manutenzione del paesaggio e del patrimonio naturale, storico, culturale, agricolo e industriale e quindi possibile sviluppo duraturo e positivo per le isole e i suoi 15.500 abitanti. Le presenze turistiche registrate ufficialmente sono di circa 500mila ospiti all’anno – ovvero 32 volte la popolazione residente.

Negli anni passati, grazie anche ad agevolazioni statali (vedi Patti Territoriali delle Eolie per il tramite della Società Sviluppo Eolie Srl partecipata dal Comune di Lipari e oggi fallita), sono state realizzate nuove strutture alberghiere e riammodernate e riqualificate quelle esistenti, aumentando significativamente i posti letto disponibili.
Pertanto, aumentare senza limiti la recettività e puntare sui grandi numeri senza seriamente tentare di destagionalizzare i flussi turistici non può che portare a effetti distorsivi e nocivi per uno sviluppo di media e lunga durata che possa coesistere positivamente con le esigenze di vita delle popolazioni autoctone.

La pomice e la sua lavorazione millenaria rappresentano un pezzo fondamentale della storia e cultura industriale delle isole, dalla protostoria fino al dopoguerra del secolo scorso, favorita non solo dall’operosità degli eoliani ma anche dai fiorenti commerci, incentrati non solo sulla pomice ma anche su tante altre materie prime di origine vulcanica. Una storia che verrà spazzata via se si dovesse decidere di andare avanti con il progetto di acquisizione e potenziale realizzazione del mega hotel 5 stelle.

A Lipari, tra l’altro, esiste un esempio tra i più fulgidi di museo territoriale, il Museo Archeologico Eoliano L. Bernabò Brea. Realtà capace di offrire attraverso la consistenza e la qualità dei reperti archeologici, esposti in modo mirabile, una testimonianza di quanto sia antico l’insediamento umano su queste isole, motivato proprio dalla loro grande ricchezza mineraria, che spinse i primi coloni e le varie ondate che seguirono a sfidare i flutti e popolarle fin dalla preistoria.

Possiamo quindi cancellare i resti di archeologia industriale che testimonia questa storia? Ovviamente no. Puntare su un turismo culturale incardinato sul Museo Archeologico, già esistente anche se poco conosciuto, sul Museo della Pomice e sul Parco Geo-Minerario, da realizzare convintamente e in tempi brevi, è la migliore proposta possibile per modificare la stagionalità del turismo a Lipari e assicurare un futuro sostenibile agli eoliani. In inverno quasi tutto chiude sulle isole, le occasioni di incontro si riducono drasticamente con risultati preoccupanti in termini di disgregazione e disagio sociale, in particolare tra i giovani, e con conseguente progressivo spopolamento.

Il presidente eoliano di Italia Nostra, Angelo Sidoti, denuncia da anni lo stato di abbandono del sito industriale della società Pumex e la situazione di rischio ambientale che rappresenta, soprattutto in località Porticello, dove gli agenti atmosferici, quali vento, sole, pioggia, hanno amplificato l’azione erosiva con rischio di crollo delle Cave e del pontile a mare. Questione aggravata dall’erosione delle coste, come evidenziato negli allarmanti monitoraggi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Il Comune di Lipari ha sostenuto in passato un programma di riqualificazione e recupero sostenibile delle aree di cava e negli anni ha proposto iniziative per creare una sede universitaria distaccata di Geologia e Vulcanologia, oltre a due musei, il Museo Vulcanologico delle Isole Eolie (di cui esiste un padiglione sull’Acropoli, sede del Museo Archeologico) e il Museo Archeologico Industriale della Pomice. Nel complesso industriale, che copre una area di 53 ettari, di cui oltre 21.000mq coperti da edifici, potrebbero anche trovare spazio le sedi del Parco Nazionale delle Isole Eolie e del Parco Geominerario della Pomice, oltre all’Agenzia di Ricerca prevista nel Piano di Gestione Unesco.

La realizzazione di un Parco Geominerario garantirebbe la fruizione di un’area di cava unica al mondo per lo scenario che si può osservare dalla parte più alta del sito, definito da alcuni studiosi come seracchi di un ghiacciaio favoloso. Ma la sentenza di annullamento del vincolo di interesse storico culturale – contro cui la Regione ha pensato bene di non ricorrere – ha ridato slancio alla proposta di acquisto da parte di privati dell’intera area al prezzo di 3 milioni di euro, contro un valore stimato dai liquidatori di 35 milioni.

Italia Nostra Eolie ha più volte interpellato Soprintendenza, Ministero e Regione ma fino ad oggi nulla sembra muoversi per impedire una scelta economicamente, socialmente e culturalmente fallimentare.

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