Giustizia & Impunità

Inizia il processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin: Turetta rischia l’ergastolo. Tutte le tappe del femminicidio e le accuse all’ex fidanzato

Il destino dei tanti femminicidi che insanguinano l’Italia è amaro. Dopo l’indignazione dei primi giorni cala il silenzio, una specie di oblio collettivo. Rimane il nome di una vittima e dell’assassino, qualche ricordo delle circostanze che hanno portato generalmente un uomo ad alzare la mano su una donna. Al momento del processo, qualche anno dopo, un nuovo brivido per la condanna, che finisce ineluttabilmente nelle statistiche. Il caso di Giulia Cecchettin, che entra lunedì – prima udienza alle 9.30 – nell’aula della corte d’assise di Venezia, sembra essere diverso. Per merito del padre e della sorella che da subito hanno voluto tenere alta la soglia dell’attenzione, per non far dimenticare. Papà Gino, in particolare, è diventato un testimonial: ha scritto un libro, ha partecipato a dibattiti e incontri pubblici. Anche per questo, ma soprattutto per le modalità con cui è avvenuto, l’omicidio della studentessa veneziana è diventato uno spartiacque nella narrazione dei femminicidi.

Giulia e la laurea in arrivo
Nel novembre 2023 Giulia Cecchettin ha 22 anni, vive a Vigonovo (Venezia) con il padre ingegnere, la sorella Elena e il fratello Davide. La madre è morta di tumore nel 2022. Per laurearsi in ingegneria biomedica all’università di Padova le manca solo la discussione della tesi. Filippo Turetta è un suo coetaneo e compagno di studi, abita a Torreglia (Padova). I due giovani hanno avuto un legame affettivo, che poi si è interrotto perché lei sentiva troppo opprimente la sua presenza. Ma hanno continuato a frequentarsi, anche perché lui, quasi in preda a un’ossessione, la controlla, vuole passare sempre più tempo assieme. La laurea di Giulia lo sconvolge: “O ci laureiamo insieme o la vita è finita per entrambi”, le scrive in una chat.

L’ultimo incontro
L’11 novembre 2023 è l’ultimo giorno di vita di Cecchettin. Sta preparando il grande momento della laurea. Nel pomeriggio spedisce alla relatrice l’ultima versione della tesi. Turetta la accompagna verso le 18 in un centro commerciale a Marghera per acquistare un paio di scarpe proprio per la discussione. Si fermano a mangiare in un fast food. Poi lui la riaccompagna verso casa. Raggiungono Vigonovo. A poche centinaia di metri dall’abitazione dei Cecchettin comincia il violentissimo litigio. Lui le regala un peluche, un orsetto con un cuore e la scritta “You and Me”. Lei non lo vuole. Spiega a Filippo che è troppo insistente, la loro storia è ormai finita. Poi apre la portiera e cerca di fuggire. Turetta la raggiunge e la riporta dentro. Un testimone sente e vede, chiama il 112, ma intanto l’auto è ripartita. Non viene lanciato l’allarme.

Settantacinque coltellate
La scena si sposta nella zona industriale di Fossò, a cinque chilometri di distanza, dove la Punto nera di Turetta si ferma. A quel punto l’aggressione brutale. Il reo-confesso estrae un coltello e colpisce la ragazza. L’anatomopatologo conterà 75 coltellate. Turetta dirà ai magistrati: “Non avrei mai pensato di farle questo, ecco, ho preso la macchina, l’ho caricata in macchina e poi siamo partiti. Ho provato a scuoterla, a urlarle a voce, ma non rispondeva”. Ha ammesso: “Sono colpevole… Non voleva più i miei regali e aveva iniziato a sentirsi con un altro… Lei stava uscendo dall’auto, io non volevo che se ne andasse e le ho detto che mi sarei suicidato. Ho iniziato a seguirla con un coltello, l’ho colpita a un braccio, ma la lama si è rotta”. Poi rientrano in auto, lui cerca di immobilizzarla con dello scotch, ma lei si libera e scappa di nuovo. Lui la insegue, con un altro coltello. Cecchettin inciampa e cade. “Ho iniziato a colpirla con il coltello e le ho dato una decina, diversi colpi, poi ho smesso perché mi faceva impressione”. Alcune immagini del litigio sono state riprese dalla telecamera di un’azienda. Sono le 23.30.

La fuga in Germania
A quel punto Turetta, con il corpo della vittima in auto, fugge. Raggiunge le montagne del Pordenonese, verso il lago di Barcis. Lì getta il corpo nel bosco e riparte. Le telecamere filmano il passaggio della Punto nel Bellunese. Una fuga senza speranza, senza un obiettivo. “Non ho mai mangiato, non ho mai dormito. Avevo scelto un luogo di montagna perché speravo che la trovassero”. Intanto il ritrovamento di una lama di coltello e del sangue sull’asfalto a Fossò fanno scattare le indagini per sequestro di persona. Viene emesso un ordine di cattura internazionale a carico di Turetta, anche perché l’auto è stata vista superare la frontiera con l’Austria. Il 18 novembre il corpo di Giulia viene ritrovato in provincia di Pordenone. La sera stessa la polizia tedesca individua Turetta nell’auto rimasta senza benzina sull’autostrada A9 tra Bad Durrenberg e lo svincolo Rippachtal. Nella Punto le tracce di sangue rilevate dal luminol raccontano le sequenze di un delitto feroce. Il giovane ha cercato di intontirsi con una bottiglia di Sambuca. Il portacenere pieno di mozziconi. Appiccicata al cambio una foto dell’ex fidanzata. Sul sedile il peluche che le ha regalato poco prima di ucciderla.

I reati da ergastolo
L’accusa formulata dal pubblico ministero Andrea Petroni è di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza e stalking. C’è anche l’occultamento di cadavere, per aver gettato il corpo in un bosco di montagna. Sono reati da ergastolo. La difesa (avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera) non chiederà nemmeno la perizia psichiatrica e citerà solo un teste. L’accusa, invece, una trentina di testimonianze. Parte civile per la famiglia Cecchettin è l’avvocato Stefano Trigani. La corte d’Assise sarà presieduta dal giudice Stefano Manduzio, a latere Francesca Zancan. Filippo Turetta, l’imputato, probabilmente rimarrà in cella, nel carcere del Campone, a Verona.