Società

Medjugorje, nulla osta al culto e ai pellegrinaggi: il segno della rivoluzione del Papa

Una pacata aura di razionalità spira nel documento appena rilasciato dalla Santa Sede a proposito del culto della Madonna a Medjugorje. Segno della svolta impressa da papa Francesco e dal suo braccio destro al dicastero della Dottrina della fede, cardinale Manuel Fernandez.

Il documento, tecnicamente una “Nota” del dicastero, nulla toglie allo slancio di fede dei credenti e al loro bisogno di sentirsi più vicino all’elemento divino; ma al tempo stesso sgombra il terreno da tutto ciò che possa avere il sapore di una paccottiglia medievale. Quarantatré anni dopo le prime apparizioni la Nota esordisce sobriamente: “È arrivato il momento di concludere una lunga e complessa storia attorno ai fenomeni spirituali di Medjugorje. Si tratta di una storia in cui si sono susseguite opinioni divergenti di vescovi, teologi, commissioni e analisti”.

E nel segno di questa medesima sobrietà stabilisce alcuni punti fermi, parlando sistematicamente di “presunti veggenti”, “presunti messaggi”, “presunti fenomeni soprannaturali”. Così come viene sottolineato sin dai primi paragrafi che i frutti spirituali del fenomeno non esigono necessariamente che gli attori siano moralmente perfetti, mentre non va nascosto che la trasmissione di alcuni dei cosiddetti messaggi sia avvenuta con un “linguaggio mistico impreciso e in definitiva incorretto dal punto di vista teologico”.

Cosa conta allora? Il risveglio di fede, che si registra in tanti che partecipano ai pellegrinaggi, l’abbandono di una vita religiosa superficiale e la ripresa di una intensità di partecipazione, l’avvicinarsi alla fede di molti che ne erano lontani, lo stimolo alle vocazioni sacerdotali. Conta insomma la storia delle persone. Qui si coglie una caratteristica di papa Francesco, che ha sempre criticato l’idea di una Madonna-postino che a date fisse recapita i suoi messaggi, ma che da sempre – per sua formazione ed esperienza – condivide il ritmo della religiosità di popolo. Conta insomma che per oltre quattro decenni i pellegrinaggi a Medjugorje siano diventati un momento di riflessioni di fede al di là delle beghe tra francescani e vescovi locali, al di là degli eventuali esibizionismi dei veggenti, al di là del mercato che si è sviluppato intorno alla piccola (un tempo sperduta) località della Bosnia-Erzegovina.

Dunque Nihil obstat al culto e ai pellegrinaggi. La formula latina è il segno della rivoluzione che papa Bergoglio ha portato in questo campo e che il cardinale Fernandez ha tradotto in norme chiare e semplici. Non ci si dovrà più estenuare in Vaticano in lunghe, complesse e a volte bizantine procedure per stabilire che un evento è soprannaturale, come accadeva in passato. La questione è stata rovesciata. Roma stabilisce soltanto che un culto, sorto per eventi che hanno colpito l’animo popolare per la loro straordinarietà, rappresenta e stimola una “esperienza spirituale” limpida, trasparente, in sintonia con i principi basilari del credo cristiano.

Dunque al Vaticano non spetta più proclamare ufficialmente che un evento è soprannaturale (Constat de supernaturalitate): il dicastero per la Dottrina della fede indicherà soltanto se nulla ostacola un culto oppure se – con varie gradazioni – bisognerà vigilare sui personaggi e gruppi coinvolti, su eventuali errori di fede, su fini di lucro o atteggiamenti immorali. In tal caso il Vaticano interverrà per sconsigliare o proibire. Fino alla pubblica sconfessione come nel caso della cosiddetta madonna di Trevignano: Non constat de supernaturalitate. E’ cialtroneria. Così stabilisce il documento pubblicato dal cardinale Fernandez nel maggio scorso.

La Nota su Medjugorje è figlia di questa impostazione. Si supera così il faticoso slalom, cui aveva ancora dovuto sottoporsi la commissione istituita dal cardinale Ruini ai tempi di papa Ratzinger, la quale aveva espresso parere positivo sulle prime apparizioni e forti dubbi su quelle successive. Ora gli aspetti miracolistici rimangono nella sfera del “presunto”, dunque dello stato d’animo individuale. La cosa importante è invece la credibilità delle pratiche di fede e del rinnovato spirito religioso (se si verifica).

Una ventata di aria rinfrescante. Il documento ricorda che si va a Medjugorje non per vedere i veggenti ma per avvicinarsi a Dio. Ai fini della conversione personale, ai fini del rafforzamento dello spirito di pace tra le persone di etnie e religioni diverse, ai fini di un ritorno ad una partecipazione convinta alla messa.

C’è un aspetto nel documento del dicastero per la Dottrina della fede, che lo rende puntuale nell’attuale momento sociale. Proprio in un momento in cui nelle nostre società occidentali si diffondono sempre più – favorite particolarmente dai social media – le credenze irrazionali, “magiche”, cospirazioniste, il pontificato di Francesco spinge nella direzione opposta. Credere non significa abbandonarsi ai fantasmi di eventi miracolistici e a “voci” che sembrano venire dall’alto; credere significa (o dovrebbe significare) seguire il messaggio di Cristo, prendersi cura dell’Altro e cambiare rotta rispetto al proprio narcisismo.

E’ la scommessa su cui punta il documento di Fernandez, che non a caso si chiude con la preghiera di Francesco in piazza di Spagna alla festa dell’Immacolata l’8 dicembre del 2022: “Madre Nostra… (che) sull’odio vinca l’amore, sulla menzogna vinca la verità, sull’offesa vinca il perdono, sulla guerra vinca la pace”.