La visita ufficiale che il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha compiuto nei giorni scorsi in Asia Centrale era attesa soprattutto per i possibili accordi che avrebbe potuto portare sul fronte energetico. O, in seconda battuta, per le eventuali novità rispetto al conflitto in Ucraina. Su quest’ultimo aspetto non sono mancate dichiarazioni roboanti – il presidente kazaco Kassym-Jomart Tokayev ha definito la Russia “invincibile” dal punto di vista militare – ma l’attenzione si è concentrata soprattutto su un’intesa siglata dal leader tedesco e quello uzbeco, Shavkat Mirziyoyev, a Samarcanda. Nella città il cui nome fa subito venire in mente l’incrocio di culture, popoli e tradizioni, Germania e Uzbekistan hanno messo nero su bianco un patto bilaterale che riguarda la sfera migratoria. In sostanza, Berlino vuole favorire allo stesso tempo sia l’arrivo di lavoratori qualificati dalla repubblica centro asiatica, che può contare su oltre 35 milioni di abitanti, sia la semplificazione delle operazioni di rimpatrio dei migranti illegali che si trovano sul suolo tedesco.

Soprattutto quest’ultimo punto è di grande rilevanza, in particolar modo se si osservano con attenzione i numeri a cui fare riferimento e contestualmente il momento politico che sta attraversando la Germania. Detto che alcune stime indicano in circa 14mila i cittadini uzbechi presenti nelle città tedesche, è chiaro come Scholz si sia speso per l’accordo pensando ad altri gruppi di migranti. Primo fra tutti quello dei rifugiati provenienti dall’Afghanistan: attualmente si conterebbero circa 320mila richiedenti asilo di nazionalità afghana, il più grande gruppo etnico in Germania alla ricerca di accoglienza dopo quello ucraino e siriano.

Nelle ultime settimane il governo guidato dal leader socialista si è reso protagonista di un giro di vite sui migranti illegali, soprattutto afghani, a seguito anche dei recenti attacchi che hanno interessato alcune città tedesche. A fine agosto, grazie alla mediazione del Qatar visto che Berlino non ha rapporti diplomatici con la Kabul a guida talebana, è decollato da Lipsia il primo aereo verso l’Afghanistan con a bordo 28 cittadini del Paese asiatico su cui pendeva un decreto d’espulsione. Contestualmente, a metà settembre è scattato il controllo delle frontiere terrestri da parte delle forze di polizia tedesche, di fatto una sospensione della libera circolazione sancita dagli accordi di Schengen.

Ecco allora che l’intesa con l’Uzbekistan potrebbe garantire a Scholz un canale facilitato di rimpatrio degli afghani espulsi: il cancelliere tedesco si è spinto a definire l’accordo siglato a Samarcanda “un mattone di un muro più grande che dobbiamo erigere”, riferendosi alla stretta anti-migranti. La stessa ministra degli Interni di Berlino, Nancy Faeser, presente durante il viaggio in Asia Centrale, ha confermato la volontà di rimpatriare un numero maggiore di migranti illegali afghani, sottolineando anche la necessità che la Germania accresca le collaborazioni in tal senso con Paesi terzi.

Come detto, a pesare è anche l’attuale situazione politica tedesca e le prossime tornate elettorali, di cui una ormai alle porte. Domenica 22 settembre si tengono infatti le elezioni per il rinnovo del Parlamento in Brandeburgo, lo Stato che circonda la capitale Berlino senza però comprenderla. Si tratta di uno dei passaggi più delicati degli ultimi mesi per il governo guidato da Scholz, considerando che gli appuntamenti elettorali che si sono di recente tenuti in Turingia e Sassonia hanno certificato la fortissima crescita del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) e la crisi dei partiti cosiddetti tradizionali. Oltretutto, il Brandeburgo è storicamente una roccaforte per il Partito Socialdemocratico tedesco (Spd) e un’eventuale sconfitta rappresenterebbe un colpo particolarmente duro da assorbire. Qualora l’Spd venisse esclusa dal governo regionale sarebbe la prima volta dalla riunificazione della Germania nel 1990.

Anche a causa dell’acceso dibattito che si sta tenendo in Germania sul tema delle migrazioni illegali, AfD è dato in testa nei sondaggi, seppur con un margine risicato: alcune rilevazioni lo danno infatti al 29%, contro il 26% dell’Spd. Come altri Paesi dell’Eurozona, anche la Repubblica tedesca è alle prese con una situazione duplice: da un lato, un crescente sentimento anti-migranti in larghe fasce della popolazione, alimentato anche dai movimenti estremisti; dall’altro, la necessità di attrarre forza lavoro dall’estero per sostenere un’industria nazionale in fase di rallentamento ma ancora florida, almeno in alcuni settori. Anche a causa delle difficoltà di trovare manodopera internamente per via dell’invecchiamento della popolazione tedesca.

Oltre all’accordo concluso in Uzbekistan per favorire l’afflusso di lavoratori qualificati, il governo tedesco negli ultimi mesi ha siglato altre intese simili con paesi come l’India, la Georgia, il Marocco e il Kenya. Starà agli elettori del Brandeburgo decidere se premiare l’azione del governo Scholz oppure mandare un ulteriore segnale di spostamento a destra del baricentro politico tedesco.

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