Le immagini di rami, tronchi e detriti che hanno ostruito il ponte ferroviario sul fiume Lamone (nel Comune di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna) hanno fatto il giro del web e sono state rilanciate da tv e giornali. Quel tappo di legna accumulata sotto il ponte è stata, infatti, una delle principali cause dell’esondazione del fiume che ha colpito le zone vicine. E per i partiti di destra, quelle immagini sono state l’occasione per attaccare la Regione. Lo ha fatto anche la candidata del centrodestra alle prossime elezioni regioni: “Non sono stati tolti i tronchi dai fiumi, non sono stati aperti gli archi dei ponti. Si sono rotti gli argini negli stessi punti dell’alluvione del 2023″, ha attaccato Elena Ugolini sottolineando che “in questi 54 anni da quando è nata la Regione non è stato fatto un piano di governo delle acque serio”. A questo si aggiunge un finanziamento regionale “temporaneamente stornato” e la questione è diventata, pertanto, un caso politico.

I problemi del ponte – Ma la vicenda del ponte sul Lamone, in realtà, è molto più complessa e chiama in causa – oltre la Regione – anche il governo nazionale, il commissario Figliuolo e Rfi. Basta dare uno sguardo alle testate locali per constatare che già dopo l’alluvione dello scorso anno si sono susseguite una petizione dei cittadini, un’interrogazione al ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, e diversi appelli delle amministrazioni locali al governo e a Rete Ferroviaria Italiana. La richiesta era la stessa: la sostituzione dell’infrastruttura ferroviaria con un nuovo ponte rialzato completamente fuori dal fiume, eliminando così anche il pilone centrale. Questo per evitare il blocco del normale flusso del fiume e possibili inondazioni.

La petizione nel 2023 – “Per ridurre il rischio idraulico di esondazione, è necessario aumentare l’altezza del ponte ferroviario sulla linea Ravenna-Castel Bolognese, in modo da garantire una sezione idraulica adeguata al deflusso delle acque del fiume Lamone in regime di portata critica ed in caso di eventi meteorologici eccezionali da calcolare con nuovi dati meteoclimatici aggiornati”, si legge nella petizione sottoscritta da oltre 3.400 cittadini. Raccolta firme “Lamone Libero” che era stata consegnata a novembre del 2023 all’allora sindaca di Bagnacavallo, Eleonora Proni, e al presidente della Provincia e sindaco di Ravenna, Michele de Pascale (attuale candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione). “A seguito delle due rotture dell’argine del Lamone nei pressi del ponte e della legittima preoccupazione di famiglie e imprese, come Amministrazione nei mesi scorsi abbiamo già chiesto a Rfi, Governo e commissario Figliuolo un intervento di adeguamento“, scriveva su Facebook quel giorno Eleonora Proni.

“Dal governo nessuna risposta” – “Da quando abbiamo inviato quella richiesta, il Governo non ci ha mai incontrato“, spiega oggi a RavennaToday Caterina Corzani, attuale vicesindaca di Bagnacavallo: “Abbiamo consegnato la petizione al presidente della Provincia de Pascale, che a sua volta l’ha inoltrata ai tavoli della struttura commissariale e della Regione, ma da lì non abbiamo mai ricevuto informazioni in merito. In precedenza – ha aggiunto – avevamo anche inviato una richiesta a Rfi: non so se tra Rfi e la struttura commissariale ci siano stati contatti, ma immagino di no”. Per Francesco Ravagli, assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Bagnacavallo, “dovrebbero essere il Ministero per le Infrastrutture e la struttura commissariale ad avere competenze e le modalità per finanziare e risolvere questa grave criticità. Noi, come amministrazioni locali, abbiamo cercato di fare pressione, più e più volte”, ha sottolineato a Romagnanotizie.

L’interrogazione al ministro Salvini – Il 20 ottobre 2023, tra l’altro, la deputata del Pd Ouidad Bakkali aveva presentato un’interrogazione in commissione Trasporti al ministro Salvini. Ricostruendo quando avvenuto pochi mesi prima con la rottura dell’argine del fiume Lamone, Bakkali ricordava la comunicazione inviata dalla sindaca di Bagnacavallo a Rfi e per conoscenza al Ministero delle Infrastrutture e dei Traporti, così come la lettera del 22 agosto dei sindaci della Bassa Romagna al Commissario Francesco Paolo Figliuolo. Per questo la deputata dem sottolineava che “il ponte ferroviario può essere stato concausa più o meno diretta del verificarsi della rottura arginale sulla sinistra idraulica per ben due volte e può rappresentare oggettivamente ancora ad oggi una fonte di pericolo in caso di forti piene del fiume Lamone”, e chiedeva al ministro Salvini di “sollecitare Rfi affinché predisponga in tempi rapidi e con la massima urgenza un progetto esecutivo, con lo stanziamento dei relativi fondi, in grado di consentire la sua cantierizzazione in tempi brevi e risolvere in maniera definitiva il problema di sicurezza che il ponte ferroviario di Boncellino rappresenta per la comunità bagnacavallese”.

I rami e i tronchi – A chiarire eventuali responsabilità sarà la Procura di Ravenna: il pm Francesco Coco ha compiuto un primo sopralluogo a Traversara, che potrebbe essere l’anticamera dell’apertura di un fascicolo come già accaduto per la precedente alluvione. Bisognerà chiarire anche da dove provenivano i tronchi finiti sotto il ponte. Alcuni parlano di legna di risulta del disboscamento non rimossa, ipotizzando il mancato controllo sui lavori svolti dalle ditte incaricate. Per Marco Bacchini, direttore responsabile dell’Ufficio Territoriale di Ravenna dell’Agenzia regionale di Protezione civile, “quando si verifica un evento di dimensioni importanti è purtroppo normale che a valle ci sia un forte trasporto di materiale vegetale. La quantità di materiale accatastata nell’alveo del fiume Lamone, in cui il Marzeno confluisce, è dunque una conseguenza dell’evento meteorologico che si è verificato. La criticità – conclude – è stata data dall’interferenza del ponte del Boncellino, accentuata dalle pile in alveo, che di fatto ha creato un ostacolo per il normale deflusso dei detriti”.

I finanziamenti della Regione “spariti” – A puntare il dito contro la Regione c’è anche un articolo de La Verità che evidenzia come nel febbraio 2023 l’ente “ha deliberato il posticipo di interventi strutturali fondamentali per la messa in sicurezza del fiume Lamone”, che includevano il tratto di argine a Traversara. Fondi spostati su altre opere come la sistemazione del nodo idraulico di Parma e Colorno. In particolare, il “Progetto di messa in sicurezza delle località Mezzano, Villanova e Traversara”, cui era stato assegnato un importo di 1,2 milioni di euro, è stato diminuito di 933.146 euro. Immediata la replica della Regione Emilia-Romagna che in una nota ha fatto sapere di non avere “mai pensato di definanziare gli interventi di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza idraulica del fiume Lamone”. Le somme erano state “stornare momentaneamente” – con un “percorso condiviso con il Ministero dell’Ambiente” – “sul cantiere della Cassa del Baganza (Pr) che rischiava la chiusura per mancanza di liquidità, dovuta all’impennata dei costi dei materiali a seguito del conflitto bellico in Ucraina”. La regione sottolinea però che “al progetto sul Lamone erano state comunque garantite le risorse per la progettazione degli interventi. Poi, dopo pochi mesi con un atto successivo, il finanziamento è stato integralmente riproposto per la somma di 1,2 milioni di euro”.

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