“Dobbiamo passare da un sogno di pace a una realtà di pace”. È questo il messaggio lanciato da 16 Nobel per la Pace nel corso della XIX edizione del Summit Mondiale dei Premi Nobel per la Pace che si è tenuta dal 18 al 21 settembre a Monterrey, in Messico. L’evento, intitolato Pace per il Progresso: La Strada per la Prosperità collettiva è stato caratterizzato da panel, conversazioni e forum che si sono susseguiti nel corso di quattro giornate, attraverso le quali premi Nobel, leader ed esponenti di organizzazioni internazionali hanno conversato ed elaborato nuove prospettive per migliorare il tessuto sociale e generare una nuova architettura di pace globale. Tra i Nobel presenti alla conferenza: gli ex presidenti della Polonia e del Costa Rica, Lech Walesa e Oscar Arias, l’avvocata iraniana Shrin Ebadi, la giornalista e attivista yemenita Tawakkol Karman, Leymah Gbowee, l’attivista Rigoberta Menchù, Ira Helfand,Kailash Satyarthi, Lee Hoesung, Giovanni Lepri, Peter Grohmann, Ruth Mitchell, Mohamed Mahfoudh, Olivier Dubois, Houcine Abassi, Joyce Ajlouny. Gli esperti hanno dialogato per promuovere lo sviluppo della società e la fine dei conflitti. “Per raggiungere tale obiettivo però – si legge nel documento redatto dal World Peace Summit – gli esponenti dell’organizzazione partono da un assunto fondamentale: è necessario identificare e ridurre le lacune dell’attuale architettura globale.”

L’evento, seguito anche in differita, ha attirato più di 20mila partecipanti. Tra i temi affrontati: lo studio dell’impatto e del costo economico, umano e ambientale delle recenti guerre e l’analisi della minaccia di un conflitto nucleare. Sulla base del documento conclusivo del Summit, si legge: “Noi sottoscritti Premi Nobel riaffermiamo la nostra convinzione che la guerra è uno strumento inaccettabile della politica governativa e che le controversie devono essere risolte tramite diplomazia e negoziazione in conformità con il diritto umanitario internazionale.”

Gli esperti, con la consapevolezza di essere di fronte a uno scenario globale in bilico, condannano fermamente l’uccisione indiscriminata di civili durante i conflitti e reclamano un cessate il fuoco in Ucraina, dove si richiede il ritiro delle forze russe e la fornitura di adeguati aiuti umanitari, e a Gaza, dove viene riaffermato il principio di autodeterminazione nonché il ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati. “Questi scenari di guerra – si legge – comportano il potenziale per un’escalation verso una guerra nucleare che causerebbe un disastro umanitario permanente. Invitiamo dunque i nove Stati dotati del nucleare a impegnarsi a non utilizzare le loro armi e ad avviare negoziati per un accordo esecutivo e vincolato nel tempo per eliminare del tutto i loro arsenali ai sensi dei trattati internazionali vigenti in materia.”

Durante il suo intervento, l’ex presidente del Costa Rica Oscar Arias Sanchez, premio Nobel per la pace nel 1987 per il suo lavoro per la pace in America Centrale, si è chiesto come sia possibile che gli esseri umani, pur consapevoli della pericolosità delle armi nucleari, continuino a investire milioni di dollari per la loro produzione: “Nutriamo la pancia delle armi più che lo stomaco dei bambini. Promuoviamo nuovi soldati invece di nuovi medici. Abbiamo il dovere di cambiare la priorità dei governi”. E infine Shirin Ebadi, la prima donna iraniana a diventare giudice della Corte di Giustizia, premio Nobel per la pace nel 2003, ha evidenziato la differenza di sviluppo tra diverse aree del mondo e “l’inefficienza delle Nazioni Unite“: “Ci sono 59 guerre in corso e questo accade anche a causa del divario tra ricchi e poveri, a livello nazionale ed internazionale. Non c’è giustizia sociale senza sviluppo e democrazia“.

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