Più protezione, meno distrazioni e la lotta a un vero e proprio fenomeno di alienazione. Da pochi giorni, Meta ha annunciato una stretta sugli account Instagram dei minori, prendendo diversi provvedimenti tra cui, ad esempio, la limitazione dell’accesso a ‘contenuti sensibili e violenti e l’avviso della permanenza sulla piattaforma per più di 60 minuti. Troppa la preoccupazione generale, numerose le accuse contro una tecnologia che crea dipendenza, danneggiando la salute di bambini e adolescenti. Che i social siano pericolosi, è l’opinione di molti.
Contro ogni previsione, lo pensano anche i nativi digitali. Come riporta il New York Times, secondo un sondaggio condotto dallo psicologo sociale Jonathan Haidt, che studia l’effetto degli smartphone e dei social sulla salute mentale, il 45% della Generazione Z – coloro che hanno tra i dodici e i venticinque anni – sarebbe contraria a regalare un cellulare ai figli prima della scuola superiore. E non è tutto. Stando sempre ad Haidt e a un sondaggista dell’Harris Poll, Will Johnson, pochissimi rimpiangerebbero l’assenza di YouTube (15%), Netflix (17%) e Internet (17%), delle applicazioni di messaggistica (19%) e degli smartphone (21%), preferendo che i social non fossero mai esistiti. Le percentuali sono molto significative: il 34% della Gen Z non vorrebbe Instagram, il 37% Facebook, il 43% Snapchat e il 47% TikTok. Insoddisfazione generale per X (il vecchio Twitter), respinto dal 50% dei più giovani.
Ma oggi, nell’era della rete e della connettività, fare a meno dei social sembra un’utopia. Tra coloro che hanno scelto di vivere senza, anche la scrittrice Zadie Smith. “Le opinioni degli altri sono importanti per me, come sono sicura che siano importanti per tutti. Il pensiero di essere esposta a queste opinioni ogni secondo di ogni giorno, di dover presentare la mia vita ad altre persone in una forma diversa da quella che esiste ogni giorno, come una presentazione mediatica: non riesco a immaginare come sarebbe la mia mente, come sarebbero i miei libri, come sarebbero le mie relazioni, come sarebbe il rapporto con i miei figli”, dichiara, intervistata dal giornalista Ezra Klein.
Di possedere uno smartphone, lei non ne vuole sapere. Non demonizza la tecnologia, ma mette in guardia sulla consapevolezza degli effetti che ne derivano. “Tutti i media ti modificano. I libri ti modificano, la televisione ti modifica, la radio ti modifica. La vita sociale di un villaggio del XVI secolo ti modifica. Ma la domanda diventa: da chi vuoi essere modificata e in che misura? – si chiede –. Quando guardo le persone che hanno progettato queste cose: cosa vogliono, quali sono i loro obiettivi, cosa pensano che un essere umano sia o debba essere…. Questi marchingegni non sono degni degli esseri umani che conosco e che amo”. E in effetti dal 2008, anno in cui le piattaforme social hanno cominciato a diffondersi, le persone che conosce sono in qualche modo cambiate.
Secondo la scrittrice, se il fenomeno non fosse totalizzante, non ci sarebbe da preoccuparsi: “Tutti i mezzi di comunicazione in passato hanno avuto una capacità di catturare l’attenzione parziale. Quello che mi sconvolge e che penso sia il cambio di paradigma è che questo è totale – afferma angosciata –. Quando salgo su un treno al mattino e guardo una carrozza, non c’è una sola persona che alzi lo sguardo dai propri telefoni. Questa è la mia domanda: cosa succede quando ci sono tutti? E non si tratta solo di un mezzo di comunicazione, ma anche del modo in cui si lavora e si vive. Cosa succede quando si entra nel mezzo di comunicazione e la propria vita è strutturata in questo modo?”.
Il pericolo esiste davvero. Oggi, la tecnologia influisce sempre più sulla vita di ognuno, talvolta suggerendo come agire e come pensare. Facilita alcune operazioni, altre le automatizza o le impone, con i pro e contro del caso. Per questo motivo, Smith ha etichettato gli smartphone come “sistemi di modifica del comportamento”. L’obiettivo, quindi, è sfruttare la rete e le nuove tecnologie nel miglior modo possibile, ricordando di non farsi sopraffare. Perché le macchine non potranno mai sostituire il sistema di valori umani.