A dieci anni dall’inaugurazione della Brebemi, la A35 che collega Brescia, Bergamo e Milano, il bilancio della sua inefficacia e del suo impatto ambientale è ancora al centro del dibattito pubblico.
Si è realizzata una autostrada di 62 km, quando per l’Autorità di Regolazione Trasporti (delibera 70/2016) e per gli economisti del settore gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali sono per tratte superiori a 180 km.
Nel caso di Brebemi, vi sono significative inefficienze di costo, fortemente crescenti al ridursi dell’estesa. Due proroghe della concessione di 6 anni l’una e un contributo pubblico di 320 milioni (260 milioni dallo Stato e 120 milioni dalla Regione Lombardia) hanno salvato l’autostrada dal default. Sono questi i tratti distintivi di quello che era stato definito il primo Project financing italiano (con i ricavi dei pedaggi pagheremo il debito contratto e remunereremo gli investitori).
Il finanziamento a Brebemi di 1,7 miliardi era stato concesso dalla Bei e dalla Cassa depositi prestiti, due Istituti di credito pubblici, quando l’azionariato era in mano agli Enti locali e alle Camere di commercio. La provvista è stata gestita da un pool di banche (Banca Intesa capofila) che poi, nel 2019, è diventata azionista di maggioranza dopo essersi rinegoziata il debito.
Banca Intesa infatti pagava e si riscuoteva il debito fino all’ingresso in Autostrade Lombarde, società che controlla Brebemi con il 75%, degli spagnoli di Aleatica (controllati da un fondo americano). Il Project Financing (PF) costituisce una forma di finanziamento delle opere pubbliche fondata sull’utilizzo di risorse alternative a quelle statali.
Quello di Brebemi non è un PF. Le previsioni di traffico erano state sovrastimate e i costi sottostimati. Con contributi pubblici, due estensioni della concessione a contratto fatto e una lunghezza della rete, platealmente ben lontana dall’essere ottimale, si è voluta realizzare comunque l’infrastruttura. Autorizzata oltre che dalla regione da un Ministero dell’Economia e da uno dei Trasporti incapaci di regolare il settore autostradale da sempre e di orientarlo su indirizzi efficienti, sulle priorità manutentive e non su nuove e inutili tratte autostradali (è il caso della Teem, della Brebemi e della Pedemontana Veneta).
La Brebemi è nata proprio mentre le capacità di trasporto, con l’alta velocità ferroviaria sulla tratta Milano Brescia, stavano crescendo con un altro grande investimento pubblico e con la quarta corsia dell’A4, allora gestita dai Benetton. I soldi pubblici prestati dovranno ora essere restituiti dagli spagnoli, che sono entrati nel mercato italiano con una prospettiva a lungo termine. Comunque ad Aleatica sarà garantito il reinserimento del valore di subentro a fine concessione pari a 1.205 milioni. Ad Aleatica interessa entrare nel cuore del mercato della logistica italiana, cavalcare la prospettiva immobiliare delle piattaforme logistiche.
Quello di Brebemi è stato un sacrificio ambientale spropositato rispetto all’interesse pubblico che i pochissimi veicoli rappresentano (26.000 giornalieri nel 2023 contro i 120.000 della parallela A4). L’impatto sullo sviluppo economico e occupazionale dichiarato da Brebemi si basa su un presupposto sbagliato. Il grande mercato della bassa padana e della fascia prealpina è nato prima di Brebemi, così come la grande distribuzione e l’e-commerce. Dunque le 84 nuove logistiche nate negli ultimi anni sono sorte vicine alla Brebemi ma anche all’A4 e alla SS1 per riempire gli scaffali delle centinaia di supermercati che avevano già invaso i territori e ucciso il commercio locale.
Lo sviluppo si è basato sull’A4 e sul consistente reticolo di strade comunali, provinciali e statali. Evidente che i valori immobiliari siano cresciuti a tutto vantaggio dei fondi e degli operatori del settore che oggi determinano, per la gioia di Salvini, lo sviluppo caotico dei territori, anziché essere Comuni e Province protagonisti del loro futuro sostenibile.