È iniziato il processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin, la studentessa massacrata dal fidanzato, Filippo Turetta, con cui aveva interrotto la relazione. “Farò in modo di partecipare al processo solo quando è necessario, spero che finisca presto” sarebbe state, secondo LaPresse da fonti accreditate, le parole Turetta, 22 anni. Il giovane rischia l’ergastolo: deve rispondere di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. “Il mio pensiero va alla mia famiglia, a mio fratello e ai miei genitori, che vengono continuamente fermati dai giornalisti” avrebbe detto l’imputato. Frasi che stupiscono la difesa: “È detenuto e non rilascia interviste o dichiarazioni: mi pare inverosimile che abbia detto che pensa solo alla sua famiglia e che vengano riportate sue frasi” afferma all’Adnkronos Giovanni Caruso difensore di Turetta. “Filippo pensa a quello che è successo, avrà modo di maturare fino in fondo l’accaduto” conclude l’avvocato.

Turetta assente – Giulia Cecchettin fu uccisa con 75 coltellate, nel novembre 2023, in un parcheggio a Fossò. Il suo cadavere fu poi gettato in un canalone. L’imputato non è in aula ma “è possibile” che prima o poi partecipi come ha spiegato l’avvocato Giovanni Caruso. “È una sua libera scelta” non essere in aula “senza che vi sia alcuna mancanza di riguardo e di rispetto, ma il clamore mediatico in questa prima udienza gli ha suggerito di non essere presente. È detenuto e sta scontando ed espiando la sua pena. Sarà una pena consistente importante, una pena di giustizia che deciderà la Corte d’Assise di Venezia”. L’imputato “verrà in aula e sarà pronto a rispondere a tutte le domande anche per onorare la memoria di Giulia. Filippo pensa a quello che è successo, avrà modo di maturare fino in fondo l’accaduto”.

Il procuratore – “Il processo è sulle responsabilità personali. È un processo non al femminicidio, ma solo a Filippo Turetta – ha detto il procuratore di Venezia Bruno Cherchi, che ha assistito all’avvio della prima udienza – Non è uno studio sociologico ma un accertamento delle responsabilità. Il processo si deve svolgere nelle aule di Tribunale, nel rispetto anche dell’imputato. La spettacolarizzazione di questi eventi che colpiscono l’opinione pubblica per la loro gravità non deve scalfire i diritti dell’imputato. Sarebbe grave se Filippo Turetta non partecipasse a un processo pubblico, a cui ha il diritto di partecipare e difendersi, per questa pressione (mediatica, ndr) che c’è stata fin dal primo momento”.

Il padre della vittima – È in aula invece il papà di Giulia, Gino Cecchetin, che non ha voluto parlare con i giornalisti, “è prematuro” ha detto soltanto. “Filippo Turetta avrebbe dovuto metterci la faccia. Sarebbe stato giusto che fosse in aula. Se io fossi Turetta sarei stata presente, nonostante tutto, però ognuno la pensa in modo suo” ha detto Carla Gatto, la nonna di Giulia Cecchettin. “Non ho paura di un confronto con Turetta, perché dovrei? Il danno ormai lo ha fatto. È una sua scelta esserci o non esserci in aula, non sta a me giudicare. Io a Filippo Turetta non avrei nulla da dire – dice Cecchettin -. Non mi auguro alcuna vendetta né un trattamento di favore ma solo quello che prevede la legge. Sono sicuro che la giuria e i giudici sapranno giudicare con correttezza. Ho piena fiducia e la pena giusta sarà quella che la giuria deciderò di comminare. Quello che deciderà la giuria per me va bene. Sentire quello che è successo, rinnova il mio dolore.

“Non so se ci sarò alle prossime udienze. Oggi è un giorno di grande dolore – ha aggiunto – come tutti gli altri giorni del resto. Stamattina a casa non ho parlato del processo, ho salutato tutti come ogni giorno e sono venuto qui” dove “sono sicuro che il Giudice, il collegio, sapranno ben giudicare quanto è successo con la pena giusta che sarà stabilita dalla giuria”. “Non mi interessa – ha quindi proseguito – se sarà un processo veloce o lungo, anche se per me è uno stillicidio, non sto assolutamente bene: ogni giorno penso a Giulia. “I Turetta non li sento da tempo – ha poi rilevato -, non c’è rancore, tutti abbiamo le nostre colpe. Se mi scrivono io rispondo sempre. L’ultima volta che li ho sentiti risale a molto tempo fa, quando sono uscite le indiscrezioni sull’interrogatorio di Filippo in carcere. Ora porto avanti la battaglia che ha iniziato mia figlia Elena – ha concluso Gino – con la Fondazione che si basa sui valori di Giulia”.

A presiedere la Corte il giudice Stefano Manduzio. Nel dibattimento è previsto un solo testimone per la difesa, l’anatomopatologa Monica Cucci, che prese parte all’autopsia della vittima, mentre sono una trentina, tra parenti, amici e investigatori, quelli dell’accusa sostenuta dal Pm Andrea Petroni. Cinque associazioni hanno chiesto la costituzione di parte civile e l’udienza è stata sospesa e aggiornata alle 12 per consentire l’esame delle istanze.

La parti civili – Oltre alle parti civili rappresentate dai familiari di Giulia Cecchettin, il padre Gino, lo zio, la nonna, i due fratelli della ragazza, Elena e Davide, hanno chiesto di essere iscritte le associazioni “Penelope”, “Differenza donna”, “Punto Ups”, “Prevenzione ‘Marianna” e “I care you care”, oltre ai Comuni di Vigonovo, dove Giulia viveva, e di Fossò, dove è avvenuto l’omicidio. Il collegio giudicante è formato da sei uomini, tra cui il presidente, e quattro donne, tra cui la giudice a latere. Giovanni Caruso, legale di Turetta, ha chiesto che vengano respinte come parti civili tutte le associazioni perché, ha spiegato, “il processo non può diventare un vessillo di questi soggetti“, ed ha aggiunto di non capire “la ratio della costituzione dei due Comuni”. “Un milione di euro è quanto abbiamo stimato possa essere un rimborso che Filippo Turetta dovrà alla famiglia di Giulia” ha detto l’avvocato Nicodemo Gentile che tutela la parte civile Elena Cecchettin, sorella di Giulia. “La stima – ha precisato – si basa sulle tabelle della Giustizia”.

I giudici hanno ammesso come parte civile solo i familiari di Giulia Cecchettin – il papà Gino, i fratelli Elena e Davide, lo zio Alessio e la nonna -, hanno invece respinto la costituzione di tutti gli altri. La corte non ha ravvisato il danno diretto rispetto all’omicidio. Nell’atto di richiesta di costituzione di parte civile Gino Cecchettin, rappresentato dall’avvocato Stefano Tigani, ha indicato la cifra di circa un milione di euro come richiesta di risarcimento danni. La sentenza sarà letta dopo le eventuali repliche, il 3 dicembre prossimo. La corte ha accolto la posizione delle parti che hanno visto entrare gli atti del dibattimento dal fascicolo del pm. Il calendario stilato dal collegio giudicante prevede due udienze il 25 e 28 ottobre per l’esame di Turetta. Successivamente, il 25 e 26 novembre la discussione, quindi il 3 dicembre repliche e sentenza.

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