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In Arabia Saudita c’è il Forum sulla governance di Internet: ma lì chi usa i social va in carcere

Il Forum annuale sulla governance di Internet si svolgerà in Arabia Saudita dal 15 al 19 dicembre 2024.

Giorni fa, 40 organizzazioni non governative e per i diritti umani hanno diffuso una dichiarazione congiunta nella quale hanno sollecitato le autorità saudite a scarcerare immediatamente tutte le persone condannate solo per aver espresso le loro opinioni online. Le 40 organizzazioni hanno fatto notare quanto sia ipocrita che l’Arabia Saudita ospiti l’evento mentre continua a minacciare, imprigionare e sottoporre a sparizione forzata chi, utilizzando la Rete, rende noto il proprio dissenso o promuove i diritti umani. Molte persone attiviste e che difendono i diritti umani, che solitamente prendono parte all’incontro annuale, hanno espresso forti preoccupazioni rispetto alla propria partecipazione, temendo di essere minacciate, poste sotto sorveglianza o arrestate.

Amnesty International ha sollecitato il comitato organizzatore del Forum sulla governance di Internet a chiedere pubbliche assicurazioni, da parte saudita, che a nessuna persona sarà impedito l’ingresso nel paese per prendere parte alla conferenza e che nessuna delle persone partecipanti subirà ripercussioni o non potrà parlare liberamente.

Da diversi anni le autorità saudite criminalizzano chiunque mostri il minimo segno di dissenso o esprima posizioni critiche sulle piattaforme social.

Tra le persone in carcere c’è Salma al-Shehab. Arrestata nel gennaio 2021, esattamente due anni dopo è stata condannata, al termine di un processo gravemente iniquo, a 27 anni di carcere seguiti da altri 27 anni di divieto di viaggio per false accuse di terrorismo, solo per aver pubblicato dei tweet a sostegno dei diritti delle donne.

Nel gennaio 2024 una corte antiterrorismo ha condannato un’altra donna, Manahel al-Otaibi, a 11 anni di carcere per aver pubblicato post in favore dei diritti delle donne e aver condiviso proprie foto scattate mentre si trovava in un centro commerciale senza indossare l’abaya, il vestito tradizionale saudita.

Altri casi sono quelli di Abdulrahman al-Sadhan, un operatore della Mezzaluna rossa condannato nell’aprile 2020 a 20 anni di carcere seguiti da altri 20 anni di divieto di viaggio per aver pubblicato dei tweet satirici, e di Nasser al-Ghamdi, un insegnante in pensione condannato a morte nel luglio 2023 per aver criticato le autorità saudite su X e aver pubblicato video su YouTube.