“Non aspettiamo la minaccia, la preveniamo, e continueremo a farlo”. In un video dal bunker del quartier generale della Difesa a Tel Aviv, Benyamin Netanyahu ha commentato l’ondata di raid aerei che in Libano hanno causato la morte di quasi 300 persone: “Ho promesso che avremmo cambiato l’equilibrio della sicurezza nel nord, ed è esattamente ciò che stiamo facendo”. “Non toglieremo il piede dall’acceleratore”, ha aggiunto il premier israeliano, affermando che le Israel Defense Forces stanno eliminando alti esponenti di Hezbollah e distruggendo i loro depositi di missili.
La replica dell’Iran, che per Tel Aviv fa parte del cosiddetto “asse del terrore” che tiene insieme Teheran, Hezbollah e Hamas, è arrivata da New York: Israele cerca un “conflitto più ampio” e la guerra in Medio Oriente “non porterà benefici a nessuno”, ha commentato il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, che si trova negli Stati Uniti per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il suo intervento, previsto per domani, “si concentrerà sulla distensione, sulla creazione di fiducia con il mondo (l’obiettivo di Teheran è quello di ricucire i rapporti on l’Occidente per tentare di allentare le sanzioni sul nucleare, ndr) e sulla de-escalation“, ha fatto sapere un alto funzionario iraniano, ma “sottolineerà anche il diritto dell’Iran a reagire” contro Israele.
A New York Netanyahu arriverà con un giorno di ritardo rispetto ai piani. “Per motivi di sicurezza” l’arrivo del premier israeliano a New York era previsto per domani ed è stato rinviato a mercoledì. Ma “potrebbe anche cancellare la visita se la situazione della sicurezza resta tesa”, ha scritto su ‘X’ il giornalista di Axios Barak Ravid citando un alto funzionario israeliano. Secondo il Times of Israel, Netanyahu potrebbe restare a New York tre giorni invece di 4 e il suo ufficio starebbe anche considerando la possibilità che il premier arrivi a ridosso del suo discorso, previsto venerdì mattina alle 9.30 ora locale, le 15.30 in Italia, per rientrare in Israele appena finisce lo Shabbat a New York.
E’ molto probabile che Netanyahu non vedrà Joe Biden. Il presidente uscente degli Stati Uniti ha l’obiettivo di porre fine al conflitto a Gaza, considerandolo il lascito del suo mandato al prossimo capo della Casa Bianca. Un obiettivo che in chiave elettorale potrebbe essere speso dal Partito democratico nella campagna di Kamala Harris. Ma le ultime mosse di Netanyahu in Libano – dall’offensiva con i cercapersone e i walkie talkie esplosivi ai raid aerei di queste ore – allontanano sempre di più una conclusione positiva delle trattative condotte negli ultimi mesi da Washington con l’Egitto e il Qatar.
L’amministrazione Biden in questi giorni ha continuato a rinnovare gli appelli alla moderazione: “Noi non crediamo che l’escalation di questo conflitto sia nel loro migliore interesse degli israeliani, certamente non è nell’interesse di tutte le persone che il premier Netanyahu afferma di voler far ritornare a casa”, ha detto il portavoce del consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby riferendosi al progetto israeliano di riportare nel nord del Paese migliaia di cittadini fuggiti per paura di attacchi di Hezbollah e ribadendo la convinzione che “ci sia il tempo e lo spazio per una soluzione diplomatica”. Ma da tempo funzionari fanno trapelare l’insoddisfazione dell’amministrazione Biden per i continui strappi di Tel Aviv.