Impianti rinnovabili incendiati, un braccio di ferro in atto tra Regione e Governo Meloni e manifestazioni di protesta. Nella Sardegna che si vuole metanizzare, pur essendo oggi l’unica regione in Italia priva di una rete di distribuzione del gas, a fare salire la tensione sono pannelli solari e pale eoliche. Per gruppi e comitati costituiti sul territorio è in atto l’ennesima invasione dell’isola, per il Governo – e anche per parte delle associazioni ambientaliste – la reazione dei cittadini è l’effetto della classica sindrome Nimby (Not in my backyard – Non nel mio giardino) di cui rischia di diventare ostaggio la politica. E la situazione non è affatto migliorata dopo il decreto sulle aree idonee per gli impianti rinnovabili, pubblicato il 2 luglio scorso, ben due anni e mezzo dopo il Decreto Draghi. Provvedimento con il quale il ministero dell’Ambiente affida alle Regioni l’annoso compito di individuare le aree in questione, prevedendo la quota per ognuna: la Sardegna dovrà installare 6,2 gigawatt di nuova potenza rinnovabile entro il 2030. E la giunta regionale ha appena approvato un disegno di legge che sembra dare un netto freno. Subito dopo l’individuazione delle aree idonee per pale eoliche e pannelli solari, la Regione dovrà poi occuparsi delle fonti fossili per cui l’isola è tra le regioni in Europa con la maggiore emissione di anidride carbonica: da un lato della chiusura delle centrali a carbone di Porto Torres e di Portovesme, dall’altro della costruzione di due rigassificatori. “I comitati hanno ragione a denunciare che, con la normativa del 2021, amministrazioni comunali e comunità locali sono completamente bypassate e questa è la situazione che ha portato a un rifiuto totale e viscerale delle Fer, ma fanno male a parlare di assalto e speculazione. Questa è un’idea alimentata da certi dati fuorvianti” spiega a ilfattoquotidiano.it Marta Battaglia, presidente di Legambiente Sardegna, il cui giudizio sul nuovo ddl è piuttosto critico.

Braccio di ferro tra Regione e Governo Meloni – Il testo, infatti, va oltre la legge regionale 5/2023 con cui il 3 luglio scorso la Regione ha vietato per 18 mesi la realizzazione di nuovi impianti di produzione e accumulo di energia rinnovabile in alcune zone. La governatrice Alessandra Todde ha bloccato gli impianti in attesa di definire la mappa delle aree idonee. Mentre Elettricità Futura ha presentato una denuncia alla Commissione europea, il Governo Meloni ha impugnato la legge davanti alla Corte Costituzionale (e la Regione si è opposta). Ma va oltre la moratoria il disegno di legge appena approvato (in anticipo rispetto alla scadenza fissata per dicembre dal ministro dell’Ambiente) che recepisce il decreto di Pichetto Fratin sulle rinnovabili. Come sostenuto dall’assessore regionale all’Industria, Emanuele Cani “con questo disegno di legge è possibile che si arrivi a circa il 99% del territorio sardo vincolato”.

Fuoco e proteste – Si risponde così alle proteste dei comitati di base che, a fine luglio, hanno avviato una raccolta di firme (ne bastavano 10mila, ma si è arrivati a oltre 70mila in cento comuni) per una legge di iniziativa popolare, la Pratobello 24. Per tutta l’estate si sono tenute manifestazioni di protesta. In particolare quella di Cagliari, che il 24 agosto ha visto la partecipazione di duemila persone. In questo contesto sono avvenuti tre episodi inquietanti. Pochi giorni fa un incendio doloso ha distrutto duemila pannelli fotovoltaici non ancora installati a Tuili, nel sud dell’isola. Appartenevano alla Greenvolt Power, multinazionale polacca che sta realizzando tre parchi fotovoltaici. Alla fine di agosto, invece, un rogo è divampato nel sito della Vestas a Villacidro, dov’è in costruzione un parco eolico oggetto di numerose proteste e, giorni prima, era stata danneggiata una pala eolica sulla strada provinciale tra Mamoiada e Gavoi, nel Nuorese.

Le ragioni dei comitati – “Questa speculazione sta rischiando di devastare i nostri territori. Dei 37 impianti già autorizzati non conosciamo né taglia, né dislocazione. Non siamo partecipi, non abbiamo nessuna voce in capitolo in quella che chiamano ‘transizione ecologica’, che di ecologico non ha nulla” ha sottolineato, durante la manifestazione di Cagliari, Antonio Muscas, ingegnere, del Coordinamento dei Comitati Sardi, secondo cui “la quantità di energia e di potenza installata in Sardegna deve essere proporzionale ai fabbisogni dei cittadini e non imposta dall’esterno”. La guerra all’invasione delle rinnovabili si basa anche sui numeri. In base a quelli di Terna, all’inizio del 2023 erano installati in Sardegna impianti eolici e fotovoltaici per una capacità complessiva lorda di 2,24 GW, il 6,1% della capacità totale in Italia, con la Sardegna settima regione, sesta se ci si riferisce solo all’eolico. Ad oggi, secondo i comitati di base, con il vento l’isola produce oltre il 40% in più di quanto consumi. E, in questo contesto, sono state presentate – al 30 giugno – 824 richieste di allaccio di impianti alla rete elettrica nazionale che, se fossero approvate, produrrebbero circa 57 gigawatt di potenza. Si tratta, dicono i comitati di base, di “10 volte il fabbisogno attuale”. Si arrivati a questo anche perché le linee guida previste dal Decreto Draghi del 2021 – che dovevano essere pronte nel giro di 180 giorni – sono arrivate solo due anni e mezzo dopo la pubblicazione del provvedimento.

Legambiente: “Nessun assalto” – I numeri, però, possono essere letti in modo diverso. “Non tutte le oltre 800 richieste di allaccio di cui parla chi si schiera contro le rinnovabili arrivano fino in fondo all’iter autorizzativo” racconta Marta Battaglia, presidente di Legambiente Sardegna. E ricorda che all’inizio degli anni Duemila, con procedure che interessavano all’epoca la Regione, c’erano una novantina di richieste, ma solo 19 sono arrivate al cantiere. “Allora presidente della Sardegna (per il centrodestra, ndr) era Mauro Pili, governatore dal 2001 al 2003 e poi parlamentare di Forza Italia, oggi giornalista dell’Unione Sarda che si è espresso più volte a favore della dorsale del metano”. E contro “l’assalto” di quelli che il giornale definisce “i signori del vento”. “La verità è che c’è un’iniziativa imprenditoriale forte – continua Marta Battaglia – che risponde a un cornice normativa che lo consente, ma poi c’è un ritardo clamoroso dovuto alla latitanza della Regione dal 2021 sulla politica energetica della Sardegna. Quindi si sono accumulate proposte su proposte, che ora saranno valutate. Non tutti i progetti rinnovabili sono per forza positivi, ma neppure il contrario. Eppure, grazie a una certa narrazione, non vediamo il particolato, l’anidride carbonica, il gas o la dorsale, ma l’impatto delle pale eoliche, quello sì”.

La guerra dei numeri – Un altro dato riguarda le effettive necessità dell’isola. Secondo i comitati di base non sono necessari i 6,2 GW di nuova potenza assegnati dal Governo Meloni e c’è chi dice che basterebbe la quota attuale (2,24 GW). Secondo lo studio Birdie-S, condotto da Università di Cagliari, Enel Foundation e Politecnico di Torino, per raggiungere gli obiettivi del Fit-For-55, saranno invece necessari 6,7 GW di impianti eolici e fotovoltaici con una corrispondente produzione di energia di 10,3 TWh all’anno al 2030, che dovranno diventare circa 9,2 gigawatt nel 2050 per garantire una produzione di energia di circa 15 TWh/anno. “L’obiettivo di 6.2 GW di energia rinnovabile al 2030 indicato nel decreto aree idonee – spiega Legambiente – è un primo passo imprescindibile per la transizione”. Questo perché vento e sole non sono disponibili 24 ore al giorno: “Nuovi impianti rinnovabili con una potenza massima di 6,2 GW non sono neanche sufficienti a produrre in un anno tutta l’energia elettrica oggi prodotta in Sardegna, che per il 73% proviene dai 2,4 GW delle centrali termoelettriche”. A questo si aggiunge il fatto che la domanda aumenterà, basti pensare al settore automobilistico e, in generale, ai trasporti. E sulla posizione della Regione? “Abbiamo manifestato da subito perplessità sullo stop alle autorizzazioni – aggiunge Marta Battaglia – ma apprezzamento per la volontà di pianificare insieme paesaggio ed energia. Il ddl sulle aree idonee appena approvato dalla giunta, però, in questa prima stesura traduce in norma la rinuncia a lavorare su quella relazione possibile, non scontata ma sfidante, tra fer, natura e paesaggi”. Per la presidente di Legambiente Sardegna “vincolare la quasi totalità del territorio regionale, relegando gli impianti delle rinnovabili a quelle aree già interessate da funzioni degradanti e talvolta inquinanti, rischia tra l’altro di non lasciare spazio utile per il rispetto degli obiettivi che ci sono imposti non dall’Europa, ma dall’urgenza della decarbonizzazione”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Scarsa partecipazione alle scelte, disinformazione, paure legittime: da Nord a Sud, così cittadini e politica locale si oppongono alle rinnovabili

next
Articolo Successivo

L’inceneritore salverà Roma dai rifiuti del Giubileo? Ma se sarà pronto per il 2028…

next