di Giuseppe Mammana
Da diverse settimane i quotidiani – online e cartacei – raccolgono le testimonianze di docenti che lamentano l’esistenza di penalizzazioni nelle graduatorie per le supplenze (GPS). Parole che esprimono il malcontento di una categoria costretta a vivere la precarietà come una condizione esistenziale. Un ricatto a cui bisogna sottostare per raggiungere l’agognata cattedra. Basta guardare le GPS per ogni provincia. Dove troviamo il personale docente – collocato nelle prime cento posizioni e con più di quindici anni di servizio – con ancora un contratto a tempo determinato. Un’anomalia rispetto ad altre attività lavorative, dove il datore di lavoro dopo due anni ha l’obbligo di convertirlo in contratto a tempo indeterminato.
La precarietà nella scuola italiana è un fenomeno più che ventennale, sostenuto dai governi di ogni colore, ma con il governo Meloni c’è la sensazione che ci si voglia sbarazzare dei precari storici, quelli senza “portafoglio”. Valdisastro – un soprannome che circola tra le chat degli insegnanti che rimarca l’operato disastroso del Ministro – vuole creare uno spartiacque socioeconomico tra docenti: da un lato i docenti che possono pagare i corsi di abilitazione, dall’altro coloro che non dispongono delle stesse risorse economiche, costretti ad abbandonare la carriera scolastica. Nello specifico, quelli che rischiano di più sono i docenti della secondaria di secondo grado abilitati sul sostegno. Dove si registrano percentuali alte di specializzati nelle GPS prima fascia, anche nelle regioni settentrionali. I motivi sono riconducibili a diverse ragioni.
Una di queste è legata alla decisione del Governo di sanare i titoli esteri. A partire da quest’anno i titoli di abilitazione conseguiti all’estero vengono collocati a “pettine” e non più in fondo alle graduatorie come negli anni scorsi. Titoli venduti a prezzi spropositati, con cifre che si aggirano tra gli 8.000 e i 10.000 euro, erogati da enti di cui non si conosce la provenienza, che non prevedono lo svolgimento di una prova preselettiva o di un tirocinio, e senza alcuna garanzia sul tipo di qualità formativa. Come dimostrano le indagini di questi giorni della Guardia di Finanza, che hanno sgominato diversi enti di formazione fasulli che rilasciavano titoli per i docenti. Un business che preoccupa molto i genitori dei ragazzi con disabilità impegnati, insieme ad altri docenti di sostegno, a sostenere il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati (CDSS) che chiede una stabilizzazione per i docenti abilitati in Italia.
Sordi a queste rivendicazioni, il Ministro “Valdisastro” e il Governo Meloni continuano su un’altra strada seguendo un programma di assunzioni inferiore al fabbisogno reale nelle scuole: nel bando del concorso Pnrr, nella Regione Lazio – per i posti di sostegno nella secondaria di secondo grado – sono previste 126 assunzioni. Mentre solo nella provincia di Roma, per lo stesso grado, troviamo circa 7.000 persone che concorrono a una cattedra annuale. Tra le accuse lanciate dai docenti contro il Governo c’è quella di aver creato un mercato delle abilitazioni. Della serie: “se vuoi lavorare, devi pagare!”.
Nel concorso Pnrr, il Ministero stabilisce che il superamento delle due prove (scritte e orale) non dà diritto, come nei precedenti concorsi, a conseguire l’abilitazione su materia e al passaggio in prima fascia. Puoi comprarlo attraverso un corso di 30 crediti (cfu) online di due mesi, alla “modica” cifra di 2.500 euro. Ma le novità non finiscono qui: perché se non compri il corso da 30 cfu perdi la supplenza. Come è successo a molti docenti vista la decisione ministeriale di “truccare” la graduatoria: assegnando un punteggio equivalente a tre anni di servizio (36 punti) a coloro che lo hanno conseguito.
Ai docenti, già fiaccati dai costi esorbitanti dei percorsi di specializzazione, si continuano a chiedere ulteriori sacrifici pena la perdita della cattedra. Una scelta che premia le università private e telematiche che registrano un’impennata di iscrizioni: la Link Campus di Polidori – in cui lo stesso Valditara è stato presidente dell’Osservatorio inter-ateneo per la ricerca universitaria Link ed E-Campus – è già alla quinta edizione del corso dei 30 cfu.
Agevolazioni che il ministro estende alle private e telematiche per l’erogazione dei corsi di certificazione linguistica CLIL, mentre negli anni scorsi la normativa consentiva alle Scuole Superiori di Mediazione Linguistica di erogare tali corsi. Il Miur con un colpo di spugna decide, a partire da quest’anno, di non riconoscere le certificazioni erogate da enti che non fossero riconducibili alle università.
Dopo questo provvedimento, molti Uffici Scolastici Regionali, anche se con alcune differenze territoriali, hanno provveduto a decurtare i punteggi ai candidati che avevano conseguito la certificazione. Un’azione politica spregiudicata vista la sentenza del Consiglio di Stato che, nel 2019, aveva riconosciuto le Scuole Superiori di Mediazione Linguistica come parte integrante del sistema universitario. E che si palesa come una disparità di trattamento tra gli stessi docenti che hanno seguito corsi di certificazione linguistica, analoghi in passato, i cui punteggi sono stati convalidati.
Alla fine migliaia di candidati si sono trovati scavalcati da altri docenti con meno anni di esperienza. Mentre ad altri – a cui spettava la procedura di immissione a ruolo da Gps – viene revocato il contratto a tempo indeterminato. Nel contempo nessun controllo avveniva per gli specializzati all’estero. Nella graduatoria provinciale di Roma sono diverse centinaia i docenti abilitati in altri paesi europei, ma solo quattro persone vengono cancellate perché partecipanti a un corso presso un ente fantasma con sede a Cipro. Mi chiedo: è questa la meritocrazia di cui parla questo governo dal giorno del suo insediamento?