“Capirei e accetterei se voi voleste dimenticarmi e rinnegarmi come figlio, vi ho già causato troppo dolore e sarebbe probabilmente la scelta migliore. Non so se ho ancora il coraggio di guardarvi in faccia”. Filippo Turetta, dopo aver picchiato, tramortito e ucciso con 75 coltellate l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, scrisse questa lettera ai genitori che ora allegata agli atti del processo pubblicata. Il processo per il giovane, che rischia l’ergastolo, è iniziato lunedì 23 settembre e terminerà il 3 dicembre perché tutti gli atti raccolti dal pm sono confluiti nel fascicolo processuale dei giudici della Corte d’assise di Venezia. Uno scritto, quello ora pubblico, che era stato redatto mentre era ancora nel carcere di Halle, dopo la cattura in Germania, a fine novembre 2023. E di Giulia, senza mai fare il suo nome, scrive: “Ho perso la persona più importante della mia vita, e questo per colpa mia. Mi merito tutto questo”. Dopo aver massacrato la ragazza, Turetta nascose il cadavere, portandolo a braccia giù per la scarpata, in un canalone nei pressi del lago di Barcis, in Friuli-Venezia Giulia.
Le accuse – Lo studente è accusato di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza e stalking perché all’appuntamento con la giovane portò due coltelli e aveva già in macchina un rotolo di nastro adesivo, poi utilizzato per immobilizzare Giulia. La vittima fu accoltellata anche all’interno dell’auto, nei sedili posteriori, quando già si stava dissanguando, dopo che l’ex fidanzato l’aveva già colpita con un fendente letale, mentre lei stava tentando di fuggire nella zona industriale di Fossò. Una telecamera di sorveglianza riprese le fasi finali della seconda aggressione, quella di Fossò appunto. Le immagini mostrano Giulia, spinta e colpita da dietro mentre tenta di fuggire di corsa, già fuori dalla macchina. Sbatte la testa su un marciapiede e resta a terra e lui la carica sull’auto. Quel colpo da dietro, anche se non si vede il coltello nelle immagini, sarebbe stato un fendente letale. Poi, le coltellate nell’auto. Da qui anche la contestazione da parte dei pm dell’aggravante della crudeltà, perché Turetta avrebbe sferrato, questa è l’ipotesi, altre coltellate oltre a quella letale alla base del collo, mentre la ragazza stava morendo.
Mai il nome di Giulia nella lettera – “Capirei e accetterei se d’ora in poi voi vogliate dimenticarmi e rinnegarmi come figlio, vi ho già causato troppo dolore e sarebbe probabilmente la scelta migliore per il prosieguo della vostra vita. Io stesso non so se ho ancora il coraggio di farmi vedere da voi o guardarvi in faccia. Penso che probabilmente sarebbe meglio un figlio morto che un figlio come me. Ve lo giuro, se solo avessi qui con me un pulsante di suicidio istantaneo non avrei esitato oltre un nanosecondo a premerlo”. Turetta non si uccise, ma fu catturato dopo una settimana in fuga.
Nella lettera in cui non fa mai il nome di Giulia scrive: “Adesso sono nel carcere di Halle. Mi sono fatto arrestare l’altra sera a lato di un’autostrada in Germania. Non riuscivo più a suicidarmi, e dopo giorni ho deciso di costituirmi. Ho un po’ di paura a tornare in Italia anche per questo. Non sapevo e non avrei mai immaginato tutto questo sarebbe diventato così famoso in Italia e questo mi fa tanta paura. Ho generato tanto odio e rabbia. E me li merito, sì… ma tutto questo è terribile… ho peggiorato il mondo in qualche modo. Mi merito tutto questo dopo quello che ho fatto. Non sono neanche riuscito a uccidermi… vivrò la mia intera vita in carcere adesso…”Tutti questi giorni che sono scomparso io non volevo fuggire o scappare o altro. Desideravo solamente riuscire ad uccidermi in qualche modo. Sono un codardo e debole e purtroppo non ce l’ho fatta”.
“Ho provato a soffocarmi”, alla vittima 75 coltellate – Turetta nella lettera sostiene di aver comunque tentato il suicidio: “Ho provato a soffocarmi con un sacchetto di plastica in testa ma all’ultimo lo ho strappato. Volevo fare un incidente mortale, un frontale, con qualche muro o albero, che non mi lasciasse scampo ma neanche in questo sono riuscito. Ho guidato moltissimo, avrò percorso centinaia di chilometri in pochi giorni ma ogni volta che acceleravo poi o frenavo o sterzavo senza risultato desiderato. Non volevo neanche rischiare in nessun caso che voi foste responsabili di pagare i danni o risarcire denaro e anche per questo non ho mai portato avanti l’idea di buttarmi sotto un treno. Non volevo inoltre in alcun modo causare danni o problemi a qualcuno, quelli che ho già fatto sono abbastanza per tutte le vite che potrei vivere. Il metodo più frequente e che mi sembrava essere il migliore era accoltellarmi in qualche modo con un coltello. Si leggono tanti suicidi così in giro e forse è il metodo migliore. Invidio molto quelle persone perché hanno avuto un grande coraggio a fare un gesto simile, a differenza mia. Sono stato la maggior parte delle ore gli ultimi giorni seduto in macchina puntandomi il coltello alla gola o al torace aspettando di riuscire a sferrare i colpi”. Agli inquirenti Turetta ha raccontato poi di aver sferrato le coltellate – 75 in totale – contro la sua vittima una dopo l’altra, fino all’ultima nell’occhio.