di Attilio Piattelli, presidente Coordinamento Free
Il dibattito sul ritorno al nucleare si sta facendo più intenso e come al solito si formano vari schieramenti. Ci sono i fermamente contrari al nucleare, ci sono aziende interessate al business che fanno alleanze e annunci pro nucleare, politici, anche del centrosinistra, che iniziano a dire “se ne può parlare” e l’attuale maggioranza di governo che cerca di correre spedita verso il nuovo nucleare del futuro, descrivendolo come la soluzione ideale e meno costosa.
Entriamo nel merito per provare a capire un po’ meglio come stanno realmente le cose.
Visto che il governo, con il suo principale strumento di pianificazione energetica (PNIEC), presentato a luglio 2024, si spinge a ipotizzare una quota di nucleare al 2050 persino doppia di quella che stima l’Agenzia Internazionale dell’Energia a livello mondiale, si presume che tale scelta poggi su solide basi tecniche e adeguate simulazioni di scenari.
Dal punto di vista tecnico il PNIEC prevede di ricorrere alla nuova generazione di reattori nucleari a fissione (la fissione nucleare è il processo su cui si basano le attuali centrali esistenti) e in particolare ai cosiddetti SMR (Small Modular Reactor – reattori di piccola taglia) e agli AMR (Advanced Modular Reactor – centrali basate su nuove tecnologie molto più sicure di quelle usate nelle centrali esistenti). Entrambi i sistemi non sono ancora commercializzati ma esistono solo a livello progettuale.
Se si entra invece nel merito delle motivazioni che spingono verso il nucleare, stupisce che nel PNIEC i criteri di scelta siano riconducibili esclusivamente ad aspetti di carattere economico. Si può infatti leggere testualmente nel PNIEC che “La letteratura scientifica internazionale è concorde nell’affermare che un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili, in particolare non programmabili, è possibile, ma non economicamente efficiente” e si arriva a delle valutazioni di dettaglio che indicano che “Lo scenario … con nucleare sarebbe in grado di raggiungere l’obiettivo ‘Net Zero’ a un costo stimato di circa 17 miliardi di € inferiore al costo dello scenario senza nucleare, su tutto l’orizzonte temporale preso a riferimento”.
Nulla si dice invece sulla maturità delle nuove tecnologie, sulla sicurezza delle centrali, sull’approvvigionamento del combustibile e sulla gestione delle scorie.
Parlando da tecnico per formazione (ingegnere nucleare), ritengo quindi che le critiche al governo vadano espresse non rispetto alla volontà di tornare al nucleare, ma nel metodo fino a ora seguito.
Bisognerebbe che il ministro Pichetto Fratin, prima di andare in giro a eventi e convegni a decantare i prodigi del nucleare, ci spiegasse come si fa ad affermare nel PNIEC che la soluzione con nucleare sarà più economica di quella con sole rinnovabili, dando anche dei numeri di dettaglio, visto che, ad oggi, non esistano al mondo SMR o AMR di uso civile per la produzione di energia e soprattutto visto che alcune aziende americane e francesi, che stavano sviluppando SMR, ultimamente hanno dichiarato che non andranno avanti con lo sviluppo dei loro progetti perché risultati troppo costosi e complessi. Vorremmo anche sapere quali sono le valutazioni fatte che portano a scrivere, sempre nel piano energetico, che un sistema elettrico basato interamente su rinnovabili è possibile ma non economicamente conveniente.
Vorremmo vedere studi, dati e analisi, al momento totalmente assenti nel PNIEC, per una loro revisione da parte del mondo scientifico. Una volta superata questa fase poi possiamo passare eventualmente a valutare con molta attenzione l’opportunità strategica del ritorno al nucleare, la sicurezza e tutto il resto.
Scelte di questa portata, che condizionano poi l’intera nazione per decenni, non si fanno con annunci e slogan ma con dati scientifici chiari e condivisi. Dati che nel PNIEC oggi non ci sono.