È stato scoperto in Cina e, in alcuni casi, può attaccare il cervello. Lo rivela uno studio del Beijing Institute of Microbiology and Epidemiology, pubblicato a inizio settembre sul New England Journal of Medicine. Si chiama Wetland virus (WELV), è un virus nuovo di zecca (è proprio il caso di dirlo) e promette di dare filo da torcere, anche se fortunatamente i pazienti infettati (pochi, al momento) sono tutti guariti bene e senza conseguenze. Tutto è cominciato a giugno 2019 con il caso di un sessantunenne ricoverato in un ospedale nel nordest della Cina. L’uomo aveva cominciato a manifestare febbre, vomito e mal di testa dopo la visita a un parco con una vasta zona umida – wetland in inglese, da cui il nome del virus – nella Mongolia interna (Cina settentrionale) ed essere stato morso da alcune zecche. Il trattamento con antibiotici non fu risolutivo, segno che di mezzo c’era un virus. Di cosa si trattasse, lo rivelò un’analisi del DNA e dell’RNA nel sangue del paziente: fu individuato infatti un nuovo virus di un genere già noto, l’Orthonairovirus, che comprende altri microrganismi trasmessi dalle zecche, tra cui uno responsabile della febbre emorragica di Crimea-Congo, una grave patologia con elevata mortalità. Il team cinese ha voluto vederci chiaro e ha avviato un’ampia ricerca.

Caccia del virus sugli animali
Per prima cosa, gli studiosi hanno cercato il virus nelle zecche e negli animali della Cina settentrionale e del parco della Mongolia interna. Hanno raccolto la bellezza di quasi 14.600 zecche, le hanno suddivise in base al sito di ritrovamento e alla specie e le hanno sottoposte a test per gruppi; di questi, circa il 2% risultò positivo al nuovo virus. A ospitarlo erano cinque specie di zecche, ma la più alta percentuale di positività fu rilevata in Haemaphysalis concinna. Si tratta di una zecca molto studiata perché vettrice di varie malattie nocive per uomo e animali; è ampiamente diffusa nelle foreste dell’Eurasia e capace di adattarsi ad habitat diversi. Per comprendere i rischi per la salute pubblica dei patogeni associati a questo parassita, a febbraio 2024 è stata pubblicata su Parasite&Vectors una ricerca che si conclude così: “Il nostro studio rivela l’ampia distribuzione, la grande varietà di ospiti e l’assortimento di patogeni di H. concinna” . La presenza della zecca in questione è stata rilevata in vari paesi europei, tra cui il nostro, e mostra una maggiore concentrazione nell’area balcanica. Ma torniamo in Cina, dove i ricercatori pechinesi esaminarono anche maiali, cavalli, pecore e alcuni roditori, rilevando una scarsa presenza del virus. Cani e bestiame risultarono negativi, ma alcuni mostravano anticorpi al virus, segno di un’avvenuta infezione.

Negli esseri umani
Toccò poi a guardie forestali che non mostravano sintomi; su 640, 12 avevano anticorpi. Successivamente i ricercatori si recarono in 4 ospedali nel nord della Cina esaminando centinaia di pazienti che, dopo il morso accertato di una zecca, avevano presentato febbre. Venti di loro risultarono infetti: tre anche da altre malattie portate dalle zecche, i restanti 17 con il solo Wetland virus e sintomi quali stordimento, cefalea, dolori muscolari, mal di schiena, nausea, vomito, diarrea, linfonodi gonfi. Alcuni avevano anche le petecchie, macchioline sulla pelle causate dalla rottura di capillari. Dai test di laboratorio emersero segni di danni tessutali e coaguli nel sangue. Trattati con antivirali, antibatterici o immunoglobuline, tutti guarirono nel giro di 4-15 giorni senza problemi a lungo termine, anche un individuo che era in coma perché l’infezione aveva raggiunto il cervello e il midollo spinale. Otto persone guarite mostravano quattro volte più anticorpi dei pazienti ancora in via di guarigione.

Attacco al sistema nervoso
Gli esiti positivi non fanno però abbassare la guardia; e il sospetto che il virus possa, in determinate condizioni, attaccare il cervello e il sistema nervoso resta, considerato anche che topi e criceti di laboratorio infettati mostrarono infezioni letali con danni a molti organi, cervello compreso. Resta poi il fatto che il virus non è facile da diagnosticare, perché i sintomi sono generici e, almeno inizialmente, possono essere confusi con quelli di altre malattie. “Nel complesso, questi dati suggeriscono che un orthonairovirus scoperto di recente, WELV, sia patogeno per gli esseri umani […] e che circoli tra esseri umani, zecche e vari animali nella Cina nordorientale”, osservano i ricercatori, concludendo poi: “Migliorare la sorveglianza e il rilevamento di orthonairovirus emergenti consentirà una migliore compressione del loro effetto sulla salute umana”.

E in Italia?
Il fatto che sia presente anche la zecca H. concinna, che come abbiamo visto può essere portatrice di questo nuovo virus, non deve necessariamente far temere il rischio di un’infezione. “La presenza del vettore è un elemento da considerare, ma non è possibile sovrapporre il rischio di questa patologia alla zecca, che per trasmetterla deve essere infettata”, specifica il prof. Maurizio Ruscio, presidente nazionale del Gruppo Italiano per lo Studio della malattia di Lyme, specialista Igiene e Medicina Preventiva e curatore del sito Morso di zecca che dal 1985 si occupa della problematica. Ciò non significa che vada sottovalutato il pericolo delle zecche in generale, che comunque in Italia sono presenti e portatrici di malattie pesanti come il morbo di Lyme e l’encefalite. È necessario dunque adottare tutte le misure preventive necessarie per prevenire il rischio

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