Nella partita Unicredit-Commerzbank si vanno delineando chiaramente gli schieramenti. Dalla parte del gruppo italiano ci sono Banca centrale europea e Commissione Ue, contro sono invece gran parte del governo tedesco e i sindacati della seconda banca tedesca. Lunedì Unicredit ha comunicato di avere in mano strumenti derivati che le consentirebbero di portare la sua partecipazione sopra al 20% e di puntare al 29,9%, diventando così il primo azionista di Commerzbank, davanti al governo tedesco (12%). A questo puto, scrive il Financial Times, non sembrano più esistere alternative ad un’acquisizione amichevole.
Lunedì al fianco del numero uno di Unicredit Andrea Orcel si è schierato anche il principale quotidiano economico tedesco, l’Handelsblatt che oggi ribadisce il suo sostegno all’operazione: “Abbiamo bisogno di campioni europei e non nazionali”, si legge nell’editoriale in cui si sottolinea che lo “Stato non è solo un cattivo imprenditore, ma anche un cattivo investitore”.
Prende posizione, a modo suo, pure la Commissione Ue per cui restrizioni alle libertà fondamentali “non possono essere giustificate per motivi puramente economici”. Lo ha detto parlando “in generale” la portavoce della Commissione Veerle Nuyts interpellata sulle eventuali restrizioni ammesse dalle regole del Mercato interno Ue nell’acquisizione da parte di Unicredit di Commerzbank. “Le restrizioni alle libertà fondamentali sono consentite solo se proporzionate e basate sui suoi interessi legittimi“. Ci devono essere “motivi di sicurezza pubblica o ordine pubblico o motivi imperativi di interesse generale come la giustizia”.
Le fusioni “potrebbero rendere le banche più resilienti agli shock grazie alla maggiore diversificazione degli asset. E consentirebbero alle banche europee di avere modelli aziendali più efficienti, perseguire strategie di crescita e investire nella digitalizzazione”, ha aggiunto, precisando che l’esecutivo Ue “non commenta i singoli casi di consolidamento” come Commerz-Unicredit. “Banche globali più grandi e diversificate andrebbero a vantaggio dell’economia dell’Ue” ma le piccole “continuano a essere essenziali per le economie locali, per la concorrenza e quindi per i depositanti e i consumatori”.
D’altronde è piuttosto chiaro che l’esito di questa operazione è destinata ad essere un precedente importante, sia in un caso, sia nell’altro, che sarà tenuto presente in futuro da qualsiasi gruppo bancario europeo che avesse intenzione di acquisire concorrenti in un altro stato membro. Ed è pur vero che l’operazione prende forma in un momento in cui il governo tedesco è già sotto forte pressione per le difficoltà economiche che gravano sul paese. Cedere un gruppo che, nel bene e nel male, è uno dei simboli della finanza tedesca non è esattamente una spinta all’immagine dell’esecutivo.
Lunedì a stoppare i propositi di Unicredit è stato lo stesso cancelliere Olaf Scholz che ha affermato: “Attacchi non amichevoli, acquisizioni ostili non sono una buona cosa per le banche”. Oggi la posizione del suo ministro delle Finanze Christian Lindner paiono un po’ meno categoriche. “Lo Stato non può essere un investitore a lungo termine in Commerzbank”, ha detto Lindner, spiegando che l’approccio di Unicredit ha “sollevato questioni”.
“Il governo federale ha sempre chiarito che Commerzbank deve essere privatizzata. Ci sono ragioni di politica pubblica per questo: lo Stato non può essere azionista di un’istituzione competitiva a lungo termine”, chiarisce il ministro. Alla domanda se il governo voglia impedire a UniCredit di acquisire Commerzbank, Lindner ha risposto che è una questione che riguarda il consiglio di gestione e di sorveglianza della banca. “Lo stile dell’approccio di UniCredit ha sconvolto molti azionisti in Germania ed è per questo che il governo tedesco ha deciso di non vendere ulteriori azioni”.