Politica

Il bonus alle famiglie non basta: servono misure strutturali

di Jakub Stanislaw Golebiewski

L’invocazione ai valori di “Dio, Patria e Famiglia” della premier Giorgia Meloni appare come un richiamo ideologico che non risponde alle complessità della società contemporanea, specie alla luce delle recenti politiche familiari che sembrano mancare di concretezza. L’Assegno di Inclusione, introdotto da questo Governo in sostituzione del Reddito di Cittadinanza, è uno degli esempi più evidenti. Sebbene concepito per dare sollievo alle famiglie, la misura si è rivelata troppo limitata e simbolica rispetto alle reali necessità economiche di molti nuclei. In un contesto di inflazione crescente e di difficoltà generalizzate per la classe media, l’intervento non basta a coprire nemmeno i bisogni basilari delle famiglie italiane. Molte di esse, anche con redditi di poco superiori alla soglia, si vedono escluse da questo sostegno pur affrontando sfide simili a quelle delle famiglie beneficiarie.

Il prossimo bonus – cosiddetto di Natale – da 100 euro per i genitori separati, sposati o conviventi, destinato a incentivare i consumi delle festività, rappresenta una misura che lascia perplessi. Si tratta di un’iniziativa che, al di là del suo impatto limitato, evidenzia una mancanza di visione strutturale. Un sostegno temporaneo, legato a una festività, non risolve i problemi cronici che molte famiglie affrontano, come la precarietà economica, l’accesso ai servizi o il sostegno alla genitorialità. Questa politica frammentaria non fa che evidenziare la distanza tra le esigenze reali delle famiglie e le soluzioni proposte dalle istituzioni.

Un esempio concreto delle difficoltà vissute dalle famiglie italiane si trova nella disparità di trattamento tra diverse tipologie familiari. Le famiglie monoparentali, quelle ricostituite o con figli nati da tecniche di fecondazione assistita, ad esempio, non sono adeguatamente tutelate. Le misure assistenziali sembrano essere pensate per il modello di famiglia tradizionale, lasciando indietro chi non rientra in quel quadro. Ciò crea una disuguaglianza profonda tra le famiglie, che si trovano spesso a lottare per i propri diritti e per la parità di accesso a benefici e servizi. In questo contesto, il richiamo della premier Meloni ai valori tradizionali di “Dio, Patria e Famiglia” rischia di suonare vuoto, senza allontanarci troppo da esponenti del Governo che della famiglia hanno fatto solo un’etichetta di facciata.

I valori ideologici da soli non risolvono le sfide quotidiane che le famiglie devono affrontare. È necessario un approccio più inclusivo e flessibile che tenga conto delle diverse realtà familiari e delle loro esigenze specifiche. Ciò include investimenti in servizi di assistenza all’infanzia, misure di conciliazione tra vita lavorativa e familiare e politiche abitative che garantiscano l’accesso ad alloggi dignitosi. La famiglia è il primo ambiente educativo per i bambini, e garantire loro un contesto sicuro e supportivo è fondamentale per il loro sviluppo. Inoltre, l’attenzione deve essere rivolta anche alla prevenzione della violenza di genere e alle sue conseguenze, soprattutto per i figli delle vittime. La violenza domestica ha effetti devastanti non solo sulle donne, ma anche sui bambini, che possono portare traumi duraturi e difficoltà relazionali. Investire nella protezione delle famiglie vulnerabili è un atto non solo di giustizia sociale, ma anche un passo essenziale per costruire una società più sana e coesa.

Non si può parlare di tutela della famiglia senza riconoscere la pluralità e la complessità che la caratterizzano oggi. Misure frammentarie come l’Assegno Unico o il Bonus Natale evidenziano una mancanza di visione politica a lungo termine. Per affrontare realmente le difficoltà delle famiglie italiane serve un cambiamento di paradigma: non basta un aiuto temporaneo, ma una strategia globale che comprenda politiche sociali, fiscali e lavorative capaci di rispondere alle nuove sfide della genitorialità e del vivere in comunità.