Società

La tecnoguerra sembra sempre accettabile: i civili sono danni collaterali, non persone

“Occhio per occhio tutto il mondo diventa cieco”, lo diceva Gandhi. Quando Hamas ha attaccato il rave party sapeva benissimo che Netanyahu si sarebbe sentito obbligato alla guerra. Il riconoscimento di Israele da parte degli Stati arabi andava bloccato. Uno dei suoi leader lo abbiamo sentito tutti dire ai Palestinesi “abbiamo bisogno del vostro sangue” e il governo israeliano ha provveduto generosamente, ammazzando almeno 4o.ooo palestinesi, tra cui almeno 8000 bambini. Terrorismo di Stato, tecnoterrorismo. Ha fatto così il più grande reclutamento di massa di futuri terroristi nel mondo islamico per le prossime dieci generazioni. Del resto i palestinesi sono sempre stati una pedina di altri conflitti.

Questa tragedia affiancata all’invasione della Ucraina fa parlare di atomica e terza guerra mondiale. Putin è un paranoico e sappiamo come l’autodistruzione sia un opzione in questa patologia . “Crepi Sansone con tutti i filistei” è sempre attuale.

Ricordo il carteggio tra Fred e Einstein: “Perché la guerra”. C’è davvero un delirio come quello hitleriano che porta all’autodistruzione, non lo possiamo più escludere, oggi che AI stabilisce quali case bombardare. Fromm in Anatomia della distruttività umana aveva chiaramente analizzato questi temi. La tecnoguerra sembra sempre accettabile: i civili sono danni collaterali, non persone.

Nello studio dello psicoterapeuta questa aria tossica che respiriamo si infiltra nei polmoni, come quando ci sembra di abituarsi all’inquinamento, ma poi moriamo di tumori come a Taranto, legati alla logica del potere economico che si è fatto inafferrabile e davvero globale, nel predominio della finanza sull’economia. La psiche assorbe, rabbia, angoscia e disperazione vi si depositano.

Non so se basterà l’istinto di sopravvivenza a cambiare rotta e l’assenza dei giovani dalla politica è preoccupante. Ma chi se ne frega di Sangiuliano, una macchietta. Credendo nei processi evolutivi a lungo termine, comincio però ad aspettare un cambiamento con sempre minor convinzione.