di Tito Borsa

Missouri, (civilissimi) Stati Uniti d’America. È prevista per stanotte, ora italiana, l’esecuzione di Marcellus Khaliifah Williams, condannato a morte nel 2001 da una giuria quasi esclusivamente di bianchi (mentre lui è un cittadino americano nero) per l’omicidio di Felicia Gayle Picus, una giornalista di una testata locale.

La sentenza di condanna è arrivata nonostante non ci fosse alcuna prova materiale del collegamento tra Williams e l’omicidio. Tre esperti indipendenti, in momenti diversi, hanno escluso che il Dna sull’arma del delitto fosse quello di Williams. Il nome del condannato è stato fatto a suo tempo da un informatore della polizia, ricompensato con 10mila dollari. “Fece un nome a caso, quello di Williams, che era in carcere per un altro reato”, ha scritto qualche giorno fa sul Corriere Riccardo Noury di Amnesty International, unica realtà italiana (insieme a Nessuno Tocchi Caino) a occuparsi della vicenda.

I familiari della vittima e la procura della città di Saint Louis chiedono l’intervento del governatore repubblicano del Missouri, Michael Parson, per evitare l’esecuzione. Secondo loro, “Williams è effettivamente innocente”. Sono proprio i procuratori a sostenere che l’uomo non sia stato sottoposto a un giusto processo.

Per due volte la sua esecuzione è stata rimandata all’ultimo minuto, nel 2015 e nel 2017. In tutti questi anni Marcellus Khaliifah Williams si è sempre proclamato innocente e ha dedicato la sua vita a servire come imam in carcere e a scrivere poesie.

La pena di morte è una barbarie ma qui siamo anche oltre: nel 2024 un uomo sta per essere giustiziato senza prove a suo carico, condannato in un processo che viene ritenuto ingiusto dagli stessi procuratori di Saint Louis. E tutto questo avviene nei “civilissimi” Stati Uniti d’America, che ci vengono sempre descritti come una grande democrazia da cui dovremmo prendere esempio.

Questa storia è vergognosa ed evidenzia la matrice razzista di questa condanna. Lunedì i legali di Williams hanno evidenziato come nel processo fosse stato escluso un giurato nero perché “somigliava troppo” all’imputato. In realtà la situazione è ancor più incredibile perché, spiega Riccardo Noury, dalla giuria “erano stati esclusi per motivi discriminatori sei candidati neri su sette”.

Ormai mancano poche ore all’esecuzione di Marcellus Khaliifah Williams, che da 23 anni aspetta in carcere l’ora della sua morte pur essendo stato condannato senza alcuna prova materiale. La democrazia sprofonda ancora una volta nell’oscurità.

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