L’urlo di Marco Tardelli non sarà mai un quadro appeso a un museo e non sarà mai quotato dai collezionisti d’arte: semplicemente perché quella corsa iconica, durata sette secondi, dopo il gol del 2-0 alla Germania nella finale mondiale del 1982 a Madrid, non ha prezzo. Si possono comprare l’emozione di un paese e i brividi provati quella sera dai trenta milioni di italiani che seguirono la partita di fronte alla televisione? Impossibile, anche nell’era degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale. Oggi Marco Tardelli, ex centrocampista di Pisa, Como, Juventus, Inter e San Gallo, 81 presenze e 6 reti con la nazionale, compie 70 anni. Festeggerà con la compagna, la giornalista Myrta Merlino, i figli Sara e Nicola, i nipoti. Riceverà centinaia di messaggi: dall’Italia, dalla Francia, dall’Inghilterra e dall’Irlanda, dove ha chiuso nel 2013 l’attività di allenatore come assistente di Giovanni Trapattoni, ct della nazionale.
Sette secondi per entrare nella memoria collettiva, sedici anni di attività per scrivere la storia di uno dei primi centrocampisti moderni del nostro calcio, se non il primo in assoluto. Tardelli è stato uomo a tutto campo: correva da un’area all’altra, box to box, e spesso infilava il pallone in rete, ben 67 gol in 567 presenze. Luciano Spinosi lo ribattezzò “Schizzo”. Enzo Bearzot lo soprannominò “Coyote”: faticava ad addormentarsi prima delle partite. Al ct del terzo titolo mondiale, Tardelli dedicherà un albero nella sua villa di Pantelleria. Lo ha raccontato al Corriere della Sera. “Un pezzo di terra, un orto, una fonte d’acqua… Erano i versi preferiti di Bearzot. Quando li recitava, io mi commuovevo. A Pantelleria ho piantato gli ulivi. Due hanno il nome dei miei genitori. Il prossimo lo chiamo Enzo”.
La parabola di Marco appartiene al calcio di altri tempi. Il papà lavorava all’ANAS. Il giovane Tardelli d’estate faceva il cameriere a Pisa e, qualche volta, al Ciocco, zona celebre in quel periodo per i ritiri estivi dei giocatori. “Servii a tavola anche Zoff, quando indossava la maglia del Napoli”. Nel 1985, Tardelli diventò compagno di squadra di Zoff: lo sarebbero stati fino al 1983, quando il grande Dino si ritirò. Il mestiere del papà, i sacrifici in famiglia, l’orgoglio e anche la necessità di lavorare d’estate per guadagnare qualcosa, il cuore rosso della Toscana: Marco è da sempre un uomo di sinistra. Non ha mai rinnegato la sua fede, cosa rara di questi tempi ed è uno dei campioni più amati da Walter Veltroni. L’Avvocato aveva un debole per lui. Il feeling con il Trap fu spontaneo. L’addio alla Juve fu però netto e con la dirigenza attuale, erede della dinastia Agnelli, i rapporti sono quasi inesistenti.
Marco ha giocato con i grandi (Platini su tutti) e ha sfidato i grandissimi (Maradona e Zico). E’ stato un grande anche lui: uno dei migliori mediani della nostra storia calcistica. I suoi 70 anni non sono però stati da mediano: il matrimonio con la reporter Stella Pende, l’8 in pagella ricevuto da Moana Pozzi, il lavoro da giornalista, il periodo trascorso a Londra in una casa con vista su Battersea Park dove andava a correre la mattina, la conduzione su Rai 3 del programma “L’avversario – L’altra faccia del campione”, la scrittura con la figlia Sara della sua autobiografia “Tutto o niente”, le passioni per la cucina, lo sport in generale e l’occhio sempre attento nei confronti della politica. Come tutti i toscani, è fumantino, ma sa riconoscere i propri errori, come un famoso fallo su Gianni Rivera in un Juve-Milan del 1978 dopo appena tre secondi: a caldo cercò di difendersi e negò la premeditazione, ma anni dopo ammise “ho fatto una sciocchezza”.
Marco Tardelli non è “solo” l’urlo durato sette secondi: con quel gol, al 69’, indirizzò definitivamente l’Italia verso la conquista del terzo titolo mondiale. Quel torneo e quel successo, con i festeggiamenti che portarono in piazza milioni di persone, misero la parola fine al decennio del terrorismo, delle bombe e delle stragi, compiute con la complicità dei servizi segreti deviati. La politica cavalcò l’onda: durante Spagna 1982, il governo Spadolini aumentò il prezzo della benzina. Un’inezia, se paragonata ai tormenti di un paese dove il 17 marzo 1981 era scoppiato lo scandalo P2. L’urlo di Tardelli chiuse quell’epoca. L’Italia avrebbe avuto altri problemi, altri misteri, altre mafie e altri morti, ma la sera dell’11 luglio 1982 fece pace con se stessa. Anche per questo, l’urlo di Marco è un pezzo della nostra storia.