Questo Consiglio comunale non s’ha da fare (o forse sì ma solo per Regio decreto). Potrebbe essere l’inizio di una nuova commedia, invece è quanto sta succedendo a Osimo, cittadina di 35mila abitanti in provincia di Ancona, nelle Marche, che nelle ultime elezioni di giugno, dopo 10 anni di guida Pd, è tornata nelle mani del centrodestra. E che ora, dopo soli pochi mesi, è ostaggio di una situazione di stallo alla messicana, paralizzata dall’incapacità del Consiglio comunale di raggiungere il numero legale a causa della spaccatura nella maggioranza. Una situazione che rischia di far tornare al voto il comune a pochi mesi dall’inizio della consiliatura.
Da una parte alcuni membri delle Liste Civiche, fedelissimi del politico di lungo corso e presidente del Consiglio regionale delle Marche Dino Latini (eletto in Regione in quota Udc), candidati durante l’ultima tornata elettorale proprio a sostegno del sindaco neoeletto, Francesco Pirani. Dall’altra lo stesso primo cittadino, restio a concedere troppo agli stessi “latiniani” e quindi ormai “ostaggio” delle picconate delle stesse Civiche. Una sfida aperta che ha fatto sì che per ben tre sedute di fila il Consiglio comunale non abbia raggiunto il numero legale, spingendo l’amministrazione a ricorrere perfino a un Regio decreto del 1915 per poter discutere della sostituzione dei consiglieri uscenti, tra dimissionari e surrogati perché nominati a guida di società partecipate.
Litigi, accuse, fuochi incrociati. Il caso è arrivato anche davanti al Prefetto che ha richiamato l’amministrazione per aver utilizzato un Regio decreto.
IN POLTRONA SENZA NUMERO LEGALE – A terremotare il governo della cittadina è una lotta tutta interna di fatto tra i consiglieri fedelissimi di Latini e il resto dei colleghi della maggioranza, in testa il sindaco, compresi quelli, più diligenti, che hanno appoggiato il sindaco Pirani solo al ballottaggio perché sostenitori dello sconfitto del primo turno, il candidato (anche lui civico di centrodestra), Sandro Antonelli. La discussione iniziata già ad agosto per le nomine nelle società partecipate, ha portato a una definitiva rottura con l’uscita dei consiglieri “latiniani” che hanno confermato solo l’appoggio esterno alla giunta. Tradotto: voteranno quando vorranno e se vorranno con la maggioranza, altrimenti faranno matematicamente andare sotto il numero legale i Consigli comunali. Una situazione che da subito ha reso evidente la mancanza dei numeri per il neoeletto sindaco: la seduta del Consiglio del 6 agosto scorso è stata interrotta per la mancanza del numero legale, poi ristabilito facendo rientrare di corsa i consiglieri della maggioranza usciti. Mentre in due successive convocazioni, il 22 agosto e l’11 settembre, il numero legale per avviare la seduta non è stato proprio raggiunto: si sono seduti solo 9 consiglieri di maggioranza, escludendo tre uscenti da sostituire (che comunque non avrebbero garantito il raggiungimento del numero legale di 13 su 25) e la minoranza che è rimasta fuori dall’emiciclo proprio per dimostrare al primo cittadino che non ha i numeri per governare. Numeri in bilico quindi che rischierebbero, in futuro, di far andare sotto la maggioranza in ogni Consiglio anche se si riuscisse ad avviare la seduta: Pirani può infatti contare solo su 12 voti certi (ma ne servono 13), oltre ai quattro dei consiglieri cosiddetti “latiniani” esterni con l’incognita oggi di un quinto, Francesco Sallustio, formalmente succeduto a un consigliere dimissionario sostenitore di Pirani (Massimialiano Cingolani), ma che, come riporta Osimo e Dintorni, non ha nascosto critiche all’amministrazione.
AVANTI…COL REGIO DECRETO – Per poter cercare di superare l’impasse, pur di sostituire i tre consiglieri di maggioranza, il dimissionario Cingolani e i due nominati nelle partecipate, Achille Ginnetti e Alberto Maria Alessandrini, Pirani è stato costretto a ricorrere a un escamotage: nella seduta del 13 settembre, anch’essa senza numero legale, ha utilizzato un Regio Decreto datato 1915 che consente di bypassare il numero legale (facendolo scendere ad appena quattro consiglieri) in caso di sedute considerate “di seconda convocazione” (non previste dallo statuto comunale ndr) perché con ordine del giorno invariato rispetto alla precedente. Proprio così nonostante le assenze, appena 9 consiglieri su 25 hanno potuto deliberare la surroga dei tre consiglieri uscenti. La seduta è stata poi sospesa e il resto dell’ordine del giorno, quello contenente in primis le linee programmatiche, è stato rinviato a un prossimo Consiglio comunale.
Un “trucco” politico che però non è piaciuto. Non solo ai consiglieri di opposizione, che fin dall’inizio, quando la mancanza dei numeri per governare è diventata evidente, hanno chiesto le dimissioni del primo cittadino, e che hanno annunciato il ricorso al Tar contro l’utilizzo del Regio Decreto, giudicandolo sia anacronistico dato che era stato emanato per sopperire alla mancanza di consiglieri comunali impegnati al fronte durante la Prima guerra mondiale, sia inopportuno dato che né il regolamento del Consiglio comunale, né lo Statuto comunale prevedono le sedute in seconda convocazione. Ma anche al Prefetto di Ancona, Saverio Ordine, che ha inviato, si legge sui quotidiani locali, una lettera all’amministrazione Pirani chiedendo di approfondire meglio la questione prima di riutilizzare il metodo in futuro.
Insomma “uomo avvisato mezzo salvato”, verrebbe da pensare. Pirani, comunque, si è detto fermo sui suoi passi, rivendicando la legittimità di quanto accaduto, almeno fino all’eventuale pronuncia del Tar, assicurando che l’escamotage non verrà riusato per una prossima seduta del Consiglio. Non resta che aspettare per vedere come andrà a finire.