“Dalle autorità del Cairo non sono mai arrivate aperture in merito a responsabilità egiziane sulla vicenda di Giulio Regeni“. A riferirlo in Aula è stata Elisabetta Belloni, attuale direttrice del Dis e all’epoca dei fatti capo di gabinetto e poi segretaria generale della Farnesina, nel corso del processo sul rapimento, le torture e l’omicidio di Giulio Regeni, per il quale sono imputati quattro 007 egiziani. Ovvero, Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato (mentre al solo Sharif sono contestati anche i reati di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato, ndr).
Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Roma, Belloni ha ricostruito i giorni in cui venne a conoscenza del rapimento del ricercatore friuliano, scomparso il 25 gennaio 2016, il cui corpo fu ritrovato il 3 febbraio con evidenti segni di tortura. “Ricordo che fui contattata telefonicamente dall’allora ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, il 26 gennaio del 2016″, ha spiegato rispondendo alle domande del procuratore capo, Francesco Lo Voi. E ancora: “Mi disse della sparizione di Giulio. Le segnalazioni di scomparse sono frequenti, ma l’ambasciatore era da subito preoccupato per la coincidenza della data e della scomparsa durante le manifestazioni a piazza Tahrir. Con l’ambasciatore ci furono molte telefonate e noi attivammo da subito il protocollo che riguarda anche l’unità di crisi”.
In merito al giallo sulle date relativo a quando venne a conoscenza del caso l’allora ex premier Matteo Renzi (già oggetto della testimonianza del leader di Italia Viva), Belloni ha ricostruito: “Io avevo avvertito Gentiloni il 26 gennaio 2016, il ministro degli Esteri agì immediatamente, il 31 ebbe una telefonata con il suo omologo egiziano. Il 28 gennaio l’ambasciatore Massari scrive un messaggio che aveva una pluralità di indirizzi. Io non posso sapere se qualcuno ha portato a conoscenza del presidente del Consiglio il messaggio, quindi quello che dico non contraddice quanto dichiarato da Renzi (che ha spiegato di aver saputo soltanto dal 31 e che prima le comunicazioni furono soltanto tra uffici, ndr). Quello che posso certamente dire è che io ho chiamato in quei giorni il consigliere diplomatico del presidente del Consiglio, l’ambasciatore Varricchio, non ricordo se il 26 o il 27 gennaio 2016. Fu uno scambio tra uffici, io non ho chiamato Renzi. Gentiloni chiamò Renzi, ma non ricordo se il 30, il 31 o l’1. Renzi dice di aver saputo il 31? Sarà il 31″.
Belloni ha continuato: “Gradualmente ci siamo resi conto della mancanza di collaborazione egiziana” e “il sospetto di un coinvolgimento degli apparati egiziani lo abbiamo avuto tutti. Le risposte dal Cairo? È sempre stata ‘non abbiamo notizie’. Allora cominciammo a pensare che non c’era alcuna volontà di collaborare, specie dopo il ritrovamento del corpo di Giulio sull’autostrada, che ci lasciò molto perplessi. A inizio di febbraio, il 4, ci fu un incontro bilaterale tra l’allora ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni e il suo omologo egiziano a Londra. Fu un colloquio molto teso”.
Belloni ha poi affermato che sulla vicenda di Regeni l’ambasciatore italiano a Londra “sollecitò anche il viceministro inglese e il rettore di Cambridge, ma all’epoca le autorità inglesi non ci risposero o fornirono risposte evasive”.
ll processo riprenderà ora il 10 ottobre prossimo, quando verranno ascoltati, sempre come teste, l’ex ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni e, in video conferenza, Maha Abdelrahman, la tutor dell’università di Cambridge che seguiva Regeni.
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