Crime

“Sapremo finalmente se fu davvero un incidente”: riesumato il corpo di Nadia Chiariello, possibile svolta in arrivo nel cold case

“Per noi non è un gioco ma un dolore grandissimo, c’è molta omertà nessuno ha voluto testimoniare, è tutto un bisbiglio”, dice oggi la sorella Barbara a FqMagazine

di Alessandra De Vita
“Sapremo finalmente se fu davvero un incidente”: riesumato il corpo di Nadia Chiariello, possibile svolta in arrivo nel cold case

Un altro cold case sommerso dall’inesorabile trascorrere del tempo, dopo 45 anni è riemerso dal passato insieme al corpo di Nadia Chiariello, riesumato pochi giorni fa, a tre anni dalla riapertura delle indagini. La ragazza di Nogarole sparì a soli 17 anni in un gelido inverno veneto ad Arso di Chiampo, nel vicentino, il 10 gennaio del ’79. Fu ritrovata pochi giorni dopo in un fosso, lungo la provinciale di Arso, non distante dalla conceria Italia, in cui lavorava. Il caso fu archiviato come incidente ma presto potrebbe esserci una svolta. Toccherà al professor Giovanni Cecchetto dell’Università di Padova analizzare le ossa della ragazza alla presenza dell’avvocato della famiglia Chiariello, Chiara Parolin.

L’incidente
La famiglia di Nadia non ha mai creduto al tragico investimento già all’epoca, ha sempre pensato – sulla base di alcuni importanti eventi – che la loro ragazza sia stata uccisa. Nadia scomparve la sera del 10 gennaio dopo aver finito il suo turno in conceria dove aveva iniziato da poco a lavorare. Il suo corpo fu ritrovato dopo nove giorni in un fosso ma “Nadia in quella buca non c’era” disse suo padre Renzo ai carabinieri già durante le prime indagini, come si legge da un articolo di Cronaca Vicentina del 15 febbraio 1981. L’uomo raccontò di aver ispezionato più volte e in momenti diversi quella stessa strada dove fu ritrovata ma di non aver trovato nulla. “Proprio perché mi era venuto in mente – scrive – che magari qualche camion l’aveva investita e scaraventata nel fosso, ho ispezionato con la torcia elettrica tutto il fosso dalla parte opposta della strada. Certo, ho guardato anche nel buco dove poi è stata trovata e posso giurare che non c’era”, disse all’epoca. Ma c’è di più, anche le prime ricerche dei carabinieri per ritrovare Nadia diedero esito negativo, come si legge da un verbale dell’Arma, datato 31 gennaio del 1979, quando il suo corpo era stato già ritrovato. Nadia aveva contusioni alle ginocchia e alle gambe ma anche al labbro superiore. Sul fondo della buca c’erano anche impronte di scarpe all’altezza del cadavere. Le punte erano rivolte alla strada ma “non è stato possibile rilevarle – si legge – perché quasi completamente richiuse dopo che erano state rilasciate sul terreno fango melmoso”.

La riapertura
La sorella di Nadia, Barbara, che all’epoca aveva appena dieci anni, è riuscita a far riaprire il caso dopo una denuncia, nel 2021 “affinché la Procura di Vicenza possa finalmente fare giustizia sulla sua morte”. In questo esposto Barbara ripercorre insieme ai carabinieri gli ultimi momenti di vita di Nadia che quel giorno uscì dalla conceria Italia alle 17,45. “Alle 18.05 – si legge da questo documento – un conoscente di mio padre passò davanti alla conceria in auto e vide mia sorella che sembrava stesse aspettando qualcuno”. Forse un amico del papà, tale Mario Bauce (ancora in vita), incaricato dal signor Chiariello di recuperare Nadia al lavoro nei giorni più rigidi. Ma quando Mario passò davanti alla conceria, Nadia non c’era più.

Le ricerche
Il padre andò in conceria poco dopo, ma alle 18,30 era già tutto spento, chiuso e le finestre serrate. Degli operai in zona gli dissero di averla vista “salire a bordo di una Mercedes verde in uso al titolare della conceria, Antonio Negro” si legge dal verbale. Il padre andò allora a casa di Negro, anche lui oggi ancora in vita, ma l’uomo non era in casa e sua moglie (ancora viva anche lei) disse che era fuori per lavoro. Quest’uomo né suo fratello Gino, anche lui titolare della conceria, “sono mai stati ascoltati dai carabinieri”, dice la sorella di Nadia. A ritrovarla quel giorno nell’inverno del ’79 fu un passante, tale Giuseppe Melotti che vide la faccia di Nadia sbucare dalla neve su quella stessa strada già più volte battuta dal papà e dagli inquirenti che avevano perlustrato l’intera zona senza trovare traccia della ragazza. Il caso fu archiviato come incidente stradale ma i punti oscuri su cui fare chiarezza sono tanti. I nuovi esami sulla salma non si esclude potranno aiutare a rintracciare nuovi elementi che potranno dirci come è morta Nadia Chiariello.

La riesumazione
Spiega l’avvocato della famiglia Chiarello, Chiara Parolin a FqMagazine: “L’autopsia sulla salma ci dirà se ci sono fratture agli arti inferiori. Se non ci sono è smontata l’ipotesi dell’investimento. Il medico legale che ha visto l’autopsia dell’epoca ha detto che erano escoriazioni e non fratture. Stiamo cercando di accedere anche alle radiografie dell’epoca, all’esame del capello e dei tessuti ossei”. Difatti sembra altrettanto importante la ricerca di residui chimici sui tessuti ossei ma perché? Prova a spiegarcelo l’avvocato Parolin: “Nadia è stata ritrovata dopo nove giorni, se non era in quella buca è importante capire dove fosse. Quando la zia fu chiamata per il riconoscimento del corpo, disse di aver sentito un forte odore tipico di quello che emanano quelle che qui chiamiamo “le botti della concia” in cui le pelli vengono messe a girare. Se è stata nove giorni in un fosso in pieno inverno (aveva iniziato anche a nevicare, ndr) non poteva avere ancora quell’odore addosso che non è neanche giustificabile con il suo lavoro perché Barbara lavorava in amministrazione e non dove si lavorava la pelle”. “Per noi non è un gioco ma un dolore grandissimo, c’è molta omertà nessuno ha voluto testimoniare, è tutto un bisbiglio”, dice oggi la sorella Barbara a FqMagazine.

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