Lavoro & Precari

“A Mirafiori appena altri 15 giorni di lavoro fino a fine anno”: la Fiom prevede 3 mesi disastrosi per gli operai dello stabilimento Stellantis

Il primo allarme era stato lanciato all’inizio di settembre: “Così non arriveremo a 20mila auto prodotte nel 2024″. Poi Stellantis ha comunicato un mese di chiusura, fino all’11 ottobre, a causa della mancanza di ordini. E ora la Fiom torinese ha un’altra previsione preoccupante per Mirafiori: “Senza una ripresa dei volumi, gli operai del reparto […]

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Il primo allarme era stato lanciato all’inizio di settembre: “Così non arriveremo a 20mila auto prodotte nel 2024″. Poi Stellantis ha comunicato un mese di chiusura, fino all’11 ottobre, a causa della mancanza di ordini. E ora la Fiom torinese ha un’altra previsione preoccupante per Mirafiori: “Senza una ripresa dei volumi, gli operai del reparto Carrozzerie rischiano di lavorare 15 giorni da qui alla fine dell’anno”, avvisa Gianni Mannori, responsabile dei metalmeccanici Cgil nell’impianto. Il non detto, implicito, è che quando il cuore della storica fabbrica riaprirà potrebbero arrivare nuove comunicazioni di serrata, andando avanti a stop and go sia a novembre che a dicembre.

Nei prossimi tre mesi la produzione della 500 elettrica, l’unico modello di largo consumo assegnato alle linee di Mirafiori, proseguirà a singhiozzo a causa di un mercato in crisi in tutta Europa con l’aggravante di una batteria dell’auto ‘torinese’ in attesa di un efficientamento. Alcuni segnali arrivano già dal reparto Presse, dove si producono scocche e particolari in lamiera, e dal mondo dei fornitori esterni, che hanno già ricevuto generiche indicazioni per le prossime settimane. Numeri che non sembrano tracciare una rotta positiva per la ripresa dello stabilimento, che a inizio settembre era fermo a 18.500 auto sfornate contro le 52mila dello stesso periodo 2023, un calo dell’83 per cento. “Siamo di fronte a una situazione produttiva devastata”, aveva commentato Edi Lazzi, segretario torinese della Fiom-Cgil, spiegando che senza una strambata si sarebbero raggiunte a malapena le ventimila vetture nell’anno solare.

Una predizione che, stando alle voci, rischia di essere perfino ottimistica. Nessuno infatti aveva immaginato un intero mese di stop, poi comunicato da Stellantis. Il rischio, insomma, è che da Mirafiori escano qualche centinaio di 500 elettriche dopo la chiusura forzata imposta dall’azienda. “Per comprendere cosa sta avvenendo, basti pensare che saremmo in grado di produrre 200 vetture a turno”, sottolinea Mannori. Nel frattempo l’azienda, vincolata a far lavorare almeno al 20% i 3mila lavoratori in contratto di solidarietà, sta cercando in ogni modo di impiegarli in altri reparti e fabbriche. Oltre ai “prestiti” agli stabilimenti francesi e polacchi, il sindacato segnala il dirottamento di operai nel reparto eDct, quello che produce cambi elettrificati a doppia frizione, nel nuovo hub dell’economia circolare e al test dei veicoli elettrici di Leapmotor, partner cinese di Stellantis che produce a Tychy, in Polonia.

L’anno rischia quindi di chiudersi con un decimo delle auto che servirebbero a Mirafiori per stare in equilibrio e dare basi solide al comparto automotive provando a raggiungere l’auspicato milione di vetture assemblate in Italia, traguardo promesso dal ministro delle Imprese del Made in Italy Adolfo Urso che al momento appare un miraggio. Anche perché gli ammortizzatori sociali continuano a interessare tutti gli altri siti italiani di Stellantis, compreso quello chietino di Atessa, dedicato ai veicoli commerciali, che con i suoi volumi aveva frenato l’emorragia del primo semestre. Da luglio è però iniziata l’inversione di marcia anche nella plant abruzzese con cassa integrazione a raffica e un dimezzamento della produzione.

La situazione sta travolgendo l’intera filiera dell’automotive e ha spinto Fiom, Uilm e Fim ad annunciare la mobilitazione unitaria. Oggi, alle 15.30, i metalmeccanici spiegheranno come e quando. Sott’accusa c’è non solo l’azienda, invitata a un “cambio di strategia” e alla “responsabilità sociale”, ma anche il governo, con la richiesta di un intervento diretto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ritenuto “indispensabile vista la gravità e la vastità di ciò che sta accadendo nel settore automotive” e il fallimento del tavolo voluto da Urso ormai più di un anno fa.

X: @andtundo