I fratelli assassini che hanno stregato gli spettatori di Netflix. The Menendez story è la nuova serie diretta da Ryan Murphy che sta facendo scalpore perché fa riemergere gli echi di un barbaro omicidio americano e di alcuni punti oscuri riemersi dopo trent’anni. I due fratelli Menendez provenienti da una delle famiglie più ricche di Beverly Hills uccisero nel 1989 i genitori. La sentenza li vide colpevoli per un movente economico, anche se nelle loro testimonianze parlarono di terribili abusi perpetrati su di loro bambini da parte del padre (“un crudele pedofilo maniaco del controllo”, lo definirono).
Secondo i giurati i due avevano ucciso mamma e papà con dei fucili da caccia, sparandogli ripetutamente fino ai colpi mortali esplosi contro i loro visi. Lyle ed Erik cominciarono subito ad avere una vita di spese lussuose e servizi di alto bordo (uno dei due assoldò un insegnante di tennis 24 ore su 24; l’altro si comprò un Rolex, una Porsche e un ristorante; entrambi viaggiarono per mezzo pianeta) tanto da insospettire gli investigatori che cominciarono a pedinarli chiudendo le precedenti piste investigative. Fu la confessione dell’omicidio al proprio psicologo da parte di Erik, e la successiva denuncia della moglie del medico alla polizia, che chiuse il caso e portò i due in tribunale dove vennero condannati all’ergastolo. La loro difesa puntò molto all’esasperazione dovuta alle molestie e violenze paterne che erano durate da quando erano nati alla maggiore età.
Nel 2018 Lyle ed Erik sono stati ricongiunti nello stesso penitenziario dopo 22 anni di pena. I due oggi hanno 56 e 53 anni e sono tornati al centro di un dibattito sociale, a tratti morboso, e senza esclusione di colpi, non tanto tra innocentisti e colpevolisti, quanto sul fatto che le violenze del padre abbiano portato alla loro esasperazione e quindi all’omicidio. “Tutti si chiedono perché abbiamo ucciso i nostri genitori”, si sente dire alla voce di Lyle in una di queste interviste inedite nella serie: “Forse ora le persone possono capire la verità”. Gli fa eco il fratello Erik: “Ciò che è accaduto quella notte è ben noto ma molto non è stato ancora detto. Non siamo stati noi a raccontare la storia della nostra vita. Due ragazzini non uccidono per soldi”.