di Pietro Francesco Maria De Sarlo
Quando si parla di federalismo fiscale e di autonomia differenziata si muovono di notte, di nascosto e con il favore delle tenebre come fanno i ladri e truffatori di professione. A iniziare fu Giancarlo Giorgetti che, presidente della Commissione Bicamerale per il Federalismo Fiscale della XVII legislatura, nella seduta del 30 aprile 2015 affermava: “Sicuramente avrete nel vostro sistema la capacità di produrre questo tipo di dati, per cui vi pongo la seguente domanda. Se applicassimo non il 20 per cento, ma il 100 per cento della perequazione e non stabilizzassimo al 45,8 per cento, quale sarebbe l’effetto di una perequazione piena del sistema che abbiamo così faticosamente costruito? I dati probabilmente sarebbero scioccanti, magari ce li fate avere in modo riservato o facciamo una seduta segreta, come avviene in Commissione antimafia”.
Già all’epoca l’ostacolo al federalismo fiscale era il recupero del divario della spesa pubblica tra nord e sud e la secretazione degli atti era possibile grazie a un sistema di complicità diffusa tra tutti i partiti per cui alle sedute della commissione, come testimoniato dai 185 verbali, i parlamentari del Sud erano costantemente assenti e a dibattere erano solo quelli del Nord.
Forti di questo precedente, nottetempo e sempre con il favore delle tenebre, l’allora presidente del consiglio Paolo Gentiloni, pochi giorni prima delle elezioni, il 28 febbraio 2018, firmava con le regioni Emilia Romagna Lombardia e Veneto un accordo preliminare per l’autonomia differenziata sottraendone i contenuti al Parlamento e al dibattito pubblico. Ancora un governo morente, quello di Draghi, produsse a firma Gelmini un ddl sulla autonomia differenziata.
La stessa linea di segretezza la sta seguendo l’attuale governo con la Commissione sui Livelli Essenziali delle Prestazioni con un acronimo CLEP, che è la radice dei ladri per DNA ossia i cleptomani, che prosegue indefessa secretando atti e documenti. Oggi questo comitato presieduto da Sabino Cassese, dovrebbe audire la Commissione tecnica sui fabbisogni standard (CTFS) presieduta dalla giurista Elena d’Orlando, che fu, ed è, nella delegazione trattante del Veneto. Nella stessa situazione della giurista si trova Andrea Giovanardi e a difendere gli interessi lombardi il segretario generale della giunta della Regione Lombardia Turturiello.
Stando a indiscrezioni di stampa questi tecnici stimano il costo dei LEP e la loro definizione in modo da perpetuare il costo storico, introdurre nella funzione pubblica le gabbie salariali e fare in sostanza in modo che se a tutti spetta una pera al nord questa sia una decana con tanto di ceralacca sul picciolo e al sud una peretta selvatica aspra e avvizzita.
Ancora una volta i deputati e senatori del Sud dormono. Per fortuna grazie al lavoro di pochi, come quello dei Comitati No Ad guidati da Marina Boscaino, e le tante piccole associazioni meridionali come la Carta di Venosa, e al lavoro di costituzionalisti del calibro di Massimo Villone e Anna Falcone, di economisti come Gianfranco Viesti e giornalisti come Marco Esposito qualche consapevolezza maggiore sulla posta in gioco si è diffusa tanto da spingere sindacati e partiti di sinistra come il PD, AVS e altri a schierarsi contro il ddl Calderoli rendendo consapevole una sempre maggiore fascia della pubblica opinione, al Sud e al Nord, sui contenuti secessionisti e antimeridionali della legge.
A favorire la consapevolezza i dati dei Conti Pubblici Territoriali, voluti da Ciampi, che mostrano l’evidenza delle tante menzogne sul Sud visto che in Lombardia la spesa pubblica annua pro capite è di circa 21 mila euro e in Campania di 14 mila. Però i dati sono fermi al 2021 e pare che l’attuale governo voglia oscurarli e chiudere l’agenzia che li produce. Se ci sono ancora onorevoli del Sud che mostrino la loro esistenza impedendo che si oscuri l’ultima traccia che consenta un dibattito informato trasparente e leale.